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I vestiti possono risentire di un’esposizione prolungata al sole: i raggi ultravioletti solari, infatti, hanno abbastanza energia per rompere i legami delle molecole responsabili del colore, i coloranti, in un processo chiamato fotodegradazione. L'effetto può essere accentuato da altri fattori come la temperatura e la presenza di ossigeno.
In pratica, i coloranti sottraggono alcune porzioni dello spettro visibile e rimandano indietro – ai nostri occhi – il resto, che spesso è il colore complementare di quello assorbito. Per esempio, se una molecola assorbe la luce blu, riflette il giallo, che è il colore che noi vediamo. Se assorbe il rosso, riflette il verde e il tessuto apparirà verde. Se la luce solare li "rompe", le tonalità dei vestiti perdono in brillantezza e piano piano diventano sempre più “anonime”. L’entità dello sbiadimento dipende dalla struttura chimica del colorante e dalla fibra di cui è composto il vestito: alcuni resistono meglio, altri cedono in fretta. L’industria tessile può in parte evitare questo fenomeno tramite additivi anti-UV, ma anche noi a casa possiamo adottare strategie per limitare il danno, come evitare di stendere i panni alla luce diretta del sole o usare lavaggi delicati.
I raggi UV del sole "rompono" le molecole di colorante e sbiadiscono i colori
I coloranti non sono eterni e immuni dall'azione della luce ultravioletta. La loro stabilità nei confronti della luce si misura con un parametro chiamato resistenza alla luce (light fastness). Quando un colorante ha una buona resistenza alla luce significa che mantiene la sua tonalità anche dopo l’esposizione prolungata al sole; quando invece ne ha bassa, il colore svanisce rapidamente. In genere, la resistenza alla luce dipende principalmente dalla struttura chimica del colorante, o meglio del cromoforo (la parte della molecola che dà colore), e dall’interazione con le fibre dei tessuti: più è stabile la struttura del cromoforo, più il colore delle nostre magliette resterà come appena comprate.
Altri coloranti invece, vulnerabili alla fotodegradazione: quando la luce solare colpisce il cromoforo, spezza letteralmente la molecola rompendone i legami. Se la struttura si frantuma e i legami cedono, il colorante si degrada e non svolge più la sua funzione “colorata”. Più l’esposizione è lunga, più molecole di colorante si sottraggono al colore finale, causando uno sbiadimento sempre più avanzato.

Non solo coloranti: il sole provoca la foto-ossidazione delle fibre
In realtà, il fenomeno della fotodegradazione colpisce anche le fibre stesse di tessuto: in particolare, le fibre naturali come cotone o lana subiscono vere e proprie fratture e danneggiamenti della superficie se esposte a lungo al sole. La luce UV eccita molecole non solo dei coloranti, ma anche delle fibre stesse, creando i radicali liberi, composti estremamente reattivi. Questi, insieme all’ossigeno presente nell’aria, innescano reazioni di foto-ossidazione delle fibre. Anche in questo caso si indebolisce la struttura chimica, ma stavolta sono le fibre che compongono il tessuto a risentirne. Il risultato è un duplice danno, non solo scolorimento, ma anche indebolimento vero e proprio del tessuto.
Come limitare lo sbiadimento
Se l’industria cerca di risolvere il problema selezionando coloranti più resistenti e aggiungendo additivi anti-UV (una sorta di “crema solare” per i tessuti), anche noi possiamo fare la nostra parte. Alcuni accorgimenti quotidiani sono semplici ma efficaci:
- evitare l’asciugatura diretta al sole: stendere i panni all’ombra o capovolgere i capi può ridurre l’esposizione dei coloranti ai raggi UV;
- lavaggi delicati e a basse temperature: detergenti aggressivi e calore indeboliscono ulteriormente i legami dei coloranti e delle fibre;
- rotazione dei vestiti: alternare i capi preferiti così da evitare che uno solo subisca l’effetto cumulativo del sole.
Seguire queste dritte non impedirà ai capi di scolorirsi nel tempo: niente è eterno, ma possiamo limitare il fenomeno con qualche semplice accortezza.