
Il fluoro, presente in molti dentifrici in concentrazioni di qualche centinaia di parti per milione, protegge lo smalto dei nostri denti rendendolo più resistente agli attacchi di composti acidi, preveniendo così la carie. Questi si formano, per esempio, quando batteri normalmente presenti nel cavo orale (come lo Streptococcus mutans) metabolizzano gli zuccheri che ingeriamo con la dieta trasformandoli in acidi che attaccano lo smalto dentale, il tessuto più duro del corpo umano, portando nel tempo alla formazione di carie. Ecco perché da bambini ci dicevano spesso "Non mangiare troppe caramelle, che ti vengono le carie!" Lo smalto è composto da idrossiapatite, un minerale che conferisce durezza ai denti, ma risulta vulnerabile agli ambienti acidi: quando il pH della bocca si abbassa, i cristalli di idrossiapatite si dissolvono, indebolendo la struttura dentale. Il fluoro nei dentifrici sostituisce gli ioni idrossido dell’idrossiapatite e forma fluorapatite, più resistente agli acidi. Chimicamente, il fluoro si presenta come ione fluoruro (F⁻), che nei dentifrici è combinato con un catione (uno ione con carica positiva): tra i composti fluorurati più efficaci c’è il fluoruro stannoso (SnF₂).
Cos'è l'idrossiapatite, la “guardiana” dei nostri denti
La parte esterna dei nostri denti (e anche delle ossa, in realtà) è costituita da un minerale chiamato idrossiapatite, formato principalmente di fosfato di calcio. Si tratta di una struttura cristallina gerarchica e compatta, che conferisce ai denti la loro straordinaria durezza e resistenza. La sua formula chimica è [Ca10 (PO4)6(OH)2] e la sua struttura è un reticolo cristallino costituito da calcio (Ca), fosfato (PO43-) e ioni idrossido (OH–).

Tuttavia, nonostante la sua elevata resistenza meccanica – indispensabile per resistere alla pressione della masticazione – l'idrossiapatite è vulnerabile agli acidi prodotti dai batteri della placca. Quando il pH del cavo orale si abbassa (ovvero aumenta l'acidità), i cristalli di idrossiapatite iniziano a dissolversi, avviando il processo di demineralizzazione che indebolisce la struttura del dente. Ecco che entrano in gioco i dentifrici a base di fluoro.
Il fluoro nei dentifrici serve a rendere lo smalto più resistente
Il fluoro è un elemento chimico che svolge un ruolo importante nella prevenzione della carie dentale. Da decenni è noto per questa sua efficacia, tanto che in molti Paesi può essere aggiunto all'acqua potabile, entro i limiti stabiliti dalla legge (per esempio, in Italia la concentrazione di fluoro nelle acque potabili non deve superare la concentrazione di 1,5 mg/L).
Non sorprende, quindi, che molti dentifrici in commercio contengano questo elemento chimico: il fluoro può sostituire gli ioni idrossido dell'idrossiapatite, andando a formare la fluorapatite, un minerale ancora più resistente e meno suscettibile agli attacchi acidi, contribuendo così a migliorare la salute dentale prevenendo al formazione delle carie.
Il fluoro fa parte del gruppo degli alogeni (settimo gruppo della tavola periodica) e tende ad acquisire un elettrone formando un anione, cioè uno atomo dotato di carica negativa, noto come ione fluoruro (F–). Questo ione non può essere inserito nella formulazione dei dentifrici come tale, ma necessita prima di essere combinato con un catione (ione con carica positiva) in modo da controbilanciare la carica e ottenere un composto neutro. I composti più utilizzati sono il fluoruro di sodio (NaF), il monofluorurofosfato di sodio (Na2PO3F) e il fluoruro stannoso (SnF2) Secondo un articolo pubblicato su Journal of Functional Biometarials, si è dimostrato che il fluoruro stannoso è tra i più efficaci tra tutti gli altri additivi al fluoro usati nei dentifrici: è in grado di ridurre la formazione della placca batterica e di contrastare la demineralizzazione dello smalto, prevenendo i possibili disturbi annessi, come la formazione di carie o la sensibilità dentale.
Come si formano i composti acidi: il ruolo di batteri e zuccheri
Il cavo orale ospita una vasta comunità di microrganismi che, insieme formano il cosiddetto microbioma orale. I nostri denti sono ricoperti da una pellicola invisibile di batteri, chiamata biofilm.

Tra i principali protagonisti di questo "strato microbico" troviamo lo Steptococcus Mutans, un batterio capace di metabolizzare i carboidrati fermentabili trasformandoli in acidi organici, come acido lattico, acido acetico o acido propionico. Ma cosa sono, esattamente, i carboidrati fermentabili? Si tratta di zuccheri come il saccarosio o il glucosio: più zuccheri introduciamo tramite la dieta (attraverso caramelle, dolci, bibite zuccherate), più residui questi zuccheri rimangono depositati sui nostri denti e possono essere trasformati in acidi da batteri come lo S. Mutans.
Questi acidi promuovono la demineralizzazione del dente, cioè quel processo attraverso cui lo smalto – lo strato esterno duro e resistente – perde progressivamente i minerali che lo compongono, come calcio e fosforo. Con il tempo, lo smalto può indebolirsi fino a formare una vera e propria cavità che, se non trattata, arriva fino alla dentina e poi alla polpa dentale, causando dolore e infezioni. È così che nasce una carie.