Siamo stati invitati a una festa, conosciamo solo poche persone, veniamo presentati e stringiamo la mano di qualcuno: la maggior parte delle volte ciò che sentiamo è una cosa tipo “piacere, io sono Hcbax#2dsa!”. Raramente riusciamo a mettere da parte l’emozione concentrandoci sul nome e, anche le rare volte in cui succede, pochi minuti dopo ce lo siamo già dimenticati. Questo succede perché viviamo un sovraccarico di informazioni, e non abbiamo molti altri indizi per collegare un nome proprio al volto di una persona.
Quando i nomi non ci entrano in testa: la spiegazione
Quando conosciamo nuove persone generalmente il contesto presenta molti stimoli nuovi oltre ai nuovi nomi da imparare: posto nuovo, contesto sociale da inquadrare, nuove voci e volti mai visti prima. Il nostro cervello si trova quindi davanti ad un bombardamento di informazioni che impegnano tantissimo la memoria di lavoro. Questo tipo di memoria ha, mediamente, tra i cinque e i sette “cassetti” dove può mantenere nuove informazioni “online”, prima che inizi il processo di memorizzazione vero e proprio.
Questo significa che, in un momento nel quale le informazioni si affollano nella nostra testa, quelle reputate dal nostro cervello meno importanti (ovvero meno utili alla sopravvivenza) vengono ignorate. Pensandoci bene, non è da molto tempo che Homo sapiens si è concesso il lusso di fidarsi di persone mai viste. In tempi antichi, i nostri progenitori vivevano in gruppi ristretti, e un volto sconosciuto significava tendenzialmente una minaccia.
Sull’altra faccia della medaglia, siamo ben consci che quando conosciamo qualcuno ci agitiamo per il motivo opposto, vogliosi come siamo di fare una buona impressione. Così come il nostro cervello monitora con attenzione le minacce, allo stesso modo ci spinge alla socializzazione (potente arma evolutiva di aumento della sopravvivenza) molto spesso esagerando, e attivando i circuiti stressori e ansiogeni. Si intuisce quindi che il nome di chi ci sta davanti diventa spesso l’ultima delle informazioni a cui il nostro cervello presta attenzione.
Un altro problema che abbiamo con il ricordo dei nomi è che questi ultimi non hanno dei reali referenti che possano aiutarci ad associarne un volto. Se quando usiamo un nome generico come “cane” abbiamo direttamente associate delle caratteristiche di cosa sia un cane e di come sia fatto, la stessa cosa non succede con “Riccardo” o “Emanuela”.
Come ricordare meglio i nomi con l’associazione visiva
Per ricordare un nome proprio pare che vada puntellato nella nostra memoria con due o tre chiodi ben saldi. In realtà, un primo trucco per cercare di ricordare i nomi al primo colpo è proprio inventando delle associazioni. Ad esempio, “Riccardo” contiene in sé la parola “ricca”, e allora se associamo il volto di Riccardo ad una cascata di monete che scende dal cielo, facendo di Riccardo una persona ricca nella nostra testa, recupereremo più facilmente la prima parte del nome, e di conseguenza la seconda. Questo tipo di associazioni sono molto efficaci perché creano dei referenti, ovvero collegano un nome a qualcosa che conosciamo già, ad una rete di memoria preesistente, e talvolta se ne possono creare di così buffe o singolari da rimanere facilmente impresse.
Le altre strategie per ricordare i nomi delle persone appena conosciute
La strategia di cui abbiamo appena parlato si chiama associazione visiva, ma ne esistono anche altre, più o meno efficaci a seconda della situazione. Una cosa molto semplice che possiamo fare è quella di ripetere il nome subito dopo averlo sentito, magari includendolo in una frase come “Piacere di conoscerti, Riccardo!”. La ripetizione crea un doppio ricordo, oltre ad una memoria sensoriale legata al suono della nostra voce che pronuncia il nome. Certo, se a presentarsi sono una miriade di persone tutte insieme, ripetere ogni singolo nome può apparire molto strano, e potrebbe non essere così efficace.
Un’altra cosa che possiamo fare è cercare di focalizzarci consapevolmente durante le presentazioni, evitando per quanto possibile le distrazioni. Scansare l’ansia e l’agitazione che la presentazione può incutere in noi non è certamente facile, ma provare e riprovare a focalizzarsi qualche attimo prima di affrontare nuove conoscenze può farci arrivare, nel lungo periodo, ad ottimi risultati. Un buon incentivo su cui possiamo concentrarci è tenere a mente quanto possa essere piacevole, per l’altra persona, scoprire che noi ci ricordiamo del loro nome. Infine, non vergogniamoci di chiedere di ripetere! Quante figuracce si sarebbero potute disinnescare chiedendo innocentemente “scusa, come hai detto che ti chiami?”.