Le città in Giappone sono organizzate in modo molto diverso rispetto a come si è abituati in Occidente e ciò può causare problemi di orientamento a chi non conosca bene l'area che attraversa. Mentre per gli europei e per gli americani è scontato dare dei nomi alle strade, in quanto i loro occhi sono allenati a vedere linee, in Giappone lo spazio è concepito in modo diverso e si tende a interpretarlo per riquadri. In questo modo la maggior parte delle vie e delle strade non ha nome. Vediamo questo cosa significa e cosa comporta.
La diversa concezione dello spazio in Occidente e in Giappone
Le città giapponesi sono caratterizzate da una particolare forma di organizzazione urbana che è molto differente dal sistema occidentale e deriva da un modo diverso di pensare lo spazio.
Le città europee si sono sviluppate in modo che il centro geografico coincidesse con il centro della vita del popolo, il luogo in cui risiede l’autorità e quindi centro di aggregazione. Partendo da un centro e semplificando un po', le città si sono spesso ampliate in modo da sviluppare due zone ben distinte per la vita che ci si svolge: il centro stesso e la periferia. All’interno di questo sistema ad ogni via è associato un nome. Lo spazio quindi è concepito in modo lineare, dando importanza alle vie (quindi alle linee) che uniscono gli edifici. Inoltre, gli edifici stessi all’interno delle vie sono numerati in modo lineare.
Questo sistema sembra ovvio e banale ai nostri occhi, ma non è così scontato: infatti tutto ciò non accade in Giappone. Le città giapponesi, anche per motivi culturali, non si sono sviluppate secondo un’idea di un centro inteso come punto di aggregazione, commercio e potere, da cui si sono ramificate varie strade. Per questo, le strade in Giappone non hanno mai avuto un nome: gli spazi che compongono la città sono innominati, come se la popolazione non avesse mai sentito la necessità di assegnare delle etichette fisse a terreni o edifici che invece sono mutevoli perché possono cambiare nel tempo.
Com’è organizzata la città giapponese
Fin dal ‘600, dall'epoca Edo (1603-1868), nel paese del Sol Levante si è sviluppata l'urbanistica a riquadri: questo sistema si basa su delle macroaree, che possiamo immaginare come dei grandi quartieri urbani, suddivisi al loro interno in isolati rettangolari (chiamati chō o machi).
L’isolato, quindi, è diventato ed è rimasto fino ai giorni nostri l’unità fondamentale della geografia urbana giapponese: infatti, al posto di nominare le vie, in Giappone, vengono numerati gli isolati. Le vie sono considerate semplicemente degli spazi tra gli isolati.
Per questa ragione, nel sistema di indirizzi, ciò che si indica non è né il nome della strada né il numero civico, ma il nome del quartiere (quindi il nome del machi), seguito da tre numeri: questi indicano rispettivamente a quale sezione del quartiere ci si riferisce (i machi, infatti, sono suddivisi in sotto quartieri che in giapponese sono chiamati chōme), il numero dell’isolato all’interno del chōme e il numero dell’edificio.
Mentre la numerazione dei chōme segue una logica “lineare” (le sezioni sono numerate in ordine crescente in base alla loro posizione), il modo in cui vengono numerati gli isolati e gli edifici segue piuttosto una logica temporale. Questi sono infatti numerati secondo un ordine pratico, seguendo la data di costruzione e non la posizione in cui sono ubicati. Questo accade perché il sistema di numerazione si lega alla storia della città e ne conserva l’evoluzione. Questo sistema di indirizzi si lega molto di più agli abitanti che ai turisti: infatti, ha una logica chiara per chi abita il luogo, mentre risulta poco intuitiva per chi viene da fuori.
Come ci si orienta nelle città giapponesi?
Questo complesso sistema di indirizzi rende complicato l’orientamento anche per i giapponesi: per questa ragione, in Giappone, è facile trovare delle piccole stazioni di polizia in cui si può entrare anche solo per chiedere indicazioni. Queste stazioni sono chiamate Kōban e al loro interno ci sono agenti che conoscono bene la zona e sono muniti di mappe e stradari.
Se si chiede un’indicazione stradale agli abitanti delle città giapponesi, probabilmente questi non cominceranno a fornirle nominando le vie da percorrere per giungere a destinazione come accade in Europa, ma è più facile che inizino disegnare. Cominciando a tracciare dei quadrati su pezzi di carta improvvisati, gli abitanti giapponesi ricreano la città fornendo le indicazioni richieste. In questo caso risulta ancora più evidente il loro modo diverso di concepire lo spazio.
Perché la concezione dello spazio è così diversa?
La differenza tra i due sistemi di concezione dello spazio, quello europeo e quello giapponese, è molto profonda ed è radicata nella diversità culturale delle due aree. È difficile quindi trovare una ragione unica. C’è, però, una teoria suggestiva che collega il pensiero spaziale al linguaggio e alla scrittura.
In Europa, infatti, si scrive in modo lineare da sinistra a destra, anche i quaderni sono a righe. In Giappone invece la scrittura si basa su dei caratteri che non devono essere scritti lungo linee rette, ma ogni carattere è quasi indipendente dagli altri. Questa teoria perciò suggerisce che gli europei, che imparano a scrivere in questo modo, sono abituati a vedere e pensare a delle linee, dando di conseguenza importanza alle vie (che nello spazio sono delle linee). I giapponesi, invece, che nello spazio danno più importanza alle aree (agli isolati), sono più concentrati sui singoli caratteri, quindi sui riquadri, non trovando importanti le linee che li collegano.