
L'espressione italiana "piantare in asso" è comunemente utilizzata per descrivere l'atto di abbandonare qualcuno improvvisamente e senza preavviso, lasciandolo in una situazione di difficoltà o incertezza. Le origini di questo modo di dire sono dibattute e potrebbero affondare le radici sia nella mitologia greca (con riferimento ad Arianna che fu abbandonata da Teseo a Nass0) che in interpretazioni legate al gioco delle carte.
La possibile origine mitologica dell’espressione “piantare in asso”
L’ipotesi più affascinante sull'origine dell'espressione "piantare in asso" si ricollega al mito di Arianna e Teseo, una delle storie più celebri della mitologia greca. Arianna, figlia del re di Creta Minosse, si innamorò di Teseo, principe ateniese venuto a Creta per uccidere il temibile Minotauro, una creatura metà uomo e metà toro intrappolata nel labirinto progettato dall'architetto Dedalo. Arianna, desiderosa di aiutare Teseo e fuggire dalla tirannia del padre, fornì al giovane un gomitolo di filo – il celebre “filo di Arianna” – che gli avrebbe permesso di ritrovare la via d’uscita dal labirinto dopo aver ucciso il mostro. Teseo mantenne la promessa: sconfisse il Minotauro e insieme ad Arianna fuggì da Creta.

Tuttavia, durante il viaggio di ritorno, i due si fermarono sull’isola di Nasso (oggi Naxos, nel Mar Egeo). Ed è qui che la leggenda assume una piega drammatica: secondo la versione più accreditata, Teseo, per ragioni mai del tutto chiarite, abbandonò Arianna mentre dormiva. Quando la giovane si svegliò, si trovò completamente sola, piantata "in Nasso". Il dolore e la disperazione la sopraffecero, ma il mito racconta che in seguito fu consolata dal dio Dioniso, che arrivò sull’isola e la prese in sposa, rendendola una divinità.
La connessione con l’espressione "piantare in asso" si basa sull’assonanza tra "Nasso" (l’isola) e "asso" (la carta da gioco). Con il tempo, la pronuncia popolare e la trasmissione orale potrebbero aver portato alla trasformazione dell’espressione da “piantare in Nasso” a “piantare in asso”. Sebbene il significato originario si riferisse all’abbandono sull’isola, la sua evoluzione ha rafforzato il senso di isolamento e solitudine.
L’interpretazione del modo di dire legata al gioco di carte
Un'altra spiegazione associa l'espressione "piantare in asso" al mondo dei giochi di carte o dei dadi. In molti giochi, l'asso rappresenta il valore più basso o una carta solitaria. "Piantare in asso" significherebbe quindi lasciare qualcuno "solo come un asso", ovvero abbandonato e senza supporto. Questa interpretazione è supportata da diversi dizionari etimologici della lingua italiana come quello di Manlio Cortelazzo e Paolo Rozzi, o di Ottirono Pianigiani, che collegano l'espressione al concetto di lasciare qualcuno con il punto più basso nel gioco, quindi in una posizione sfavorevole. L’espressione ricorre anche in altre lingue, fra cui il tedesco che riprende un concetto equivalente con im Stich lassen «lasciare in punto».

Evoluzione e usi dell'espressione "piantare in asso"
È possibile che entrambe le origini abbiano contribuito alla formazione e all'uso dell'espressione nel linguaggio comune. La trasformazione da "piantare in Nasso" a "piantare in asso" potrebbe essere avvenuta per assimilazione fonetica, dove la ‘n' di "in" si è unita alla vocale successiva, rendendo più semplice la pronuncia. Inoltre, l'associazione con l'asso come carta solitaria potrebbe aver rafforzato l'uso dell'espressione nel senso di abbandonare qualcuno improvvisamente.
Secondo quanto riportato dal DELI, la prima occorrenza documentata dell'espressione "lasciare in asso" risale alla commedia I Lucidi del fiorentino Agnolo Firenzuola, scritta nel 1543, dove si legge: "che lasciarono la povera Signora in asso senza rendergli niente". Sul versante del GDLI, invece, la versione "piantare in asso" appare per la prima volta nella novella La coda del diavolo di Giovanni Verga, inclusa nella raccolta Primavera e altri racconti del 1876.