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29 Settembre 2025
8:00

Quali sono i Paesi neutrali nel mondo e perché l’Italia non può permettersi di esserlo

I Paesi neutrali scelgono di non partecipare ai conflitti, ma la storia mostra i loro limiti: molti furono invasi o costretti a compromessi. La Svizzera resta il modello, pur avendo aderito alle sanzioni contro Mosca. L’Italia, per la sua posizione strategica, non può realisticamente essere neutrale.

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Quali sono i Paesi neutrali nel mondo e perché l’Italia non può permettersi di esserlo
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Squadra di fanteria dell’Esercito Svizzero. La Svizzera rappresenta il classico esempio di "paese neutrale". (Credit: TheBernFiles)

I Paesi neutrali sono quegli Stati che scelgono di non partecipare ai conflitti armati, né direttamente né indirettamente, evitando di fornire supporto militare o logistico a una delle parti in guerra e proteggendo il proprio territorio da intrusioni esterne. Nel corso della storia europea, molti tentarono questa strada, ma con scarsi risultati: Belgio, Paesi Bassi e Norvegia furono invasi durante le guerre mondiali, mentre Svizzera, Spagna, Portogallo e Svezia dovettero negoziare compromessi per mantenere una parvenza di sovranità. Oggi la Svizzera resta il modello più noto di neutralità, anche se il rispetto delle sanzioni occidentali verso la Russia ha messo in discussione l’assolutezza di questa posizione. L’Italia, invece, non può ambire a una simile neutralità: la sua posizione strategica nel Mediterraneo e l’interesse delle grandi potenze per il suo territorio rendono impossibile una politica di isolamento o di totale non allineamento, facendo della neutralità un’opzione irrealizzabile nella pratica.

Il concetto di neutralità e la sua storia

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Foto d’epoca ritraente i partecipanti alla Conferenza dell’Aia del 1907 che promulgò l’omonima Convenzione

Anche se già nel XIX secolo si discuteva se i Paesi piccoli potessero evitare i conflitti tra le grandi potenze europee, ancora oggi non esiste una definizione unica e riconosciuta di neutralità. Tuttavia, la maggior parte della comunità internazionale segue la definizione della Convenzione dell’Aia del 1907, e cioè che:

“Gli stati neutrali non possono partecipare alle guerre né direttamente né indirettamente. Essi non possono supportare né favorire militarmente le parti in conflitto, né rendere i loro territori accessibili ad esse, rifornirle di armamenti o crediti finnziari, oppure restringere l'esportazione di armamenti su base privata in direzione di un'unica parte in causa. Gli stati neutrali hanno inoltre l'obbligo di difendersi militarmente contro eventuali violazioni della loro neutralità”.

Quindi il concetto di neutralità, per avere un senso, deve essere necessariamente ricondotto alla storia politica e militare europea, perché prevede un non allineamento militare, cioè la scelta di un Paese di non aderire a nessuna alleanza a carattere militare. Tale concetto riscontrò una certa popolarità tra gli stati europei all'inizio del XX secolo, ma gli eventi della Prima e della Seconda Guerra Mondiale contribuirono a metterlo in crisi, pur non facendolo mai scomparire del tutto. Nel corso di quei due conflitti infatti, alcuni Paesi che si erano dichiarati preventivamente “neutrali” (Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Albania, Grecia) furono attaccati da una o più Grandi Potenze partecipanti al conflitto, mentre altri (Svizzera, Portogallo, Spagna, Svezia) hanno dovuto di volta in volta accettare dei dolorosi compromessi che, in un modo o nell'altro, ne hanno minato la piena sovranità.

Quali sono i Paesi neutrali oggi

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Josip Broz Tito, leader indiscusso della Yugoslavia dal 1945 al 1980 e fondatore del "Movimento dei Paesi Non–Allineati"

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i Paesi neutrali in Europa e nel mondo diminuirono, e il concetto di neutralità si trasformò in quello più flessibile di non allineamento. Questa idea fu proposta per la prima volta dalla Yugoslavia di Josip Broz Tito dopo la rottura del 1948 con l’URSS. In Europa restò limitata alla Yugoslavia, ma ottenne grande seguito tra i Paesi del Terzo Mondo durante la Decolonizzazione, dando origine al Movimento dei Paesi Non Allineati.

Al giorno d'oggi, l'unico Paese che continua a rispecchiare nel sentire collettivo l'ideale classico di neutralità in Europa e nel mondo intero è la Svizzera, la quale continua a rifiutare l'adesione a qualsivoglia alleanza militare. Tuttavia, dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia (24 febbraio 2022), anche la Confederazione Elvetica si è allineata al regime di sanzioni che l'Occidente ha approvato nei confronti di Mosca. Anche se questo tipo di supporto non è sfociato nel campo militare, è legittimo chiedersi se, schierandosi apertamente con le cancellerie occidentali, Berna non abbia de facto abiurato al principio di neutralità che da oltre due secoli anima lo spirito delle sue relazioni internazionali.

L'Italia può essere un Paese neutrale?

Da quando l'Italia è divenuta un moderno stato nazionale, non è mai accaduto che un qualsiasi governo abbia preso seriamente in considerazione la possibilità di dichiarare la neutralità della nostra penisola. Il problema in questo caso non sta tanto nel sentire collettivo quanto in una constatazione oggettiva della collocazione geopolitica dell'Italia. Come è stato osservato più volte in contesti diversi, perché un Paese possa veramente perseguire una politica di neutralità non basta che esso “si dichiari neutrale” ma è allo stesso tempo necessario che gli altri grandi attori della politica internazionale raggiungano il tacito accordo di “permettergli di essere neutrale” e quindi sostanzialmente di “lasciarlo in pace e non attentare alla sua sicurezza ed indipendenza”.

Il caso da manuale in questo senso è quello del Regno del Belgio, divenuto uno stato indipendente ed internazionalmente riconosciuto il 19 aprile 1839, dopo nove anni di guerra a bassa intensità con i Paesi Bassi, con il Trattato di Londra. In base alle clausole di quel trattato, le grandi potenze europee del periodo (Austria, Francia, Prussia, Russia e Regno Unito) si fecero collettivamente garanti non solamente dell'indipendenza del Belgio dai Paesi Bassi ma anche della sua neutralità nel campo delle relazioni internazionali ed integrità territoriale nei confronti di qualsiasi aggressione esterna. Questo equilibrio, che sembrava ideale sulla carta, crollò nel XX secolo, quando la Germania violò per ben due volte in venticinque anni l’indipendenza e la neutralità del Belgio. Il motivo era chiaro: la posizione del Belgio, vero e proprio corridoio strategico per attaccare la Francia, era troppo preziosa per essere ignorata.

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Theobald Theodor Friedrich Alfred von Bethmann Hollweg, cancelliere dell’Impero Tedesco tra il 1909 ed il 1917. La sua decisione di calpestare la neutralità del Belgio ordinandone l’invasione, nel 1914, assestò il primo colpo di piccone al concetto di "neutralità", prima assai popolare tra gli stati europei

Allo stesso modo, data la posizione strategica che la penisola italica occupa da sempre al centro del Mediterraneo, è facile capire il perché nel corso dei millenni essa abbia sempre (con l'unica eccezione dell'intermezzo rappresentato dal periodo di massimo splendore dell'Impero Romano) stimolato gli appetiti espansionistici di forze esterne dalle origini più disparate. Nel mondo di oggi, caratterizzato da una nuova corsa al vertice per ridisegnare gli equilibri internazionali è facile capire che nessuna Grande Potenza tra quelle che si stanno ora contendendo il primato vorrà mai permettere all'Italia di essere un Paese libero e neutrale.

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