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Il pesce occupa un posto di rilievo nella dieta mediterranea, considerata uno dei modelli alimentari più sani al mondo. Anche le principali istituzioni nazionali di salute raccomandano un consumo regolare di pesce per garantire un adeguato apporto di proteine, acidi grassi omega-3 e omega-6, vitamine e minerali indispensabili per la salute del cuore e delle ossa. Le linee guida del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA) consigliano di consumare pesce 2-3 volte alla settimana. Tuttavia, contaminanti come metilmercurio, diossine, PCB e microplastiche, possono accumularsi nei pesci e rappresentare un pericolo per la salute, soprattutto per quella di soggetti più a rischio come bambini o donne in gravidanza. L'EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) raccomanda il consumo di pesce grasso 1-2 volte a settimana, suggerendo di variare le specie: l'origine degli animali può incidere sul livello di contaminanti.
Le quantità consigliate: cosa dicono gli esperti
Le linee guida del CREA consigliano di mangiare pesce 2-3 volte alla settimana, in porzioni da 150 g, preferendo il pesce azzurro e limitando quello conservato. A ciò si aggiungono le indicazioni dell'EFSA che consiglia di consumare pesce grasso (come salmoni, aringhe e sgombri) 1-2 volte alla settimana, in porzioni da circa 130 grammi ciascuna. Questo perché nei pesci grassi è più probabile un accumulo di sostanze nocive (come il metilmercurio). Non è un caso che in Paesi come la Svezia o la Finlandia, dove c'è largo consumo di salmoni e aringhe provenienti dal Mar Baltico, una zona con livelli elevati di contaminanti ambientali, le autorità sanitarie raccomandino di limitare l’assunzione di queste specie, soprattutto per gruppi vulnerabili come donne in gravidanza, in allattamento e bambini piccoli.
Per ridurre i rischi associati a queste sostanze, l'EFSA suggerisce di variare il più possibile le fonti di pesce, alternando specie grasse e magre e preferendo prodotti provenienti da aree meno inquinate. Invece, non viene fatta molta distinzione tra pesci selvatici e da allevamento, ritenendo che non vi siano grandi differenze nei livelli nutrienti e contaminanti.

L'importanza del pesce e i suoi effetti sulla salute
Ricco di proteine ad alto valore biologico e di numerosi micronutrienti essenziali per l'organismo, la composizione del pesce lo rende un valido alleato per la salute cardiovascolare, contribuendo a mantenere sotto controllo i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue grazie ad acidi grassi come gli omega-3 e gli omega-6. Alcuni minerali, come il selenio e lo iodio, supportano invece il metabolismo e il funzionamento della tiroide. La vitamina D, particolarmente abbondante nei pesci grassi, è fondamentale per la salute delle ossa e del sistema immunitario. Insomma, questi animali sono un cocktail di nutrienti indispensabili per il benessere dell'organismo. Nonostante i potenziali rischi, il consumo regolare di pesce rimane essenziale per l’apporto di nutrienti. Pertanto, un consumo bilanciato, consapevole e con la giusta frequenza permette di apportare benefici significativi alla salute, riducendo al minimo l'esposizione a contaminanti ambientali, ma è importante scegliere le varietà più adatte e rispettare le quantità consigliate.
Mangiare pesce tutti i giorni fa male? I rischi
Uno dei principali problemi associati al consumo di pesce è la possibile contaminazione da sostanze nocive presenti nei mari e negli oceani. Tra queste, il mercurio è una delle più preoccupanti: questo elemento chimico si accumula nei tessuti dei pesci predatori di grossa taglia, come pesce spada o tonno, e può rappresentare un rischio per la salute umana, in particolare per donne in gravidanza e bambini, come sottolineato dall'EFSA. Un'esposizione eccessiva a questo metallo pesante può infatti compromettere lo sviluppo neurologico nei feti e nei bambini piccoli.
Se vogliamo essere più specifici, non parliamo di mercurio puro, ma più precisamente di metilmercurio, una forma organica del mercurio che si lega più facilmente ai tessuti biologici e tende ad accumularsi lungo la catena alimentare. Questa sostanza è particolarmente tossica perché attraversa con facilità le membrane cellulari, inclusa la barriera ematoencefalica, la struttura che separa la circolazione sanguigna dal tessuto cerebrale. È proprio per questo motivo che il metilmercurio può interferire con lo sviluppo neurologico: una volta giunto al cervello, può alterare la funzionalità delle cellule nervose.

Altri contaminanti di origine industriale, come le diossine e le PCB (policlorobifenili) possono accumularsi nei pesci e, se ingeriti in quantità elevate e per periodi prolungati, possono avere effetti negativi sulla salute: la IARC (International Agency for Research on Cancer) ha infatti inserito entrambe queste classi di molecole nella lista dei cancerogeni del gruppo 1, ciò significa che ci sono prove sufficienti che questi composti causino il cancro nell’essere umano. Anche le microplastiche rappresentano un problema crescente, sebbene il loro impatto diretto sulla salute umana sia ancora oggetto di studi.