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4 Novembre 2024
15:00

Ridurre le emissioni di metano negli allevamenti con mangimi arricchiti con alghe: l’idea della start-up

Le emissioni di metano da allevamento contribuiscono al riscaldamento globale, e potrebbero in futuro essere sempre più tassate e controllate: una startup sembra però aver trovato una soluzione per ridurle, aggiungendo piccole quantità di alghe nei mangimi per ruminanti.

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Ridurre le emissioni di metano negli allevamenti con mangimi arricchiti con alghe: l’idea della start-up
metano-mucche

Symbrosia, startup statunitense fondata nel 2018, sta sviluppando un modo innovativo per ridurre la produzione di metano (il principale gas serra responsabile del riscaldamento globale in corso dopo la CO2) dovuta agli allevamenti. La possibilità che la digestione delle mucche possa influire sul riscaldamento globale può sembrare assurda, ma il problema è reale: i ruminanti sono grandi produttori di metano attraverso la loro digestione. L'idea di Symbrosia per contrastare questo problema consiste nell'aggiungere piccole quantità di un'alga, Asparagopsis taxiformis, nei mangimi dei ruminanti: quest'alga infatti contiene notevoli quantità di bromoformio, una molecola che, secondo studi indipendenti, in vitro diminuirebbe anche del 90% la produzione di metano da parte dei batteri presenti nell'intestino dello zebù.

Disclaimer: i dati relativi ai mangimi sviluppati da Symbrosia ad oggi non sono pubblicati su riviste peer-reviewed.

Un'alga per inibire la produzione di metano

La start-up Symbrosia ha scelto la via degli additivi alimentari. Le proprietà dell'alga, già utilizzata nella cucina Hawaiana in alcuni poke, erano state evidenziate già nel 2014 da un team australiano di ricercatori del CSIRO (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation, AU) e della James Cook University.

Lo studio evidenziò in vitro (ossia in ambiente controllato, in laboratorio) l'efficacia dell'Asparagopsis taxiformis nell'inibire la produzione di metano da parte dei batteri contenuti nei liquidi intestinali prelevati in precedenza da esemplari di zebù, una sottospecie di bue diffusa in Asia. Successivi studi hanno cercato di individuare le sostanze responsabili di questa proprietà: la principale è risultata essere il Bromoformio, presente in alte concentrazioni nell'alga.

Bromoformio
Il bromoformio è un alometano, ossia una molecola di metano CH4 in cui alcuni idrogeni (3 in questo caso) sono stati sostituiti da un elemento alogeno (qui il bromo).

L'idea più interessante messa in campo da Symbrosia non è tanto usare quest'alga, le cui proprietà erano già note, quanto di coltivarla in acquacoltura sfruttando "tubi" di vetro disposti in file, per garantire una produzione rapida con un minimo consumo di spazio e acqua.

L'alga, essiccata e triturata, è attualmente utilizzata in studi su allevamenti di piccole e medie dimensioni: i risultati di queste collaborazioni riportano una riduzione della produzione di metano tra il 77 e il 69,2%, utilizzando mangimi sviluppati da Symbrosia che contenevano rispettivamente 1% e 0,20% di A. taxiformis.

Ci teniamo a specificare che i dati sono stati pubblicati dall'azienda in un proprio report, ma non ancora su riviste peer reviewed. Se confermati da studi indipendenti,  potranno dirci quanto saranno importanti gli effetti in situazioni reali, e auspicabilmente fare da "trampolino" per una diffusione sempre maggiore di questa promettente soluzione.

Le emissioni di metano da ruminanti sono un problema reale

Il metano (CH4) favorisce l'effetto serra in maniera molto più intensa dell'anidride carbonica, anche se fortunatamente si degrada in atmosfera: si stima che una tonnellata di CH4 abbia un "potere di riscaldamento" (Global Warming Potential, GWP) pari a 84-87 tonnellate di CO2 su 20 anni, e di 28-36 su un periodo di 100 anni.

Secondo le stime della FAO (Organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura), l'allevamento animale è colpevole del 32% delle emissioni di metano di origine antropica, a causa della "fermentazione enterica", ossia la produzione di metano da parte dei batteri presenti nel pre-intestino dei ruminanti.

Per questo motivo, sempre più istituzioni (nazionali o internazionali) puntano a ridurre la dipendenza dal comparto dell'allevamento, favorendo alternative vegetali o fonti di proteine diverse, generalmente non sfruttate in Occidente, come gli insetti.

Ovviamente, è impossibile pensare di abbandonare del tutto il consumo di latticini e carne: motivazioni culturali e tradizioni culinarie, unite alla preoccupazione per un comparto che occupa milioni di persone al mondo, spingono quindi la ricerca di soluzioni per limitare le emissioni dell'allevamento. Diverse sperimentazioni hanno già ottenuto risultati variando le percentuali di grassi o cereali nella dieta dei ruminanti e monitorando attentamente lo stato di salute degli animali.

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