
La colonizzazione europea del continente americano, cominciata nel Cinquecento, ha provocato la progressiva occupazione del cosiddetto Nuovo mondo da parte delle potenze europee: Spagna e Portogallo in primis e, in misura minore, Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e Russia. Questo processo ha prodotto conseguenze profonde sia in America sia in Europa. La conquista fu caratterizzata da estrema brutalità da parte dei cosiddetti conquistadores, come Cortés e Pizarro: la popolazione indigena si ridusse drasticamente (ci furono milioni di morti, in gran parte dovuti a malattie di origine europea) e quella sopravvissuta fu sottoposta a un duro sfruttamento. Inoltre, gli europei “importarono” in America schiavi neri dall'Africa, stravolgendo la composizione etnica della popolazione. Anche in America settentrionale la colonizzazione fu brutale, ma avvenne più tardi ed ebbe caratteristiche differenti.
L’arrivo degli europei e le civiltà precolombiane
Quando Colombo arrivò in America, nel continente risiedevano sia popolazioni mediamente avanzate, sia civiltà meno progredite dal punto di vista socio-economico. I popoli dalla società più complessa si trovavano in Mesoamerica (Aztechi e Maya) e sulla Cordigliera delle Ande (Inca). In America del Nord (contando solo gli attuali Stati Uniti e Canada, ma non il Messico) e in altri settori dell’America centro-meridionale (per esempio, le aree dove oggi si trovano Argentina e Brasile) vivevano invece popoli seminomadi e meno "strutturati".
Pochi anni dopo la “scoperta” dell’America, iniziò la conquista. Nel 1494 la Spagna e il Portogallo, principali potenze marinare del tempo, sottoscrissero il Trattato di Tordesillas, che stabilì la linea di confine tra le rispettive aree di conquista: al Portogallo toccò il Brasile, alla Spagna il resto dell’America centrale e meridionale.

I conquistadores e l’occupazione del territorio americano
La conquista avvenne pochi anni dopo la "scoperta". In molte zone, abitate da popolazioni seminomadi e poco "strutturate", gli europei si limitarono a insediarsi sul territorio, pur senza riuscire a conquistarlo completamente. In altri luoghi dovettero affrontare scontri armati con le popolazioni locali. Le conquiste più note sono quelle dell’impero azteco (Messico), sconfitto dalle truppe di Hernán Cortés tra il 1518 e il 1522, e dell’Impero Inca (Perù), occupato dai soldati di Francisco Pizarro pochi anni dopo.
I conquistadores, come erano chiamati coloro che conquistarono il territorio americano, erano molto meno numerosi delle popolazioni native, ma potevano giovarsi di una netta superiorità tecnologica: le armi da fuoco, le armature in metallo, l’uso bellico dei cavalli, elementi del tutto sconosciuti agli indigeni che, oltre a garantire enormi vantaggi militari, esercitavano un forte impatto psicologico.

I conquistadores, inoltre, poterono beneficiare anche di altri vantaggi. Anzitutto, le popolazioni americane erano divise da profonde rivalità. In Messico, per esempio, il dominio azteco erano inviso alle altre popolazioni mesoamericane, che sostennero la conquista di Cortés. Inoltre, i conquistadores furono abili nello sfruttare alcune credenze indigene. Poiché gli aztechi ritenevano che il loro dio, Quetzalcóatl, sarebbe tornato sulla Terra dal mare, Cortés fece credere loro di essere il suo rappresentante (in altre versioni, di essere la divinità stessa), agevolando così la conquista.
In tal modo, nella prima metà del Cinquecento Spagna e Portogallo occuparono vasti settori dell’America centrale e meridionale. L’America del Nord subì un destino parzialmente diverso. In parte fu occupata dagli spagnoli, che la consideravano un territorio periferico; in parte da altri popoli europei: inglesi, olandesi, francesi, che però giunsero solo nel ‘600 e in origine fondarono solo piccoli insediamenti costieri. L’Alaska, invece, fu occupata dai russi nel ‘700.

Lo sterminio dei nativi e lo sfruttamento coloniale delle Americhe
L’arrivo dei colonizzatori stravolse la vita delle popolazioni americane. Nel Nuovo mondo si stabilì solo un piccolo numero di europei, che però assunse una posizione di assoluto dominio. Spagnoli e portoghesi, in nome di una presunta superiorità, si sentirono autorizzati a sottomettere la popolazione locale. La brutalità non conosceva limiti: gli indigeni furono schiavizzati, costretti alla conversione al cristianesimo, sottoposti a ogni genere di angheria.
Gli europei, del resto, nei primi tempi dopo la conquista non avevano intenzione di sviluppare i territori americani, ma volevano solo accaparrarsene le ricchezze. L’obiettivo prioritario era appropriarsi dei metalli preziosi, oro e argento, presenti in alcune località. In seguito, i colonizzatori impiantarono grandi piantagioni per coltivare prodotti da esportare nel resto del mondo.
La conseguenza più grave dell’arrivo degli europei fu il drastico calo della popolazione indigena, che nel corso dei secoli passò – secondo le stime più attendibili – da circa 80 milioni a pochi milioni. Le cause principali non furono i massacri, ma lo sfruttamento al quale le popolazioni erano sottoposte e, soprattutto, le epidemie. Gli europei, infatti, portarono in America virus e batteri nuovi, contro i quali la popolazione nativa non aveva anticorpi; malattie come il vaiolo e il morbillo sterminarono perciò la popolazione locale.
A causa del calo demografico e della poca resistenza fisica degli indigeni, gli europei decisero di “importare” lavoratori dall’Africa. Diedero perciò inizio alla tratta degli schiavi, che durò fino all’Ottocento e popolò il continente di uomini e donne con la pelle nera.

La società coloniale, di conseguenza, era etnicamente eterogenea, comprendendo bianchi, neri e indigeni. In America centrale e meridionale gli europei si mescolarono con le altre etnie e crearono una società divisa in caste etniche. In America del Nord, invece, i colonizzatori non si mescolarono con gli indigeni, ma gradualmente li espulsero dal territorio, fino a confinarli in apposite riserve.
In Europa, tra le conseguenze della colonizzazione delle Americhe vi furono l’arrivo di nuovi prodotti agricoli e nuove specie animali, nonché gli sconvolgimenti economici provocati dall’arrivo di grandi quantità di metalli preziosi.