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Non solo gas tra Italia e Russia: cosa potrebbe perdere l’Italia a causa della guerra in Ucraina

L'interscambio commerciale tra Italia e Russia vale più di 20 miliardi di euro all'anno e rischia di venire seriamente compromesso dalla guerra in Ucraina. Vediamo i dati nel dettaglio.

7 Marzo 2022
18:30
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Non solo gas tra Italia e Russia: cosa potrebbe perdere l’Italia a causa della guerra in Ucraina
Import Export Italia Russia
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L’import/export di merci tra Italia e Russia vale più di 20 miliardi di € all’anno e uno dei terribili effetti della guerra in Ucraina potrebbe essere farli andare in fumo, con tutte le conseguenze del caso su aziende e posti di lavoro. Come evidenziano bene i dati pubblicati dal nostro Ministero degli Esteri, peraltro, il rapporto commerciale tra Italia e Russia è profondamente sbilanciato a favore di Mosca: nei primi 11 mesi del 2021 l’Italia ha esportato nell’ex Paese degli zar un quantitativo di merci del valore di 7 miliardi di €. Vi sembra molto? Beh, contate che contemporaneamente abbiamo però importato beni dalla Russia per 12 miliardi e mezzo di €, in particolare gas, petrolio e materie prime. Abbiamo cioè guadagnato 7 e speso 12,5. Le sanzioni economiche attivate contro Mosca a causa dell’invasione e le decisioni del Cremlino stanno infatti colpendo duramente svariati settori economici del nostro Paese. Nel video presente in questa pagina vi proponiamo una panoramica dell'interscambio commerciale tra Russia e Italia per capire come sta incidendo e come potrà incidere nel breve termine la guerra in Ucraina sulla nostra economia e sulla nostra società. Spoiler: non è solamente una questione di gas.

Che cosa importa l'Italia dalla Russia?

Gasdotto russo

Focalizziamoci sulla Russia e tocchiamo il primo nodo cruciale: l’importazione italiana di materie prime dall’ex Paese degli zar. L’Italia avrebbe grandi difficoltà a sostituire in tempi brevi il gas naturale russo se Putin decidesse o fosse obbligato a chiudere i rubinetti. D’altro canto il mix energetico italiano è chiaro: il 41,8% delle fonti che consumiamo per produrre energia è costituito da gas naturale e, di questo, la fetta maggiore, il 38,2%, viene dalla Russia.

Ma non è tutto: oltre al gas naturale, l’Italia produce energia a partire dal petrolio per il 34,4% e, di questo, quasi il 17% viene dalla Russia. Infine c’è una piccola (per fortuna) quota di carbone: nel mix energetico italiano costituisce il 4,4%. Ecco, quasi metà di quello che utilizziamo, però, cioè il 43%, viene dalla Russia. Insomma, per ogni combustibile fossile che importiamo e utilizziamo la Russia ci fornisce una quota consistente.

mix energetico italiano
Mix dei consumi energetici italiani: in rosso le quote di gas, petrolio e carbone importate dalla Russia e in verde la percentuale di fonti rinnovabili

Sommando le varie percentuali di fonti fossili importate dalla Russia, emerge che quasi un quarto dell’energia che utilizziamo, tra gas, petrolio e carbone, ha proprio origine russa. Siamo tra il 20 e il 25% circa. Sostituire questa quota in tempi brevi sarebbe veramente difficile. Ovviamente stiamo ipotizzando un blocco totale improvviso degli scambi tra il nostro Paese e la Russia (che speriamo non si verifichi), senza contare che esiste una grande varietà di scenari intermedi.

Dalla Russia, d’altro canto, non importiamo solo fonti di energia, ma, più in generale, materie prime e tante altre tipologie di merci, sebbene in misura minore. Anzitutto prodotti metallurgici, prodotti derivanti dalla lavorazione del petrolio, prodotti chimici, e prodotti in carta e legno. Ma anche prodotti alimentari e dell’agricoltura, in particolare grano – di cui la Russia è il primo produttore al mondo – e anche mais e soia, utilizzati prevalentemente come mangimi negli allevamenti.

Importazione grano russo

Che cosa esporta l'Italia in Russia?

E noi invece che cosa vendiamo in Russia? Pensate che sono 11.000 le imprese italiane in affari con Mosca e che l’ex Paese degli zar è il 14° mercato di esportazione del Made in Italy (1,5% del totale). Quindi non un mercato ai primissimi posti – e per fortuna, visto il momento – ma nemmeno così tanto secondario. Le esportazioni, in effetti, sono molto variegate e riguardano per prima cosa macchinari e apparecchiature meccaniche, la quota decisamente maggioritaria e che da sola vale intorno a 2 miliardi di € su 7 totali; segue l’abbigliamento, che raggiunge un volume di quasi 1 miliardo di € e comprende molti brand di alta moda, e poi abbiamo prodotti farmaceutici, chimici, apparecchiature elettriche e per uso domestico. E ancora, perché la lista è davvero lunga: articoli in pelle, mobili, arredi e oggetti di design, autoveicoli e prodotti agro-alimentari, in particolare i nostri cavalli di battaglia: vino e pasta. Insomma, l’elenco è lungo e continuerebbe ancora per molto. La cosa importante da capire è che gli effetti della crisi si fanno e si faranno sentire sul nostro comparto produttivo e sulla nostra economia in maniera diffusa.

Esportazioni italiane in Russia

Le Regioni più colpite in valore assoluto sono quelle del centro-nord: l’Emilia-Romagna, il Veneto, le Marche, il Piemonte, il Friuli-Venezia Giulia e la Lombardia. Tuttavia varie regioni del centro-sud hanno già segnalato di essere entrate in una nuova fase di grande difficoltà, dopo la crisi provocata dalla pandemia.

Gli investimenti tra Italia e Russia

Non sono solo le merci in sé ad essere comprate e vendute tra Russia e Italia. In una nota emessa recentemente da Confindustria emergono infatti altri dati rilevanti sui legami di investimento del nostro Paese con la Russia.

In Russia sono investiti 11,5 miliardi di € italiani e abbiamo realizzato 442 sedi sussidiarie delle nostre imprese che danno lavoro a quasi 35.000 persone e il cui fatturato è cresciuto del 7,5% negli ultimi sei anni. Si tratta di cifre importanti, ovviamente, ma per fortuna non è un’esposizione eccessiva per quanto riguarda l’Italia nel suo complesso, visto che stiamo parlando del 2,4% dei nostri investimenti nel mondo.

Investimenti in Russia

Di contro, le multinazionali russe in Italia sono solo lo 0,3% del totale di quelle straniere e gli investimenti russi nel Belpaese rappresentano solo lo 0,1% dei loro investimenti globali. Non si tratta di cifre enormi, insomma, ma dietro i numeri ci sono delle persone e dei settori già in sofferenza a causa del Covid.

Gli effetti dello stop al turismo russo in Italia

Il Covid peraltro aveva già messo a dura prova un altro settore importante nel rapporto tra Italia e Russia: il turismo. La presidentessa di Fiavet-Confcommercio ha recentemente segnalato che la guerra russo-ucraina provocherà ingenti perdite al nostro comparto turistico, il cui fatturato è già sceso dell’80% negli ultimi due anni a causa della pandemia. La speranza di albergatori e ristoratori era che il settore potesse riprendere a correre dopo le fasi più acute della pandemia, ma la crisi geopolitica in corso rischia di frenare la ripresa: pensate che nel 2019 i turisti russi in Italia erano stati un milione e mezzo e avevano speso nel nostro Paese circa un miliardo di euro. Una cifra che probabilmente non si ripeterà nei prossimi tempi.

Turismo russo in Italia

Insomma, l’invasione russa all’Ucraina, oltre a provocare distruzione, morti e milioni di potenziali profughi – tutti aspetti che sono in assoluto il volto più drammatico e inaccettabile della guerra – può anche seriamente danneggiare l’economia italiana sotto molteplici aspetti, con un effetto a catena sull’occupazione, sulla povertà e sulla salute della nostra popolazione. Speriamo perciò che il conflitto possa trovare una soluzione pacifica il prima possibile.

Classe ‘88, sono laureato in Scienze Geografiche e prima di Geopop ho lavorato per lo sviluppo di progetti socio-ambientali, scritto un romanzo di viaggio, insegnato Geografia, Storia e Lettere alle superiori e fatto divulgazione su YouTube e RaiGulp. Viaggiare e raccontare il mondo è la mia passione: geopolitica, luoghi, usi e costumi, storie… Da bambino adoravo Piero Angela e Indiana Jones.
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