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27 Maggio 2025
7:00

Al largo di Cuba sono state scoperte piramidi sommerse: le ipotesi e la possibile spiegazione

Era il 2001 quando al largo della costa occidentale di Cuba, sul fondale marino a 650 m di profondità, i ricercatori Paulina Zalitzki e Paul Weinzweig ritrovarono le rovine di una città sommersa risalente a oltre 6000 anni fa. La scoperta attirò l'attenzione della comunità scientifica internazionale. Lo sprofondamento di questa città potrebbe essere legato ai movimenti della crosta terrestre.

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Al largo di Cuba sono state scoperte piramidi sommerse: le ipotesi e la possibile spiegazione
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Al largo della costa occidentale di Cuba, sul fondale oceanico a 650 m di profondità, nel 2001 è stata fatta una scoperta straordinaria che ha catturato l'immaginazione di scienziati e appassionati e ancora oggi non è stata chiarita completamente. Grazie a un sonar sono state individuate le rovine di un'antica città sommersa: edifici, strade e addirittura strutture dalla forma di piramidi. Queste costruzioni, lunghe fino a 400 m e alte fino a 40 m, secondo le stime potrebbero avere oltre 6000 anni. È stato ipotizzato che si tratti delle testimonianze di un’antica civiltà scomparsa, antecedente i Maya.

All’epoca la notizia ha suscitato grande clamore, facendo riacquistare popolarità al mito di Atlantide, la città sommersa che negli scritti del filosofo greco Platone fu distrutta da terremoti e inondazioni. Secondo le ipotesi scientifiche, la città in origine potrebbe essersi trovata su un “ponte di terra” lungo 150 km che anticamente collegava la penisola messicana dello Yucatan con Cuba. Questo lembo potrebbe poi essere sprofondato per i movimenti della crosta terrestre in corrispondenza del fondale oceanico. Per spiegare il ritrovamento sarebbero state necessarie ulteriori esplorazioni, che non sono però mai state compiute.

La scoperta delle piramidi sommerse

Nel 2001 una coppia di esploratori canadesi, Paulina Zalitzki e Paul Weinzweig, stava svolgendo una missione per il governo al largo della costa occidentale di Cuba a bordo di una nave da ricerca. L’area esaminata si trovava al largo della penisola di Guanahacabibes nella provincia di Pinar del Rio. L’oggetto della missione erano giacimenti di petrolio e gas naturale e i relitti di navi ricche di tesori risalenti all’era coloniale spagnola che popolano le acque di quei mari. Durante la spedizione il sonar utilizzato dagli esploratori ha rivelato qualcosa di completamente inaspettato: sul fondale marino a circa 650 m di profondità spiccavano strutture di pietra dalla forma di piramidi, insieme a resti di edifici e strade.

Queste costruzioni, lunghe fino a 400 m e alte fino a 40 m, caratterizzate da evidenti simmetrie, facevano pensare alle rovine di un’antica città. Qualche mese più tardi, gli esploratori sono tornati sul posto con il geologo Manuel Iturralde, ricercatore del Museo di Storia Naturale di Cuba. In questa occasione è stato utilizzato un veicolo subacqueo telecomandato, per riprendere immagini delle strutture sommerse e raccogliere campioni di roccia. Lo strumento ha messo in evidenza i grandi blocchi squadrati degli edifici, costituiti presumibilmente da granito e spesso disposti uno sull’altro in modo ordinato.

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Le immagini originali ottenute dall’esplorazione con il sonar nel 2001. Credit: Alchetron

L’ipotesi di una civiltà perduta

L’aspetto delle strutture sommerse indicava che erano frutto dell’opera umana e, secondo Iturralde, niente giustificava che la loro natura fosse geologica. Sulla base delle informazioni raccolte con gli strumenti a disposizione, è stata fatta una stima della loro età: potevano avere migliaia di anni, oltre 6000. Ciò significava che erano antecedenti alle piramidi egizie e anche alla civiltà Maya che aveva abitato la penisola dello Yucatan. Poteva trattarsi quindi delle testimonianze di una civiltà scomparsa, come quella descritta dal mito locale, che parla di un’antica popolazione proveniente da oriente e scomparsa improvvisamente tra le acque. Uno dei dettagli che non tornano è la composizione dei blocchi delle rovine: a Cuba e nello Yucatan non si trova granito, presente invece nel Messico centrale e utilizzato dai Maya. Per questo era stata prevista una spedizione, mai realizzata, con un sommergibile dotato di equipaggio al fine di perforare i blocchi e analizzare i campioni.

Una possibile spiegazione del fenomeno

Un'altra importante questione è come una città costruita sulla terraferma abbia potuto raggiungere i 650 m di profondità sotto il livello del mare. Non si può ipotizzare che il responsabile sia stato l’innalzamento del livello del mare con il sopraggiungere di un clima più caldo dopo la fine dell’ultima glaciazione, 11.700 anni fa. Nel Quaternario, infatti, il livello del mare non ha mai subìto variazioni superiori ai 100 m. Scartata questa ipotesi, quindi, si è pensato che quelle rovine potessero trovarsi in origine su un “ponte di terra” lungo 150 km che anticamente collegava la penisola messicana dello Yucatan con Cuba. Questo lembo potrebbe essere sprofondato in seguito a uno spostamento improvviso della crosta terrestre lungo una faglia del fondale oceanico, fenomeno all’origine dei terremoti sottomarini e spesso degli tsunami.

Il fatto che alcune strutture si siano conservate molto bene, mantenendo una disposizione ordinata dei blocchi, sembra poco compatibile con questo tipo di evento. Tuttavia, sul fondale sono presenti anche molti blocchi distribuiti in modo disordinato, come se un fenomeno violento ne avesse alterato l’organizzazione. Per chiarire definitivamente l’origine della città sommersa sarebbero state necessarie nuove esplorazioni, che si sono invece inspiegabilmente interrotte. Dopo il clamore iniziale suscitato dalla notizia, i riflettori su questo ritrovamento si sono abbassati senza che la verità sia stata scoperta.

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Un ponte di terra in passato potrebbe aver collegato Cuba e lo Yucatan. Credit: Google Earth
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