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Anastasia Romanov era una delle figlie di Nicola II, ultimo zar di Russia spodestato nel 1917. Anastasia crebbe con tutti i privilegi garantitile dalla sua condizione, ma dopo la Rivoluzione Russa, come il resto della sua famiglia, fu posta agli arresti per ordine del governo provvisorio. Nel 1918 il governo bolscevico, che aveva rovesciato il governo provvisorio con la Rivoluzione d’ottobre e stava combattendo una guerra civile contro le armate controrivoluzionarie che volevano il ritorno dello zar, decise di giustiziare Nicola II e i suoi familiari. La condanna fu eseguita, ma poco tempo dopo si diffuse la leggenda che Anastasia fosse scampata all’esecuzione. Diverse donne, tra le quali la polacca Anna Anderson, hanno sostenuto di essere la figlia dello zar. L’ipotesi ha suscitato dibattiti fino agli anni ’90, quando la scienza, grazie all’esame del DNA, ha chiarito definitivamente che Anastasia fu fucilata insieme ai suoi familiari nel 1918.
Chi era Anastasia Romanov
Anastasia Nikolaevna Romanova era la quarta figlia dell’ultimo zar di Russia, Nicola II Romanov, e di sua moglie Alexandra Fedorovna. Anastasia nacque nel 1901 nel lussuosissimo palazzo di Peterhof, sul Golfo di Finlandia. I suoi genitori restarono delusi perché avrebbero voluto un figlio maschio (che sarebbe nato nel 1904, il principe Aleksei), poiché avevano già le figlie Olga, Tatiana e Marja. Anastasia crebbe nel lusso e negli agi, studiò in casa con precettori privati e, come le sorelle, portava il titolo di granduchessa.

Da piccola entrò in contatto con un sinistro personaggio, il mistico Grigorij Rasputin, che era molto legato alla zarina Alexandra. A Pietroburgo, capitale dell’impero zarista, si vociferava che Rasputin avesse una relazione con la zarina o con le sue figlie, inclusa Anastasia, ma le accuse non furono mai provate. Il regime zarista, come sappiamo, fu rovesciato dalla Rivoluzione di febbraio del 1917, in seguito alla quale il potere fu assunto da un governo provvisorio e lo zar e la sua famiglia furono posti agli arresti domiciliari nelle loro residenze. In ottobre, una nuova rivoluzione portò al potere i bolscevichi, guidati da Lenin, che continuarono a tenere la famiglia imperiale in stato di arresto. Nel 1918 la trasferirono, in due fasi, in un palazzo della città di Ekaterinburg, nella zona dei monti Urali. Anastasia, come gli altri membri della famiglia, cercò di sottrarre al governo dei gioielli, cucendoli nei vestiti.

Dopo la rivoluzione bolscevica, in Russia iniziò una guerra civile tra l’armata rossa, che difendeva il governo, e le armate bianche che volevano restaurare il potere dello zar. Nell’estate del 1918, per il timore che Nicola II e i suoi familiari potessero mettersi alla testa delle armate controrivoluzionarie, giunte ormai alle porte di Ekaterinburg, il governo bolscevico decise di metterli a morte. Nel complesso, furono uccise circa venti persone: Nicola I, la zarina Alexandra e i 5 figli furono fucilati nella notte del 16 luglio 1918 nella residenza dove alloggiavano. Esecutori materiali della condanna a morte furono alcuni agenti russi e alcuni soldati ungheresi (prigionieri di guerra unitisi all’armata rossa), comandati dal commissario Jakov Jurovsky, un ufficiale della Ceka, la polizia segreta bolscevica. Dopo l’esecuzione, Jurovsky e i suoi uomini portarono i cadaveri in un bosco vicino. Lungo la strada ne bruciarono due, quelli di Aleksei e di Marja. In seguito deposero in una cava gli altri corpi, compreso quello di Anastasia, e li bruciarono.

La leggenda della sopravvivenza
Negli anni ‘20 si diffuse la leggenda che Anastasia fosse sopravvissuta, perché era riuscita a farsi credere morta dai soldati che avevano effettuato la fucilazione. La leggenda fu supportata da una donna polacca malata di mente, Anna Anderson. Ricoverata nel febbraio del 1920 in un ospedale psichiatrico a Berlino in seguito a un tentativo di suicidio, durante la degenza dichiarò di essere Anastasia Romanov. Da allora sostenne sempre questa tesi, provocando discussioni tra chi riteneva vera la sua storia e chi la considerava una falsificazione. Nel 1968 si trasferì negli Stati Uniti con il nome di Alessia Romanov, ma nel 1983 fu nuovamente rinchiusa in manicomio e l’anno successivo morì, senza aver mai smentito di essere la figlia dell’ultimo zar.

Oltre ad Anna Anderson, anche altre donne, meno note, hanno sostenuto di essere Anastasia Romanov. Tra loro figura l’americana Eugenia Smith, nata a Chicago nel 1899, che scrisse persino una autobiografia, La granduchessa Anastasija Nikolaevna Romanova, per sostenere la sua tesi. Eugenia Smith, però, ha sempre rifiutato, però, di sottoporti al test del DNA.

Le risposte della scienza: Anastasia morì nel 1918
Oggi sappiamo con certezza Anastasia Romanov fu fucilata insieme alla sua famiglia a Ekaterinburg nel 1918. Nel 1991, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, in un bosco nei pressi di Ekaterinburg furono riesumati i resti dello zar, di sua moglie e di tre dei figli, tra i quali Anastasia. L’analisi del DNA mitocondriale confermò che i corpi erano quelli di Nicola II e dei suoi familiari. Inoltre, nell’agosto del 1994 fu confrontato il DNA di Anna Anderson, prelevato da un tessuto asportatole nel 1979, con quello della famiglia imperiale russa, e fu stabilito oltre ogni ragionevole dubbio che la donna non era una delle figlie dello zar. L’ultima prova è emersa nel 2007, quando furono riesumati i resti degli altri due figli di Nicola II, Marja e Aleksei, sepolti nel bosco presso Ekaterinburg, e fu possibile escludere definitivamente l’ipotesi che un membro della famiglia Romanov fosse scampato all’esecuzione.