;Resize,width=638;)
Il jazz è un genere musicale nato negli Stati Uniti all’inizio del Novecento grazie all’incontro delle tradizioni musicali afroamericane con la musica europea; in linea di massima, è caratterizzato da improvvisazione, uso di ritmi diversi, sincopi. Partito da New Orleans, il jazz si è affermato prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo, dando vita a numerosissimi sottogeneri: lo swing, il bebop, il free jazz, il fusion e molti altri. Oggi è considerato un genere musicale di nicchia e la sua popolarità è inferiore rispetto al passato, ma è ascoltato da milioni di appassionati in tutto il mondo.
Cosa è il jazz: le caratteristiche
Il jazz nasce nelle comunità afroamericane nel primo decennio del XX secolo, è un genere che sfugge a una definizione esatta, essendo eterogeneo e in continuo cambiamento; è diviso in sottogeneri molti diversi tra loro (circa una quarantina tra cui swing, latin jazz, bop, fusion e così via) ed è in continua evoluzione. In linea di massima, il jazz si basa su tre cardini che però non sono necessariamente presenti in tutti i brani:
- l’improvvisazione dei musicisti, che eseguono suoni e melodie non previsti dagli spartiti;
- la poliritmia, cioè dall’uso di ritmi diversi nei medesimi brani;
- l’uso della sincope, cioè uno spostamento dell'accento ritmico che altera il ritmo dell’esecuzione.
Il jazz può essere suonato da solisti o da band: gli strumenti più usati sono quelli a fiato, come il sassofono che spesso è considerato il simbolo del genere, oppure il clarinetto, la tromba o il trombone; sono spesso presenti percussioni, tastiera o pianoforte, contrabbasso, batteria. Altri strumenti utilizzati sono il vibrafono, l'organo Hammond e la chitarra acustica o elettrica. Talvolta, alla musica strumentale si associa la voce di un cantante.

Cosa significa la parola “jazz”
Il significato della parola jazz, che in origine si scriveva "jass", non è noto con certezza, esistono diverse presunte etimologie non accertate: l’interpretazione più diffusa vuole che derivi da un verbo francese, jaser, usato nello slang diffuso nel primo Novecento in Louisiana con il significato di «fare rumore». Secondo un’altra teoria, invece, jazz deriva dalla parola "jar", che vuol dire "vaso", perché in origine come strumenti per le percussioni venivano usati dei vasi rovesciati.
Le origini del jazz negli Stati Uniti di inizio Novecento
Gli schiavi neri, deportati in America dall’Africa, svilupparono una tradizione di canti che eseguivano durante il lavoro (i work songs) e durante la preghiera (gli spiritual). Da questi canti derivano molti generi musicali: il blues, il gospel e, appunto, il jazz. La schiavitù fu abolita nel 1865 dopo la guerra di secessione, ma i neri d’America continuarono a portare avanti le loro tradizioni musicali, che si mescolarono con i ritmi portati in America dagli immigrati europei. New Orleans, principale centro urbano della Louisiana, dovrebbe essere il luogo d'origine del jazz: proprio lì nel primo decennio del Novecento era attivo Charles “Buddy” Bolden, il trombettista che è considerato il padre del nuovo genere.

Dalla Louisiana, il jazz si diffuse in altre località degli Stati Uniti, compresi alcuni Stati del Nord, grazie alle migrazioni degli afroamericani che negli Stati meridionali erano sottoposti a pesanti discriminazioni durate fino agli anni ‘60. Alcuni musicisti si trasferirono nelle città settentrionali, tra le quali Chicago che, grazie alla presenza di artisti come Louis Armstrong, divenne una sorta di capitale del jazz. Il genere, però, si affermò anche in altri centri, come New York, e iniziò a essere suonato anche da musicisti bianchi, e negli anni ’20, nacquero orchestre jazz destinate a grande successo, come quella diretta da Duke Ellington.

Gli anni della Grande depressione e della Seconda guerra mondiale
Nel 1929 gli Stati Uniti furono colpiti dalla "Grande depressione", la gravissima crisi economica iniziata a Wall Street e diffusasi in tutta la società. Il jazz andò incontro a una trasformazione, in parte provocata dal fatto che molti musicisti, non riuscendo più a sbarcare il lunario con la loro musica, dovettero “inventare” nuovi ritmi per coinvolgere il pubblico. Si affermò lo stile swing (che significa “dondolare”), basato sull’alternanza di parti lente, in genere poste all’inizio dei brani, e parti più movimentate. Il jazz si diffuse in tutti gli Stati Uniti e, successivamente, anche in Europa, grazie alle tournée di molti musicisti americani. Dopo la Seconda guerra mondiale, il genere andò incontro ad un altro cambiamento: si affermò lo stile bebop (detto anche semplicemente bop), caratterizzato da ritmi velocissimi. I suoi principali promotori furono musicisti di grande fama, come il trombettista Dizzy Gillespie e il sassofonista Charlie Parker.

L’evoluzione del jazz dagli anni ’50 a oggi
Negli anni '50 alcuni musicisti, come il trombettista Miles Davis, proposero ritmi più lenti e rilassati; altri artisti crearono l’hard bop, cioè uno stile bepop che recuperava elementi della musica tradizionale afroamericana e del jazz delle origini. Negli anni '60 poi nacque il free jazz, che prevedeva un maggiore ricorso all’improvvisazione, e furono proposte nuove sperimentazioni, come il jazz samba, nato dalla collaborazione di jazzisti statunitensi con musicisti brasiliani del movimento della Bossa Nova. A questo punto il genere dovette affrontare l’affermazione del rock, che si rivelò una sfida ardua perché sottrasse ai jazzisti molti ascoltatori, in particolare tra i giovani. Una delle reazioni fu la nascita del genere fusion (noto anche come progressive jazz), che fondeva elementi rock e jazz; tra i primi musicisti a sperimentarlo, Frank Zappa.

Il jazz è sopravvissuto all’affermazione del rock, ma negli ultimi decenni ha iniziato ad essere considerato un genere musicale “colto”, per il cui ascolto occorre un’adeguata preparazione.