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Il vino ha origini antichissime e nel corso degli anni ha contribuito a forgiare l’identità di molti popoli. Oggi è bevuto in tutto il mondo ed è prodotto in numerosi Paesi, ma la sua “terra di elezione” è l’Europa mediterranea. Vediamo come si caratterizzano il consumo e la produzione di vino e qual è la sua storia.
Il consumo di vino nel mondo
Il consumo mondiale di vino si aggira intorno ai 220-240 milioni di ettolitri all’anno. Nel 2020, per esempio, ha raggiunto la cifra di 233,825 milioni di ettolitri. I primi cinque Paesi per consumo pro capite annuo sono i seguenti (dati 2021):
- Portogallo: 51,6 litri
- Francia: 47,3
- Italia: 46,8
- Svizzera: 35,7
- Austria: 29,9
Fuori dall’Europa, il vino è apprezzato soprattutto nei Paesi che hanno due caratteristiche: una parte della popolazione è di origine europea e le condizioni climatiche consentono la coltivazione della vite. Tra questi Paesi vi sono l’Australia, con 27,8 litri a testa nel 2021, e l’Argentina, con 27,6. Negli Stati Uniti il consumo è di circa 12 litri annui a testa, mentre è più basso in Cina, dove raggiunge solo 1,1 litri.
Vediamo meglio sulla mappa.
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Il consumo e la produzione di caffè nel mondo e la storia della bevanda
La produzione
Anche nella produzione l’Europa mediterranea fa la parte del leone. Nel 2021 i primi cinque Paesi produttori sono stati i seguenti:
- Italia: 50,2 milioni di ettolitri (19,3% della produzione mondiale)
- Francia: 37,6 (14,5 %)
- Spagna: 35,3 (13,6%)
- Stati Uniti: 24,1 (9,3%)
- Australia: 14,2 (5,5%)
Come si vede, i primi tre Paesi producono da soli più della metà del vino mondiale, il che è dovuto al fatto che la vite ha il suo principale habitat nel Mediterraneo, pur essendo coltivata anche in altre aree del mondo.

Le origini del vino
Quando è nato il vino? Le origini risalgono a circa 7.000 anni fa, quando la vite non era stata ancora domesticata e gli uomini potevano solo raccogliere l’uva delle piante selvatiche. Probabilmente, il vino fu “scoperto” in maniera causale, attraverso la fermentazione spontanea di uva depositata in magazzino.
Le prime tracce di produzione “intenzionale” di vino sono state ritrovate in Caucaso e risalgono a circa 6.000 anni fa. Nei secoli successivi l’uomo imparò a coltivare la vite e poté produrre il vino più facilmente. La bevanda si diffuse in una vasta area geografica, raggiungendo la Mesopotamia, l’Egitto, la Fenicia, la Palestina e la Grecia.

Per i popoli di questi territori il vino divenne una componente importante dell’alimentazione e un elemento della cultura, tanto che furono sviluppati numerosi miti sulle origini della viticoltura. Per esempio nella Bibbia, che menziona frequentemente il vino, si racconta che Noè piantò la prima vite subito dopo il diluvio universale. Del resto, per i popoli antichi lo stato di ebbrezza associato al vino aveva spesso valenza religiosa ed era considerato una sorta di estasi mistica.

Il vino in Grecia e a Roma
Lo sviluppo delle civiltà greca e romana favorì l’espansione della viticoltura in tutto il bacino del Mediterraneo. Intorno all’VIII secolo a.C. i Greci piantarono vigneti nelle numerose colonie da loro fondate nella Magna Grecia (Italia meridionale), in Sicilia e nella Francia del Sud. L’impero romano fece il resto, diffondendo la produzione in molti territori mediterranei e facendo aumentare i commerci su lunga distanza.
Il vino divenne anche un importante elemento identitario e culturale. Anzitutto, era alla base dei momenti di socialità, tanto che la parola greca simposio, con le quali si indicavano le riunioni conviviali, significa proprio “bere insieme”. Esisteva anche un’apposita divinità del vino, Dioniso (Bacco per i romani), che simboleggiava l’ebbrezza e l’irrazionalità.

Il vino, inoltre, serviva a distinguere i Greci e, soprattutto, i Romani dai barbari, cioè le popolazioni celtiche e germaniche dell’Europa settentrionale e orientale, che bevevano soprattutto birra. In Grecia e a Roma, però, in genere si beveva vino mescolato all’acqua o aromatizzato con le spezie, perché i sistemi di vinificazione dell’epoca non consentivano di produrre una bevanda consumabile allo stato puro.
Il cristianesimo e il Medioevo
L’avvento del cristianesimo provocò un’ulteriore espansione della viticoltura. Il vino era un importante elemento culturale della Palestina, il territorio nel quale nacque la nuova religione, ed entrò subito nella mitologia e nella liturgia del cristianesimo. Secondo i Vangeli, Gesù trasformò l’acqua in vino alle nozze di Cana e durante l’ultima cena invitò gli apostoli a berlo. Da queste narrazioni sono nati il rituale dell’eucarestia e il consumo di vino durante la messa (in origine da parte di tutti i fedeli, oggi solo del sacerdote). Il vino divenne così indispensabile per i riti religiosi e, di conseguenza, la progressiva espansione del cristianesimo contribuì a diffondere anche la viticoltura.

Nel Medioevo si cristallizzò la divisione, iniziata al tempo di Roma, tra la parte settentrionale e orientale dell'Europa, che prediligeva la birra, e quella meridionale, nella quale dominava il vino. Tuttavia, essendo necessario per la celebrazione della messa, il vino era esportato nell’intera Europa cristiana. Con il passare dei secoli, migliorò anche la qualità e divenne possibile bere vino allo stato puro.
Al contrario, in Medioriente e in Africa del Nord l’avvento dell’Islam nel VII secolo limitò fortemente la produzione, perché il Corano proibisce il consumo di bevande alcoliche.
Sviluppi in età moderna e contemporanea
Il vino resistette alla sfida delle nuove bevande, tè e caffè, che in Europa iniziarono a diffondersi nei secoli XVI-XVII, e fu esportato nei territori conquistati dagli europei, in primis l’America. Anche in questo caso, i primi vigneti furono piantati per le esigenze liturgiche e poi si ampliarono per il consumo “laico”.
Nell’età moderna, inoltre, furono introdotte varie innovazioni nella produzione. Nel ‘600 furono sperimentate tecniche per migliorare la conservazione e iniziarono a essere prodotti vini che aumentano di qualità con l’invecchiamento. Nello stesso periodo fu inventato lo spumante, attribuito a un monaco francese, Dom Pierre Pérignon (ma l’origine non è certa).
La rivoluzione industriale, naturalmente, ebbe conseguenze anche sul mercato del vino, rendendo più economici sia la produzione, sia il trasporto. Nella seconda metà dell’Ottocento, inoltre, le scoperte di Louis Pasteur sulla fermentazione consentirono di migliorare ulteriormente la qualità della bevanda.
Il vino era ormai diffuso in molti Paesi. Inoltre, nella sua “terra di elezione”, l’Europa meridionale, divenne un elemento essenziale dell’economia e delle consuetudini alimentari. Negli anni ’80 dell’Ottocento, tuttavia, la viticoltura dovette affrontare la sfida della filossera, un insetto che provocò un drastico calo della produzione e fu sconfitto innestando viti americane su quelle europee.

Vite e vino poterono così continuare la loro ascesa. La viticoltura, pur continuando a essere praticata soprattutto nell’Europa meridionale, si è diffusa in varie parti del mondo: Stati Uniti, alcuni Paesi latinoamericani, Australia, Sudafrica e, in misura minore, anche in Estremo oriente. La terra di elezione del vino, però, continua a essere la sponda europea del Mediterraneo.