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25 Maggio 2023
10:39

Buchi neri di massa intermedia: forse la NASA ne ha finalmente trovato uno

La scoperta di una "massa oscura" nell'ammasso stellare M4 potrebbe essere l'anello mancante nella crescita ed evoluzione dei buchi neri.

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Buchi neri di massa intermedia: forse la NASA ne ha finalmente trovato uno
buchi neri intermedi

Grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Hubble della NASA, gli scienziati potrebbero essere vicini a trovare un candidato per una terza categoria sfuggente di buchi neri, quelli "di massa intermedia". Fino ad ora infatti era confermata solo l'esistenza di buchi neri di origine stellare e di buchi neri supermasicci.

La scoperta di una "massa oscura" in M4

Utilizzando le osservazioni del telescopio spaziale Hubble della NASA e i dati raccolti dal satellite Gaia dell'ESA (l'ente spaziale europeo), un gruppo di ricercatori e ricercatrici ha pubblicato sulla prestigiosa rivista astronomica britannica Monthly Notices of the Royal Astronomical Society uno studio in cui sostengono di aver identificato, all'interno dell'ammasso globulare M4, un'enorme "massa oscura", non visibile, con una massa pari a 800 volte quella del Sole, che potrebbe essere un buco nero di massa intermedia.

M4 (ossia il quarto elemento del Catalogo di Messier, una lista di oggetti celesti pubblicata nel 1774 dall'astronomo francese Charles Messier) è un ammasso globulare: un vasto raggruppamento di stelle particolarmente antiche, di forma grossomodo sferica, che orbita intorno ad una galassia. In particolare, M4 orbita intorno alla nostra galassia, la Via Lattea, a circa 6,000 anni-luce in direzione della costellazione dello Scorpione.

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Ammasso globulare M4 osservato dal telescopio spaziale Hubble. Crediti: NASA, STScI.

Cosa sono i buchi neri di massa intermedia

I buchi neri sono oggetti astronomici estremamente compatti con una caratteristica in comune: il campo gravitazionale intorno a loro è così intenso da deformare lo spaziotempo fino a formare una zona di spazio da cui nulla, neppure la luce, riesce ad uscire. Questo rende ovviamente estremamente difficile riuscire a individuarli, in quanto non emettendo luce non possiamo mai osservarli direttamente: possiamo però dedurre la loro presenza dal comportamento della materia intorno a loro, ad esempio grazie alle radiazioni elettromagnetiche emesse dalla materia in procinto di cadere al loro intorno (come nel caso delle famose "foto" dei buchi neri pubblicate negli ultimi anni), o dalla traiettoria delle stelle che transitano nelle loro vicinanze.

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Diagramma del potenziale gravitazionale bidimensionale intorno ad un corpo.
Immagine di Allen McCristal, CC BY–SA 3.0,, via Wikimedia Commons.

Finora, praticamente tutti i buchi neri identificati appartengono a due gruppi distinti: i "buchi neri di origine stellare", creati dal collasso gravitazionale di una stella di grandi dimensioni alla fine della sua vita, e i "buchi neri supermassicci", che si trovano al centro delle galassie e la cui origine non è ancora del tutto chiara. I primi hanno in generale una massa inferiore a 100 volte la massa del Sole; gli altri hanno invece una massa estremamente più elevate, a partire da 100.000 fino a svariati miliardi di volte la massa del Sole. Al contrario, non sono stati mai individuati con sicurezza buchi neri con una massa compresa tra 100 e 100.000 masse solari, lasciando aperte ancora molte domande: dove sono? come si formano? e perché sono così rari?

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Illustrazione di un buco nero di fronte ad un ammasso globulare. Crediti: NASA, Greg T. Bacon (STScI)

Lo studio della distribuzione di massa in M4

Nel corso degli anni, gli astronomi hanno identificato alcuni possibili candidati per essere riconosciuti come buchi neri di massa intermedia: alcuni sono stati individuati usando le osservazioni del telescopio spaziale Hubble, altri analizzando i dati di altri strumenti, come il satellite per osservazioni a raggi-X Chandra, sempre della NASA, ma finora non è stato possibile ottenere risposte definitive.

Il gruppo di Eduardo Vitral, primo autore dell’articolo e ricercatore presso lo Space Telescope Science Institute in collaborazione con la NASA, che ha comunicato per prima la notizia, ha utilizzato una serie di osservazioni del centro dell'ammasso globulare M4 eseguite dal telescopio spaziale Hubble durante un periodo di 12 anni, misurando il movimento delle stelle al suo interno con grande precisione, per calcolare se queste venivano influenzate dalla gravità di qualche oggetto non visibile all'interno dell'ammasso. I risultati dello studio non solo confermano, come per altri casi, la presenza di una massa oscura (pari in questo caso a 800 masse solari) al centro dell'ammasso, ma le dimensioni di questa massa non sembrano compatibili con nessun altra spiegazioni per una tale concentrazione di massa se non quella di un buco nero di massa intermedia.

"Sappiamo con buona sicurezza di aver trovato una massa molto concentrata all'interno di una regione molto piccola: è circa tre volte più piccola della massa oscura più densa mai trovata in altri ammassi globulari," ha commentato Vitral. "La regione è più compatta di quanto le nostre simulazioni numeriche possano riprodurre quando consideriamo gruppi di buchi neri, stelle di neutroni, e nane bianche confinate al centro dell'ammasso." Un gruppo compatto di oggetti più piccoli sarebbe infatti altamente instabile per lunghi periodi di tempo paragonabili all'età dell'ammasso globulare, finendo per smembrarsi come pezzi di una girandola oppure per fondersi insieme in un unico oggetto.

Quali sono gli sviluppi futuri?

Tuttavia, considerata la natura sfuggente di questi buchi neri di massa intermedia,  lo stesso Vitral invita alla cautela. "Anche se non possiamo affermare con sicurezza che si tratta di un oggetto singolo, possiamo dimostrare che [in termini astronomici] è molto piccolo: troppo piccolo per avere qualunque altra spiegazione che non sia un singolo buco nero. L'alternativa è che ci troviamo di fronte ad un meccanismo stellare che semplicemente non conosciamo, almeno nell'ambito della fisica contemporanea."

Successive osservazioni e ulteriori studi sono ovviamente necessari per ottenere conferme sempre più precise, ma forse ci troviamo davvero di fronte ad un oggetto che potrebbe rappresentare l'anello mancante tra i buchi neri di origine stellare, che conosciamo sufficientemente bene, e gli enormi buchi neri supermassicci che troviamo al centro delle galassie, e costituire quindi un nuovo tassello per capire come questi siano arrivati alle dimensioni gargantuesche che osserviamo oggi.

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