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13 Aprile 2024
7:00

I buchi neri sono davvero neri? Forse no: cos’è la radiazione di Hawking che li fa “evaporare”

Secondo una teoria di Stephen Hawking, i buchi neri “evaporerebbero” lentissimamente emettendo un flusso di particelle chiamato “radiazione di Hawking”. Questo fenomeno sarebbe dovuto al comportamento quantistico del vuoto in condizioni estreme di gravità.

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I buchi neri sono davvero neri? Forse no: cos’è la radiazione di Hawking che li fa “evaporare”
buchi neri radiazione hawking

I buchi neri sono oggetti astrofisici previsti dalla relatività generale di Albert Einstein con una gravità così elevata da piegare lo spaziotempo al punto da non permettere nemmeno alla luce di uscire dal loro interno. È proprio il fatto che nulla può uscire dai buchi neri a rendere estremamente complicato osservarli direttamente, cosa che gli astronomi sono riusciti a fare soltanto negli ultimi anni. Tuttavia, forse non è vero che i buchi neri sono completamente oscuri: una teoria del fisico inglese Stephen Hawking, non dimostrata sperimentalmente ma tendenzialmente accettata dalla comunità scientifica, sostiene che i buchi neri possono emettere una flebile radiazione, chiamata in suo onore radiazione di Hawking, capace di renderli – almeno teoricamente – un po' luminosi. Questa radiazione farebbe perdere molto lentamente massa ai buchi neri, in un fenomeno noto come evaporazione che porterebbe in tempi lunghissimi alla “morte” dei buchi neri stessi. Sfortunatamente, forse però non riusciremo mai a osservare questo curioso fenomeno fisico.

Cos'è la radiazione di Hawking che fa “evaporare” i buchi neri

Per capire cos'è la radiazione di Hawking e come provochi l'evaporazione dei buchi neri, dobbiamo innanzitutto fare una precisazione. Nella fisica quantistica (che governa il mondo dell'infinitamente piccolo) il vuoto non è vuoto come lo intendiamo noi, ma è fatto di un continuo “ribollire” di particelle virtuali – cioè  che non possono essere osservate direttamente –, per esempio coppie di particelle che “compaiono dal nulla” e scompaiono un istante dopo, tipicamente a coppie (una con energia positiva e una con energia negativa, in modo che l'energia totale sia sempre zero). Questo accade perché il vuoto inteso in senso quantistico ha una certa energia, e questa può essere casualmente convertita in massa per tempi brevissimi.

Ora, cosa succede a queste particelle virtuali nei pressi di un buco nero, dove lo spaziotempo è significativamente deformato dall'immensa gravità di questo oggetto? A descriverlo per la prima volta fu il fisico inglese Stephen Hawking in un suo studio del 1975. In questo articolo Hawking stesso diede una spiegazione divulgativa del fenomeno della radiazione (e quindi dell’evaporazione) dei buchi neri.

Immaginiamo due particelle virtuali create dal vuoto quantistico nei pressi del confine che delimita il buco nero, una con energia positiva e una con energia negativa. Potrebbe accadere che quella con energia positiva riesca a sfuggire all'attrazione, mentre quella con energia negativa finisca nel buco nero. Ma quest’ultima ha energia negativa, quindi di fatto entrando nel buco nero riduce la sua energia, ovvero ne fa diminuire la massa. Quella con energia positiva ci apparirà come emissione di radiazione del buco nero, che è appunto la radiazione di Hawking.

Questa continua perdita di energia da parte dei buchi neri dovuta al meccanismo ipotizzato da Hawking è quella che viene chiamata evaporazione dei buchi neri. Hawking scoprì inoltre che, mentre la massa del buco nero diminuisce per effetto dell’evaporazione e della radiazione di Hawking, la sua temperatura continua ad aumentare: il buco nero diventa sempre più piccolo e più caldo, finché non scompare del tutto (o quasi).

Questa scoperta fu possibile grazie a una formula di fondamentale importanza, ricavata dallo stesso Hawking, che lega la temperatura dei buchi neri alla loro massa. Questa formula è così importante che fu addirittura incisa sulla pietra tombale di Stephen Hawking nell'Abbazia di Westminster a Londra.

Immagine
Il memoriale a Stephen Hawking presso l’abbazia di Westminster, è possibile notare la sua famosa equazione che lega la temperatura di un buco nero (T) alla sua massa (M). Credits: amandabhslater, CC BY–SA 2.0, via Wikimedia Commons.

Riusciremo mai a osservare questo fenomeno?

Sebbene l’evaporazione dei buchi neri sia un fenomeno sensato dal punto di vista teorico, per nostra sfortuna la sua osservazione sperimentale non è così banale, e questo per due ragioni principali.

La prima riguarda il fatto che la radiazione di Hawking è così debole che di fatto è impossibile da rilevare anche con gli strumenti più sofisticati a nostra disposizione.

La seconda ragione riguarda invece il tempo che un buco nero impiegherebbe per evaporare. Un buco nero con una massa come quella del Sole impiegherebbe un tempo molto maggiore dell'età attuale dell’Universo, che è di circa 14 miliardi di anni! Peggio ancora se si considerano buchi neri più grandi. Il tempo di evaporazione cresce infatti tanto più grande è la massa del buco nero: un buco nero di 20 masse solari, per esempio, impiegherebbe per evaporare un tempo 8000 volte maggiore rispetto a uno massiccio quanto la nostra stella!

L’unica speranza per osservare questo affascinante fenomeno fisico potrebbe risiedere nell’osservazione di buchi neri molto piccoli, con una massa circa pari a quella di una montagna. Purtroppo, però, al momento non c'è traccia di oggetti di questo tipo nel cosmo. Ma non disperiamo: l’Universo è sempre capace di sorprenderci.

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