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In commercio ci sono tante varianti di farina derivate dal grano, ma non sempre la distinzione è così chiara. In realtà, il prodotto iniziale è sempre lo stesso: il grano tenero, Triticum aestivum, che attraversa diverse lavorazioni di macinazione e setaccio, durante le quali vengono eliminate alcune parti del chicco di grano. A cambiare quindi è il grado di raffinatezza: una farina più raffinata, e quindi più setacciata, sarà più bianca. Una meno setacciata, più grezza, sarà più scura perché contiene una maggiore percentuale di crusca, ossia la parte più esterna del chicco di frumento. Dalla più lavorata alla più grezza avremo in ordine la farina di tipo 00, 0, 1 e 2, caratterizzate da un diverso contenuto nutrizionale e proteico che ne influenza anche l'utilizzo per impasti più o meno lievitati. In generale, più proteine (glutine) contiene una farina, migliore sarà la lievitazione. Nelle farine integrali invece non viene effettuata la fase di setacciamento. In linea generale, quindi, la farina 00 si usa principalmente per la pasta fresca, mentre le altre per il pane, le focacce o prodotti simili.
Come si ottiene la farina a partire dal grano
La farina è il prodotto si ottiene dalla macinazione dei cereali. Nello specifico nella normativa italiana è denominato "farina di grano tenero" il «prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità». L'origine è quindi il grano tenero – Triticum aestivum – diverso dal grano duro da cui invece si ottiene la semola. Il termine abburattamento indica semplicemente l'eliminazione della crusca dalla farina tramite un apposito strumento, il buratto.

Il grano tenero produce un frutto chiamato cariosside, dalla classica forma di una mandorla. La cariosside è formata da tre parti fondamentali: endosperma, crusca e germe.
L'endosperma corrisponde alla maggior parte della cariosside e contiene per lo più amido e proteine.
Il germe corrisponde a una piccolissima parte del chicco (1,6-2% in peso) ma è ricco di sostanze nutritive come lipidi, proteine, vitamine. Proprio questa parte viene generalmente separata in fase di perché queste sostanze nutritive possono compromettere la conservabilità della farina. La restante parte della cariosside, quella più esterna è detta crusca ed è ricca di fibra alimentare .

Durante la macina, una macchina con dei rulli rigati rompe e spappola queste cariossidi con lo scopo di aprirle, per far distaccare le parti che le compongono. Abbiamo macine e rimacine che servono a separare le particelle scagliose in sfarinati. Successivamente ci sono le operazioni di setacciamento, chiamate nello specifico di abburattamento. Il prodotto finale è la farina.
Farina 00, 0, 1 e 2: la classificazione italiana
Secondo la normativa italiana, a distinguere i vari tipi di farina è la percentuale di ceneri massima contenuta nella sostanza. Il contenuto di ceneri, ossia di sostanze minerali, è tanto più basso quanto più vengono eliminati gli strati esterni della cariosside attraverso la fase di setaccio. Si va quindi dalle farine più setacciate – più raffinate – che sono ricavate quasi solo dalla porzione di endosperma della cariosside, fino alle farine meno setacciate che contengono invece una buona parte di crusca.
Nello specifico la percentuale massima di ceneri contenuta su 100 parti di sostanza secca deve essere:
- 0,55 per farina 00;
- 0,65 per farina 0;
- 0,80 per farina 1;
- 0,95 per farina 2.
A questi valori si associa anche una quantità minima di proteine per ciascuna tipologia di farina: da 9 parti su 100 delle farine 00 fino alle 12 parti su 100 delle farine 1 e 2 . Meno la farina è raffinata, più proteine contiene, siccome contiene più crusca.

Questa differenza di composizione non è rilevante solo dal punto di vista nutrizionale. Maggiore quantità di proteine (glutine) significa maggiore forza della farina (W), ossia la capacità di assorbire acqua quando viene impastata e trattenere l'anidride carbonica che si sviluppa durante la lievitazione. Le farine "forti" sono quelle che assorbono abbastanza acqua da essere adatte a impasti con lievitazioni medio-lunghe. Se consideriamo le farine di grano tenero, la forza di una farina è direttamente proporzionale alla sua quantità di proteine. Per questo motivo una raffinatissima farina di tipo 00 sarà consigliata per impasti poco lievitati come per pasta e biscotti, mentre la farina di tipo 0 o 1 inizierà a comparire nella ricette di pane e focacce, che necessitano di lievitazioni importanti.
E la farina integrale?
La farina integrale di grano tenero è ottenuta direttamente dalla macinazione del grano tenero, senza passare per il processo di abburattamento. Non è comunque composta al 100% da frumento macinato perché la legge italiana impone un limite quantitativo alle ceneri anche in questo caso. Nello specifico, la percentuale di ceneri su 100 parti di sostanza secca deve rientrare nel range 1,30-1,70.
Piccola curiosità: in questo articolo si parla di classificazione della farina secondo la normativa italiana, perché non c'è una nomenclatura valida per tutto il mondo. In altri stati d'Europa troveremo altri numeri per dividere le farine: ad esempio abbiamo "405, 550, 812…" in Germania o "T45, T55, T65…" in Francia. In America invece i pacchi di farina al supermercato non sono classificati con un valore numerico ma con delle brevi descrizioni: "all purpose, high gluten…".