Per noi i pirati più noti sono quelli dei Caraibi. Essi, però, furono meno potenti dei loro “colleghi” attivi nel Mar cinese meridionale nei primi anni dell’Ottocento. Tra i pirati della Cina emerse una donna, Ching Shih, che nel 1807 assunse il comando di un’enorme flotta e combatté valorosamente contro le navi militari dell’Impero cinese e di alcune potenze europee. Nel 1810, quando era all’apice della sua potenza e veniva definita "imperatrice dei mari", la donna decise di arrendersi, probabilmente perché si era resa conto che le sue fortune stavano per terminare.
La vicenda di Ching Shih è interessante perché, sebbene non sia stata l’unica donna dedita alla pirateria, il suo potere è stato superiore a quello di tutti gli altri pirati della storia. Al suo comando, infatti, c’era una potenza navale composta da decine di migliaia di uomini e centinaia di navi. Dopo la morte, avvenuta nel 1844, Ching Shih è entrata nel mito, ma talvolta la sua figura è rappresentata in maniera idealizzata e distante dalla realtà.
La pirateria nel Mar cinese meridionale
La pirateria è sempre esistita, ma il suo potere e la sua consistenza sono stati diversi seconda dei contesti. Le flotte pirata più potenti di sempre furono quelle che operavano nel Mar cinese meridionale tra la fine del ‘700 e l’inizio del secolo successivo. I pirati cinesi erano molto numerosi sia a causa delle condizioni economiche del sud della Cina, che spingevano molti contadini e pescatori a darsi ad attività illegali, sia per l’appoggio offerto loro dal vicino Regno del Vietnam, rivale dell’Impero cinese. I pirati erano riuniti in grandi alleanze, ognuna delle quali composta da centinaia di navi e migliaia di uomini. Le alleanze prendevano il nome dal colore della bandiera che issavano. Per esempio, la flotta più grande era denominata Flotta della bandiera rossa. La nave più usata era la giunca, che montava vele quadrate su due o tre alberi.
Chi era Ching Shih
Ching Shih (Zheng Yi Sao secondo un’altra traslitterazione dei caratteri cinesi) nacque nella provincia del Guangdong, nella Cina meridionale, nel 1775. Apparteneva a una famiglia povera e da giovane lavorò come prostituta nella città portuale di Canton (oggi Guangzhou). Nel 1801 incontrò un potente pirata, Cheng Yi, capo della Flotta della bandiera rossa, che si invaghì della sua bellezza e la fece catturare dai suoi uomini. Ching lo sposò e iniziò a navigare al suo fianco. Nelle pirateria cinese, infatti, era comune portare a bordo le proprie famiglie, a differenza di quanto avveniva tra i bucanieri dei Caraibi, che vietavano di far salire donne e minori sulle navi.
Ching si dimostrò molto coraggiosa e, nel corso degli assalti, partecipava personalmente al combattimento. Inoltre, era la fidata consigliera del marito, il quale, anche grazie ai suoi suggerimenti, nel 1805 riuscì a mettere d’accordo tutte le flotte e a costituire una grande Confederazione di pirati. Nel complesso, la Confederazione possedeva circa 400 navi e 40.000-60.000 uomini: la più grande flotta pirata della storia.
Al comando della Confederazione dei pirati
Nel 1807 Cheng Yi annegò nei pressi delle coste del Vietnam e la moglie prese il comando della Confederazione. La donna si garantì l’appoggio dei parenti del defunto marito, stringendo legami, in particolare, con un suo figlio adottivo, Cheng Po Sao (Zhang Bao secondo un’altra traslitterazione), che divenne anche il suo amante.
Ching Shih si dimostrò un’abile comandante e sulle sue navi imponeva il rispetto di una rigida disciplina, che prevedeva la pena di morte per chi rubava beni dal tesoro comune o disobbediva agli ordini.
Le battaglie contro l'impero cinese
Le flotte di Ching Shih mettevano seriamente a rischio i commerci. L’Impero cinese inviò più volte le sue navi militari per fermare la Confederazione, ma le missioni si tradussero sempre in una sconfitta. La Confederazione era nel pieno delle sue fortune e i suoi effettivi aumentarono ancora, raggiungendo, forse, le 80.000 unità.
L’Impero cinese fu costretto a cercare l’aiuto dei portoghesi, che possedevano alcune colonie nella zona, tra le quali Macao, ed erano stati più volte vittime degli atti dei pirati. Alla fine del 1809, sei navi da guerra bloccarono la flotta di Ching Shih e Cheng Po Sao nella baia di Tung Chung, nei pressi di Hong Kong. Ai portoghesi si unirono decine di navi dell’Impero cinese. I pirati sembravano spacciati, ma, contro tutte le previsioni, riuscirono a rompere il blocco. La flotta di Ching Shih appariva imbattibile.
La resa e gli ultimi anni di vita
Sorprendentemente, nel 1810 Ching Shih decise di arrendersi. Le ragioni della scelta non sono chiare, perché la Flotta della bandiera rossa non era mai stata sconfitta. Probabilmente, la donna temeva che le sue fortune potessero finire. Nella Confederazione dei pirati, infatti, vi erano alcune frizioni e una delle flotte, quella della bandiera nera, aveva rifiutato di correre in soccorso di Ching Shih nella battaglia della baia di Tung Chung. Inoltre, l’alleanza tra cinesi e portoghesi lasciava presagire che presto le loro navi militari avrebbero lanciato un nuovo attacco.
Ching Shih, del resto, poteva negoziare la resa da una posizione di forza e si incontrò personalmente due volte con Bai Ling, il viceré del Liangguang (territorio comprendente le province di Guangdong e Guangxi). Il 17 aprile fu raggiunto l’accordo: in cambio della rinuncia alla pirateria, nessun pirata sarebbe stato perseguito e Ching Shih avrebbe conservato una parte della sua flotta. Al momento della resa, la Flotta della bandiera rossa era composta da 216 navi e 17.318 pirati; 24 navi e 1.433 pirati erano sotto il comando personale di Ching Shih. Con la resa della donna, l’epoca d’oro della pirateria cinese terminò.
Ching Shih, però, non si ritirò a vita privata. Sposò Cheng Po Sao e riprese con lui il mare, sconfiggendo una flotta che aveva fatto parte della Confederazione pirata, quella della bandiera blu, su incarico del governo cinese. Dopo la morte di Cheng Po, avvenuta nel 1822, divenne proprietaria di un casinò a Guangdong. Morì nel 1844.
Il mito di Ching Shih
Ching Shih, come molti altri pirati, non esitava a uccidere e a torturare i suoi prigionieri, dando prova di avidità e spietatezza. Tuttavia la sua vicenda ha sempre suscitato molto fascino, soprattutto per il passaggio dalla prostituzione alla pirateria e per il ruolo di capo della più grande flotta pirata della storia. Numerosi artisti, scrittori e registi hanno rappresentato la sua figura. Per esempio, nel 2003 Ermanno Olmi dedicò alle sue imprese il film Cantando dietro i paraventi. Inoltre, nella celebre saga Pirati dei Caraibi compare un personaggio, la vedova Ching, ispirato a lei. Ching Shih è protagonista anche di manga e opere letterarie. Tuttavia la rappresentazione è talvolta basata più sul mito che sulla sua storia vera.