Nel mondo antico molti eserciti si servivano di elefanti per ragioni militari e in alcuni Paesi asiatici il loro impiego è continuato fino all’Ottocento. Tra le potenze antiche che usavano più spesso i pachidermi vi era Cartagine, la storica nemica di Roma. Nel corso della seconda guerra punica, il generale cartaginese Annibale ne portò ben trentasette attraverso le Alpi con l’intenzione di impiegarli nel suo attacco alla Penisola italiana. Gli elefanti riuscirono a oltrepassare la catena montuosa, agevolati dal clima relativamente caldo e da altri fattori, ma morirono poco tempo dopo l’arrivo in Pianura Padana.
Una teoria emersa da qualche tempo sui social network utilizza l’episodio per negare i cambiamenti climatici attuali. La tesi, però, è del tutto infondata.
La seconda guerra punica
Inquadriamo anzitutto storicamente la traversata delle Alpi da parte di Annibale con gli elefanti. Nel III secolo a. C. il controllo del Mediterraneo occidentale era conteso tra due potenti città: Roma e Cartagine. Lo scontro più importante, la seconda guerra punica (218-202 a.C.), ebbe inizio nella Penisola iberica. I cartaginesi erano guidati da un geniale condottiero, Annibale Barca, che nell’estate del 218 decise di portare la guerra nel territorio del nemico. Attraversò quindi la Francia meridionale con il suo esercito, valicò le Alpi e, giunto in Italia, sconfisse più volte le legioni romane. Roma era seriamente minacciata, ma riuscì a reagire. Annibale fu costretto a lasciare la Penisola e nel 202 Publio Cornelio Scipione lo sconfisse definitivamente nella battaglia di Zama.
L’elemento della storia che suscita più interesse è il passaggio delle Alpi. Annibale, infatti, insieme a uomini e cavalli, portò con sé trentasette elefanti da guerra.
Gli elefanti da guerra
Nel mondo antico gli eserciti si servivano spesso degli elefanti, sia perché potevano essere usati in combattimento per lanciare cariche contro il nemico, sia perché erano utili per trasportare pesi. Durante le guerre puniche, i cartaginesi impiegarono frequentemente i pachidermi contro le legioni romane e nella battaglia di Zama ne schierarono ben ottanta.
Anche i romani impararono a usare gli elefanti, ma se ne servirono solo fino al I secolo d. C., perché nel frattempo gli eserciti avevano sperimentato contromisure efficaci. In Asia, invece, i pachidermi continuarono a essere utilizzati durante il Medioevo e, in alcuni Paesi, fino a tutto il XIX secolo.
Il passaggio delle Alpi di Annibale
Non sorprende che l’armata allestita da Annibale per attaccare l’Italia nel 218 a.C. includesse anche gli elefanti. L’armata, del resto, era molto grande. Secondo lo storico greco Polibio, era composta da 38.000 fanti e 8.000 cavalieri, ma una parte andò perduta sulle Alpi e solo 20.000 fanti e 6.000 cavalieri raggiunsero la Pianura Padana. È impossibile verificare la fondatezza delle cifre, ma certamente l’esercito cartaginese era imponente.
La traversata delle Alpi ebbe luogo tra settembre e ottobre e durò più di due settimane, nel corso delle quali i cartaginesi dovettero affrontare diverse tribù nemiche. Il valico alpino sul quale passarono non è noto e gli studiosi ne hanno presi in considerazione diversi, tra i quali il Gran San Bernardo (altro circa 2500 metri), il Moncenisio (2083 metri) e il Monginevro (1860 metri). Uno studio recente, basato sul ritrovamento di tracce organiche, ha ipotizzato che il passaggio sia avvenuto sul Colle delle Traversette, ancora più alto (2.950 metri). Quale che sia la verità, è certo che l’esercito di Annibale dovette passare ad altitudini molto elevate.
Come fecero a passare gli elefanti?
Gli elefanti sono animali poco agili e abituati a climi caldi, ma riuscirono ad attraversare le Alpi grazie ad alcune condizioni favorevoli. Anzitutto, i cartaginesi, erano molto esperti nell’impiego dei pachidermi ed erano capaci di trasportarli anche attraverso luoghi impervi. Inoltre, quelli al seguito di Annibale erano elefanti africani di foresta (loxodonta cyclotis), più piccoli degli elefanti africani della savana, il che agevolava il loro cammino. Infine, il clima non era particolarmente rigido, perché al tempo della seconda guerra punica in Europa era in corso il “periodo caldo romano”, durato approssimativamente dal 250 a. C. al 400. d. C.
Le condizioni favorevoli resero possibile l’attraversamento delle Alpi, ma non cancellarono le difficoltà e, come abbiamo visto, una parte degli uomini e dei cavalli andò perduta. Anche per gli elefanti non ci fu scampo. La maggior parte sopravvisse alla traversata, ma morì poco tempo dopo l’arrivo nella Pianura Padana, non resistendo al successivo clima invernale.
Annibale poté usare i suoi pachidermi in un’unica battaglia, quella combattuta il 18 dicembre 218 presso il fiume Trebbia, dopo la quale morirono tutti tranne uno, chiamato Surus, forse appartenente a una razza diversa, che morì l’anno successivo. Altri pachidermi usati da Annibale nella guerra in Italia giunsero via mare da Cartagine o di nuovo attraverso le Alpi, al seguito dell’esercito comandato da Asdrubale.
Gli elefanti di Annibale e i cambiamenti climatici
Da qualche tempo sui social network circola una bizzarra teoria, secondo la quale il passaggio degli elefanti sulle Alpi dimostrerebbe che il riscaldamento globale, al quale il pianeta sta andando incontro a causa delle emissioni di gas serra, non esiste. Il ragionamento è questo: se anche duecento anni prima di Cristo, quando non c’erano fabbriche e automobili, faceva caldo al punto che Annibale poteva portare gli elefanti sulle Alpi, vuol dire che il riscaldamento globale odierno è uno dei tanti cambiamenti climatici che avvengono per ragioni naturali e non è dovuto alle attività umane, come invece sostengono gli scienziati in maniera pressoché unanime.
Si tratta, però, di una teoria campata in aria, perché i due fenomeni sono completamente diversi. Anzitutto, il riscaldamento attuale, iniziato nel ‘900, si sta sviluppando molto più velocemente del periodo caldo romano e di tutti i cambiamenti climatici del passato, proprio perché provocato da attività umane e non da fenomeni naturali.
Inoltre, il periodo caldo romano interessò solo l’Europa e l’Atlantico settentrionale, come hanno evidenziato alcune ricerche recenti, mentre il riscaldamento attuale investe tutta la Terra, sia pure in maniera non uniforme. Lo stesso discorso vale per altri fenomeni climatici del passato, come il “periodo caldo medievale” (X-XIII secolo d. C.) e la “piccola era glaciale” (XIV-XIX secolo), che, secondo le teorie più accreditate, non ebbero luogo ovunque. Infine, al tempo di Annibale il caldo non era eccessivo e gli elefanti, come abbiamo visto, non sopravvissero all’inverno del 218 a.C.
Insomma, il passaggio degli elefanti di Annibale sulle Alpi non prova nel modo più assoluto che i cambiamenti climatici non esistono.