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Cosa si intende per “architettura fascista” e i più famosi esempi in Italia

Lo stile littorio diffuso in Italia tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento è contraddistinto da un razionalismo disadorno e stereometrico ma al tempo stesso monumentale, in cui i richiami alla Roma imperiale riflettono le aspirazioni della dittatura instaurata nel 1926.

11 Agosto 2025
18:30
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Cosa si intende per “architettura fascista” e i più famosi esempi in Italia
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L'architettura fascista, come tutti i linguaggi architettonici voluti e imposti dai regimi, si è sviluppata durante il ventennio del fascismo con un carattere simbolico, colossale, monumentale e classicheggiante noto anche come stile littorio. Nel caso specifico del nostro paese, già nel 1925 Benito Mussolini dichiarò apertamente l’intenzione di trasformare l’architettura in uno strumento di regime (e propaganda): la nuova Italia fascista sarebbe stata erede della Roma imperiale, e i nuovi edifici, unitamente a interventi urbanistici ampi e mirati (da pesanti sventramenti e rimaneggiamenti del tessuto storico, alla fondazione di città sulle pianure bonificate), avrebbero dovuto rifletterne la grandeur.

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Marcello Picentini, Palazzo del Rettorato alla Città Universitaria di Roma

Le caratteristiche dell’architettura fascista: monumentalità classica e razionalismo

A differenza del nazismo in Germania, il fascismo esercita sulla cultura architettonica italiana una pressione discontinua che consente a più atteggiamenti di inserirsi ed emergere nel corso del ventennio (1922-1942). Due sono i filoni principali: il primo è una variante dello stile neoclassico, mentre il secondo è quello del razionalismo.

Stile neoclassico

Il primo, che solo dalla seconda metà degli anni Trenta diverrà espressione ufficiale della politica mussoliniana, volge lo sguardo al passato, trovando le proprie radici nell’architettura antica e nella romanità (in questo contesto, gli scavi archeologici coevi a Ostia, Portus e Roma incisero fortemente). Le forme architettoniche, severe e simmetriche, recuperano dunque gli elementi tettonici più tradizionali (il muro, l’arco, la colonna, la lesena) e li combinano a un impiego massiccio del travertino. Il risultato è una variante dello stile neoclassico, la cui nuova veste semplificata riecheggia l’epoca imperiale senza replicarne la sontuosità: un linguaggio sì monumentale, ma al tempo stesso stereometrico e disadorno.

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Giuseppe Terragni, Casa del Fascio a Como, 1932–36

L’architetto Marcello Piacentini ne sarà il principale interprete e promotore, in quanto figura chiave nelle commissioni urbanistiche degli anni Trenta. Avrà infatti un ruolo decisivo nella redazione del piano regolatore generale di Roma del 1931, e coordinerà i progetti della Città universitaria (per la quale realizzerà il celebre Palazzo del Rettorato) e dell’E42, ambizioso esperimento urbano concepito come sede della mai avvenuta Esposizione Universale del 1942. A riprendere la monumentalità classica del modello piacentiniano, in omaggio ai principi autarchici, sono proprio gli edifici del neonato quartiere EUR. Tra questi spicca il Palazzo della Civiltà Italiana (ora Palazzo della Civiltà del Lavoro) di Giovanni Guerrini, Ernesto La Padula e Mario Romano: emblema della romanità ribattezzato “Colosseo Quadrato”.

Razionalismo

Il secondo filone, nato sul solco delle avanguardie e del Movimento Moderno europeo, si afferma in Italia con il nome di razionalismo. Il tentativo di questa seconda corrente è quello di mediare i caratteri emergenti dell’architettura internazionale, quali il funzionalismo, la trasparenza, l’audacia e l’utilizzo di nuove tecnologie (fra cui il cemento armato), con l’estetismo evocativo di precedenti classici già caro al regime; in sostanza, mirava a declinarli in chiave nazionale. Il razionalismo troverà spazio principalmente nell’ambiente lombardo, attraverso il Gruppo 7 (fondato a Milano nel 1927 da Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava, Giuseppe Terragni e Adalberto Libera, e poi dissoltosi nel Movimento italiano per l'architettura razionale MIAR); tra le pagine delle riviste Casabella e Quadrante; e grazie a eventi come le esposizioni di architettura razionale e le triennali di Monza e Milano.

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Novocomum

A fornire un chiaro esempio delle sintesi elaborate in questo contesto fu Giuseppe Terragni, protagonista indiscusso del razionalismo italiano e autore a Como, dalla metà degli anni Venti alla metà degli anni Trenta, di opere seminali, fra cui l’edificio per abitazioni Novocomum, l’Asilo Sant’Elia e la Casa del Fascio. Quest’ultima, con la sua facciata a griglia aperta in marmo, l’impianto volumetrico classico e l’atrio trabeato, tradisce la contraddittoria coesistenza tra ricerca del moderno e continuità con il passato. Fin troppo fredda e astratta per essere compresa e suscitare entusiasmo nelle masse, la Casa del Fascio di Como è, a differenza delle altre diffuse in tutto il paese, l'episodio più singolare e sorprendente di committenza fascista al Movimento Moderno italiano, nonché l’edificio razionalista più rappresentativo e noto.

Come anticipato sopra, con il fallimento del MIAR e l’avvicinamento della Germania hitleriana, a partire dal 1931 il regime rinnegherà i suoi legami con il razionalismo, scegliendo di identificarsi, ormai all’alba della Seconda Guerra Mondiale, con quello che diventerà il cosiddetto neoclassicismo di Stato. Monumentale, scenografico e romanissimo, questo preciso linguaggio architettonico è votato a diffondere gli ideali e a trasmettere il mito e la grandezza del fascismo.

Gli esempi dell’architettura fascista

Il regime non si limitò a costruire edifici e Case del Fascio in ogni città, bensì ripensò interi paesaggi, urbani e non. Secondo il piano di rinnovamento per Roma, alcune strade avrebbero dovuto essere tagliate per collegare i principali monumenti, rappresentativi del lontano e grandioso passato della città, con quelli che si intendeva costruire ex novo. Tra gli interventi più drastici spiccano Piazza Augusto Imperatore (di Vittorio Ballio Morpurgo) e Via della Conciliazione (di Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli), entrambe realizzate demolendo vaste zone edificate al fine di fornire, rispettivamente, uno scenario monumentale al Mausoleo di Augusto e creare un asse prospettico in direzione della Basilica di San Pietro.

Altro imponente sventramento del Ventennio, fu quello compiuto, sempre da Piacentini, per la realizzazione di Piazza della Vittoria a Brescia. Il modello di questa piazza, con torrione e portici, sarà un importante precedente per la pianificazione urbana delle cinque città laziali di nuova fondazione costruite dal governo fascista a seguito della bonifica delle paludi pontine: Littoria (oggi Latina), Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia.

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Marcello Piacentini, Piazza della Vittoria a Brescia, 1927–32
Fonti
Razionalismo italiano
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