Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è uno degli organi principali dell’organizzazione internazionale. In passato e ancor di più oggi dopo i bombardamenti di Israele sulla Striscia di Gaza, molti attori internazionali chiedono un cessate il fuoco ed una pausa umanitaria. Ma le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, così come accaduto in numerosi altri casi in passato, vengono bloccate e non riescono a produrre effetti concreti. Ma come funziona il Consiglio di Sicurezza? Quali sono i poteri, i problemi e le riforme proposte?
Composizione del Consiglio di Sicurezza
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nacque nel 1945 dopo la conferenza di San Francisco che ha sancito la nascita dell’ONU, e la sua composizione era inizialmente diversa da quella che conosciamo oggi. Attualmente è formato da 15 membri, di cui 5 permanenti (Cina, Usa, Russia, Francia e Regno Unito) e 10 non permanenti, a rotazione e con un mandato della durata di 2 anni, che vengono eletti dall’Assemblea Generale. L’Italia, dalla nascita dell’ONU è stata eletta sette volte nel Consiglio di Sicurezza. Da gennaio 2024 i Paesi che l’Assemblea Generale ha eletto come prossimi membri non permanenti del CdS sono Algeria, Guyana, Corea del Sud, Sierra Leone e Slovenia. Le risoluzioni e decisioni del Consiglio di Sicurezza possono riguardare sia questioni procedurali, quindi relativi a procedure interne, sia questioni sostanziali, come il tipo di azioni da adottare in merito ad un conflitto. Le procedure di voto al suo interno sono disciplinate dall’art. 27 della Carta dell’ONU, e furono decise nel febbraio 1945 a Yalta da Cina, Russia, Stati Uniti e Regno Unito: da qui il nome di formula Yalta. Secondo quest’ultima la maggioranza richiesta per approvare una decisione del Consiglio è di 9 membri su 15. Sulle questioni sostanziali nei 9 voti devono essere inclusi quelli dei 5 membri permanenti. Nel caso in cui uno dei membri sia parte di una controversia, deve astenersi nella votazione.
Misure del Consiglio di Sicurezza
Il Consiglio di Sicurezza è l’organo che detiene il potere esecutivo nel sistema ONU, ed è il garante del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Gli articoli 40-42 della Carta delle Nazioni Unite distinguono principalmente tre tipi di misure del Consiglio di Sicurezza:
Misure provvisorie: non sono atti vincolanti o che possano sanzionare gli Stati membri. Il loro scopo principale è quello di prevenire l'aggravarsi di una data situazione che possa minacciare seriamente la pace e la stabilità internazionali. Sono misure di tipo esortativo nei confronti degli Stati membri.
Misure non implicanti l'uso della forza: questo tipo di misure sono degli indirizzi che il Consiglio di Sicurezza dà agli Stati Membri, tra cui vengono incluse la rottura di relazioni diplomatiche o misure più “dure” come embarghi e blocchi economici.
Misure implicanti l'uso della forza: sono le misure incluse nell’articolo 42 della Carta ONU che il Consiglio di Sicurezza può adottare quando la pace e la sicurezza internazionale sono gravemente minacciate. Tra queste quindi sono annoverate le azioni di polizia internazionale o l’invio di forze militari e sono misure coercitive.
Limiti nell'assetto del Consiglio di Sicurezza
Sono numerosi i problemi con cui si confronta il Consiglio di Sicurezza, in particolare quelli relativi al potere di veto dei 5 membri permanenti, oltre alla mancanza di un’equa rappresentanza in seno al Consiglio rispetto agli Stati membri. Questi due fattori fanno perdere di efficacia al momento di approvare risoluzioni o dare reali indirizzi politici agli Stati membri in merito a conflitti in corso. Il potere di veto consente ai 5 membri permanenti di opporsi ad un risoluzione o proposta degli altri membri, il che paralizza il potere decisionale del Consiglio.
Oltre a problemi di tipo operativo, questo fa perdere fiducia ai membri della comunità internazionale. In particolare rispetto alla richiesta di cessate il fuoco e di pause umanitarie nella striscia di Gaza, proprio la mancanza di intervento dell’ONU ha mostrato tutti i limiti operativi e decisionali delle Nazioni Unite. Il veto considera gli Stati ineguali tra loro, affidando a quelle che allora erano le 5 potenze principali uscite dal secondo conflitto mondiale la responsabilità di non far scoppiare altre guerre. A tal proposito, nel 2022 gli Stati membri hanno dato vita ad un’iniziativa “di veto” in cui c’è stato un dibattito in merito all’uso del veto da parte dei membri permanenti del CdS e su come si potesse affrontare questo problema procedurale che di fatto paralizza il potere d’azione dell’ONU. Questo dibattito terminò in una risoluzione secondo cui, nel momento in cui uno dei 5 membri permanenti dovesse utilizzare il potere di veto, bisogna convocare una riunione dell’Assemblea Generale entro dieci giorni per discutere ed analizzare la situazione.
Necessità di riforma
Dalla sua nascita, solo nel 1965 ci fu l’unica vera riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con cui fu aumentato il numero dei membri non permanenti da 6 a 10, arrivando alla composizione attuale di 15 membri. Questo avvenne in seguito alla proposta da parte del gruppo dei “Non allineati” nel 1963, che chiese di introdurre 4 seggi in più tra i membri non permanenti per rappresentare i Paesi africani ed asiatici. Negli anni, sono state numerose le proposte di riforma del Consiglio e, a questo proposito, nel 1993 è nato un working group, il Gruppo di Lavoro sul Consiglio di sicurezza, che ha il compito di lavorare insieme all’Assemblea Generale e agli Stati membri per proporre riforme del Consiglio di Sicurezza.
Le principali posizioni sostenute tra i Paesi membri sono le seguenti:
- Il G4, formato da Brasile, Germania, Giappone ed India proponeva un ampliamento del numero dei seggi, rispettivamente 6 in più permanenti e 4 in più non permanenti, arrivando a 25 seggi totali, invece degli attuali 15. I nuovi membri permanenti non avrebbero però potere di veto ed andrebbe rispettata la rappresentanza dal punto di vista regionale.
- Il Uniting for consensus, un gruppo di circa quaranta Paesi nato nel 2005, su proposta dell'Italia, vorrebbe aumentare il numero di membri non permanenti a 21 con un mandato biennale, arrivando dunque a 26 membri totali, anche in questo caso con una maggiore equità di rappresentanza dal punto di vista regionale.
Sembra quindi difficile riuscire a cambiare il meccanismo del veto che rappresenta uno dei principali ostacoli al pieno funzionamento del Consiglio di Sicurezza. Molti ritengono che l’ONU stia vivendo una crisi di legittimità, in particolare per l’equilibrio sottile tra principio di sovranità degli Stati ed intervento da parte dell’ONU. Senza dubbio una riforma è necessaria anche per rispettare il nuovo assetto internazionale con l’emergere di nuove potenze, molto diverse rispetto a quelle degli anni in cui l’organizzazione è stata fondata.