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6 Giugno 2025
18:30

Cos’è un referendum, come funziona quello abrogativo e quali sono le tipologie in Italia

L’8 e 9 giugno 2025 i cittadini italiani sono chiamati a votare per cinque referendum sul lavoro e sulla cittadinanza, indetti da una rete di sindacati e associazioni. Le consultazioni referendarie sono uno strumento di democrazia diretta nel quadro della democrazia rappresentativa.

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Cos’è un referendum, come funziona quello abrogativo e quali sono le tipologie in Italia
referendum

Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025, i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per partecipare a 5 referendum abrogativi sul tema del lavoro e della cittadinanza. Questo significa che si chiede ai cittadini se si intende o meno abrogare delle leggi attualmente in vigore. Questa è una delle tipologie di referendum previsti in Italia dalla Costituzione: oltre ai referendum abrogativi ci sono infatti quelli consultivi, costituzionali, propositivi, territoriali, istituzionali. I referendum sono consultazioni convocate per abrogare, confermare o proporre una legge. I cittadini votano in prima persona, senza delegare la scelta ai loro rappresentanti, come avviene ordinariamente. Lo strumento del referendum è previsto in numerosi Paesi, tra i quali gran parte di quelli europei. In alcuni Paesi le consultazioni sono valide solo se si raggiunge il quorum dei votanti, cioè se partecipa al voto una percentuale prestabilita degli aventi diritto (in genere fissata al 50% più uno). Nel nostro Paese i referendum sono previsti dalla Costituzione e dagli anni '90 sono indetti piuttosto frequentemente.

Cos’è un referendum e cosa significa la parola

Il referendum è una consultazione nella quale i cittadini sono chiamati a deliberare direttamente su una proposta. Il referendum è previsto nell’ordinamento di molti Paesi retti da sistemi politici di democrazia rappresentativa, tra i quali gran parte degli Stati europei. È assente in altri Paesi democratici, come negli Stati Uniti.

Amintore Fanfani vota al referendum abrogativo del 1974 (divorzio)
Amintore Fanfani al voto al referendum abrogativo del 1974 sul divorzio.

La parola referendum è una forma verbale latina, cioè il gerundivo del verbo refero, che significa “riferire”. L’espressione ad referendum significa “per riferire”, per cui è il referendum è una consultazione indetta “per riferire” il volere dei cittadini. Al plurale la parola resta invariata: i referendum (la forma “referenda”, basata sul plurale del genere neutro in latino, è sconsigliata).

Il referendum si distingue dal plebiscito, che in genere è una consultazione popolare su questioni della massima importanza, per esempio per decidere in merito all’annessione di un territorio a uno Stato, e dall’esito scontato. Un esempio sono i plebisciti risorgimentali tenuti nel 1860 per stabilire l’annessione degli Stati preunitari al Regno d’Italia.

Come funziona un referendum: la democrazia diretta

Il referendum è un meccanismo di democrazia diretta inserito nel più vasto quadro della democrazia rappresentativa (nella quale, come sappiamo, la popolazione elegge dei rappresentanti che prendono le decisioni). Nel nostro ordinamento, il referendum è uno dei tre elementi di democrazia diretta previsti dalla Costituzione, insieme alla legge di iniziativa popolare e alla petizione.

Tuttavia, il fatto che nei referendum i cittadini possano deliberare in prima persona, non significa che la classe dirigente non partecipi al processo decisionale: i partiti politici possono scegliere i quesiti da indire, promuovendo la raccolta delle firme, e, in seguito, possono determinare, o almeno influenzare, l’orientamento dell’elettorato; inoltre, dopo il voto le istituzioni (governi e parlamenti) devono dare applicazione “pratica” all’esito della consultazione e, di conseguenza, conservano una certa discrezionalità.

I meccanismi di convocazione di un referendum sono diversi a seconda degli Stati. Nel nostro Paese, la consultazione è indetta su richiesta dei cittadini: è necessario che siano raccolte almeno 500.000 firme. In genere, la raccolta è promossa dai partiti politici di opposizione, dalle confederazioni sindacali (nel caso dei quesiti dell’8 e 9 giugno 2025, principale promotore è stato la CGIL), dalle associazioni e dai movimenti. Le firme devono essere raccolte in un tempo prestabilito e convalidate, una per una, da un pubblico ufficiale (consiglieri comunali e provinciali, notai, ecc.). Un’altra possibilità prevista dalla nostra Costituzione è che il referendum sia richiesto da almeno cinque consigli regionali.

In molti Paesi, tra i quali l'Italia, ogni proposta di referendum deve essere sottoposta alla valutazione della Corte costituzionale, che giudica se i quesiti sono conformi alla Costituzione. In caso affermativo, si procede al voto, altrimenti il referendum non può essere indetto. Nel nostro Paese, in nessun caso si possono indire referendum sulle questioni fiscali, sulle amnistie ai detenuti, sui trattati internazionali.

Tipi di referendum in Italia

I referendum possono essere di vario tipo. I principali sono i seguenti:

  • Abrogativi: i più diffusi in Italia e in altri Paesi, sono convocati per abrogare una legge approvata dal legislatore. Nel nostro Paese, fino a ora sono stati tenuti 72 referendum abrogativi, ai quali si aggiungeranno i cinque dell’8 e 9 giugno 2025.
  • Costituzionali: per confermare o respingere modifiche della Costituzione. Nel nostro Paese ne sono stati indetti quattro.
  • Di indirizzo o consultivi: per conoscere il parere della popolazione su una specifica questione. In Italia, fino a ora ne è stato indetto solo uno nel 1989 sull’Unione Europea.
  • Territoriali: sono di varie tipologie. In genere servono per decidere il passaggio di specifici territori da una giurisdizione all’altra, per la creazione o fusione di enti territoriali, per stabilire il nome di determinate località, ecc.
  • Istituzionali: convocati per decidere la forma dello Stato. In Italia, come sappiamo, il referendum istituzionale si è tenuto nel 1946 per scegliere tra monarchia o repubblica.
  • Propositivi, con i quali i cittadini avanzano proposte al legislatore . Sono previsti in alcuni ordinamenti, come quello svizzero. Nel nostro Paese non esistono; al loro posto la Costituzione prevede le leggi di iniziativa popolare: i cittadini sottoscrivono una proposta mediante una raccolta di firme e la “girano” al Parlamento, che può decidere se prenderla in considerazione o meno.
L'esito del referendum istituzionale del 1946
L’esito del referendum istituzionale italiano del 1946.

Cosa sono i referendum abrogativi

In Italia, come abbiamo detto, i referendum più comuni sono quelli abrogativi, indetti per abrogare leggi approvate dal Parlamento: quando vince il "sì", le leggi in questione sono abrogate; in caso di vittoria del "no", restano in vigore.  I referendum abrogativi prevedono il quorum (parola latina che letteralmente significa “dei quali”): è necessario cioè che partecipi alla consultazione una percentuale predefinita del corpo elettorale perché il voto sia valido. Nel nostro ordinamento il quorum è previsto per i referendum abrogativi (non per quelli costituzionali o di indirizzo) ed è fissato al 50% più uno degli aventi diritto al voto. Negli ultimi anni, il quorum non è stato raggiunto quasi mai: dal 1997 a oggi, è stato ottenuto solo in 4 consultazioni del 2011. Nella maggior parte dei Paesi europei questo dato non è richiesto. È previsto in alcuni Stati, tra i quali, la Romania, la Slovenia, la Polonia, il Portogallo (tutti al 50%) e i Paesi Bassi (al 30%).

I referendum abrogativi hanno avuto grande importanza nella storia politica del nostro Paese e hanno permesso la conservazione di alcune leggi di primaria importanza, come quella sul divorzio (approvata dal Parlamento nel 1970 e confermata da un referendum nel 1974) e quella sull'aborto (approvata nel 1978 e confermata dal referendum nel 1981).

Rientrano tra i referendum abrogativi anche i cinque quesiti dell'8 e 9 giugno 2025 promossi da una vasta rete di partiti, sindacati e associazioni: i primi quattro riguardano tematiche relative al lavoro (licenziamenti illegittimi, tutela dei lavoratori delle piccole imprese, riduzione del precariato e sicurezza nei luoghi di lavoro), l'ultimo concerne il diritto di cittadinanza degli stranieri (riduzione dei tempi per poterla richiedere da 10 a 5 anni).

Fonti
M. Volpi, Referendum e iniziativa popolare: quale riforma?
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