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31 Ottobre 2021
19:00

Diamanti: cosa sono, come e dove si formano e come si determina il loro valore

I diamanti sono minerali che si formano in condizioni di alta pressione e temperatura. Sono costituiti solamente da carbonio (come la grafite delle matite) e vengono estratti in diverse parti del mondo, anche se al momento il principale paese produttore è la Russia. Ma come si determina il valore di queste pietre? Ed è vero che i diamanti sono per sempre? Leggi l'articolo per scoprirlo.

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Diamanti: cosa sono, come e dove si formano e come si determina il loro valore
Diamanti

I diamanti sono minerali formati unicamente da carbonio. Considerate tra le pietre preziose per eccellenza, forse non tutti sanno che – da un punto di vista chimico – hanno la stessa composizione della grafite, quella che forma la mina delle matite! La differenza tra i due minerali è la loro struttura atomica: quella del diamante ha una struttura cubica e si forma ad altissime temperature e pressioni mentre la grafite (struttura esagonale) a condizioni molto più superficiali. I diamanti sono solitamente contenuti in particolari tipi di rocce, le kimberliti, originate dal raffreddamento di magmi poveri in silice provenienti dal mantello terrestre.

Ma quali sono i principali Paesi produttori di diamanti? E come viene valutato il valore di un diamante?

Dove si formano i diamanti?

I diamanti si formano in condizioni di altissima pressione. Per questo motivo la loro genesi avviene nella maggior parte dei casi nelle profondità della crosta terrestre, solitamente ad almeno 100 – 300 km al di sotto della superficie! All'aumentare della profondità aumenta anche la temperatura – secondo un "gradiente geotermico" (Evans, 2009) il cui valore medio è di 3°C ogni chilomentro. Solitamente per formare i diamanti la temperature necessaria si aggira tra i 1100 °C e 1300 °C e pressioni tra i 5.5 e i 6.0 GPa (Sugano et al., 1996).

Schema camino kimberlitico
Schema di un camino kimberlitico (credit: Premium Diamonds).

Ma se i diamanti si formano così in profondità, come fanno ad arrivare in superficie? Questo è possibile grazie a magmi che, nelle passate ere geologiche, si sono comportati come degli "ascensori": durante la loro risalita dal mantello verso l'alto hanno trascinato con loro anche i diamanti trovati lungo il loro percorso, portandoli in superficie (o comunque a profondità a noi accessibili). Le strutture che si vengono a creare hanno una forma a "imbuto" e vengono chiamate camini kimberlitici o camini diamantiferi: al loro interno è possibile trovare diamanti "incastonati" nella lava ormai solidificata.

Anche dopo aver identificato un camino kimberlitico, però, non è detto che al suo interno ci siano effettivamente dei diamanti (Kesler, 2015). Si stima che soltanto il 30% circa dei camini contenga diamanti e, di questi, solo l'1% ne contenga in quantità sufficiente da rendere la loro estrazione economicamente conveniente!

Struttura e Proprietà del diamante

Il diamante è costituito unicamente da atomi di carbonio. Questi sono disposti in modo tale da avere, per ogni atomo, altri quattro atomi attorno a formare un tetraedro (la cosiddetta “coordinazione tetraedrica”). Il legame chimico che unisce questi atomi è detto "covalente": si tratta di un legame chimico che dà vita ad una struttura estremamente rigida. Per questo motivo il diamante è minerale conosciuto più duro in assoluto!

struttura diamante
Struttura tridimensionale del diamante. Ogni pallina grigia corrisponde ad un atomo di C.

Il diamante ha anche eccellenti proprietà tecniche come un’altissima conducibilità termica e una bassissima dilatazione termica, quindi conduce molto bene il calore ma si dilata pochissimo. Possiede anche ottime qualità ottiche (una su tutte l’elevato indice di rifrazione) ed è chimicamente inerte, reagendo pochissimo agli attacchi chimici (Klein, 2006).

Un diamante è per sempre?

No, purtroppo. Il diamante in condizioni di bassa pressione e temperatura – cioè le condizioni in cui viviamo noi – non è stabile (nei tempi geologici) e tende a trasformarsi in grafite. Questo vuol dire che gli anelli con i diamanti presto diventeranno anelli di grafite?
Per fortuna no! La trasformazione da diamante a grafite è estremamente lenta, nell’ordine dei milioni di anni! Quindi diciamo che, nonostante lo slogan “un diamante è per sempre” sia geologicamente ingannevole, tutto sommato, alla scala della vita umana possiamo prenderlo per veritiero.

Come avviene l’estrazione dei diamanti

I giacimenti diamantiferi possono essere primari o secondari: quelli primari sono i giacimenti in cui i diamanti si trovano all'interno della kimberlite (cioè la roccia magmatica che riempie i camini), mentre i secondari sono quelli che si originano a partire dall'erosione dei giacimenti primari. Una volta erosi, i frammenti rocciosi vengono trasportati dai fiumi anche a grandi distanze e possono accumularsi in depositi ghiaiosi o sabbiosi (i cosiddetti "placer").

Giacimenti primari

L'estrazione da un giacimento primario – quindi da un camino kimberlitico – inizia solitamente con una miniera a cielo aperto. Mano a mano che si scava, però, diventa più conveniente passare ad uno scavo in sotterraneo che intersechi su più livelli il camino diamantifero.

Nel caso di estrazione mineraria a cielo aperto l'estrazione prevede il prelievo di grossi blocchi di roccia magmatica: da qui si separano i frammenti di diamante spaccando la roccia, sciacquandola e filtrando questo fango. I diamanti sono pesanti e tendono a depositarsi con facilità, ma a questo stadio non sono ancora “puri”. La polvere mista di kimberlite e diamante viene quindi impastata con delle sostanze grasse, a cui i frammenti di diamante aderiscono – una scoperta che ha permesso la nascita dei processi di estrazione e pulizia su scala industriale. I frammenti rimasti attaccati al grasso sono infine separati con un selezionatore a raggi X: ora abbiamo finalmente il nostro diamante grezzo!

Giacimenti secondari

Nei giacimenti secondari potremmo dire che è il corso d'acqua a fare il lavoro sporco al posto nostro. In che senso? L'erosione, nel corso dei millenni, permette di alterare mano a mano le porzioni più superficiali di un camino kimberlitico, andando a trasportare frammenti di roccia lungo il corso del fiume. In questo percorso si effettua naturalmente una prima selezione che, alla fine, permette di accumulare quantità di diamanti anche piuttosto alte all'interno dei cosiddetti depositi placer.

Nel caso di giacimenti secondari, questi vengono spesso sfruttati tramite miniere a cielo aperto, situate solitamente sulle spiagge o nei letti dei fiumi. Sulla costa occidentale dell’Africa, per esempio, sono frequenti le estrazioni sulla spiagge che danno sull’Atlantico. Qui sono state addirittura create delle barriere per far arretrare il livello del mare di alcune centinaia di metri, così da aumentare la superficie disponibile per gli scavi. C’e anche una forma di estrazione offshore, cioè al largo, ma è molto ridotta e costosa: grazie a strumenti per l’aspirazione del fondale marino vengono filtrate grandi quantità di sabbia e selezionati i frammenti.

miniera diamanti australia
Miniera di diamanti a cielo aperto in Australia.

Quando è avvenuta l'estrazione del primo diamante?

Leggenda vuole che i primi diamanti siano stati trovati in India 8mila anni fa. Le prime documentazioni storiche, invece, fanno risalire l’inizio del commercio internazionale a circa mille anni fa, con il trasporto di pietre grezze dall'India all’Europa. I diamanti, sempre più apprezzati, erano tagliati e venduti nelle grandi città del tempo: prima Venezia e Bruges, poi Anversa e Amsterdam e infine Londra.

Con le grandi esplorazioni, nuovi giacimenti furono scoperti in Africa e Brasile, ma la vera svolta è arrivata solo nel 1870 con la scoperta di enormi depositi di diamanti vicino alla confluenza dei fiumi Vaal e Orange in Sud Africa: lo schiavista e uomo d'affari inglese Cecil Rhodes iniziò ad acquistare i crediti di piccole attività minerarie, inclusa la fattoria dei fratelli Diederik e Johannes de Beer. Da qui Rhodes fondò la società mineraria commerciale De Beers, che nel 1902 rappresentava il 90% dei diamanti grezzi del mondo e avrebbe tenuto il monopolio per quasi un secolo.
Per intenderci: questa singola compagnia definì la quantità e qualità dei diamanti che entravano nel mercato, stabilendo quali Paesi potevano produrre e quanto – chi infrangeva le regole, come provò a fare lo Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo) nel 1981, veniva distrutto sul mercato con una concorrenza imbattibile, fino al suo ritorno nell’accordo. Ancora oggi De Beers è uno dei maggiori player al mondo insieme ad ALROSA, BHP Billiton e Rio Tinto.

Immagine
Estrazione di diamanti a Kimberly, alla fine del diciannovesimo secolo.

Quali sono i maggiori Paesi produttori di diamanti

Stando ai dati riportati da Statista, i Paesi che hanno estratto più diamanti  nel 2020 sono:

  1. Russia (19 milioni di carati);
  2. Australia (12 milioni di carati);
  3. Repubblica Democratica del Congo (12 milioni di carati);
  4. Botswana (5 milioni di carati);
  5. Sudafrica (3 milioni di carati).

Questa classifica è da prendere però con le pinze: si tratta di un settore nel quale la produzione è variabile di anno in anno. Nel 2010, ad esempio, la Repubblica Democratica del Congo era al primo posto, con ben 22 milioni di carati estratti. Detto questo, la produzione globale di diamanti grezzi è da anni in calo: dopo il picco di 152 milioni di carati nel 2017, nel 2020 la produzione (stando al report annuale della Bain & Company) si è attestata sui 111 milioni di carati. I mercati più grandi restano comunque gli Stati Uniti e la Cina.

I diamanti insanguinati

Negli anni '90 l'industria dei diamanti ha dovuto affrontare una controversia sui "diamanti dei conflitti", anche detti “diamanti insanguinati”. In Paesi africani come l’Angola, la Sierra Leone, la Liberia e la Repubblica Democratica del Congo governi politicamente instabili, gruppi paramilitari e/o ribelli hanno preso il controllo delle miniere, usando i ricavi per finanziare le loro operazioni, tra cui conflitti violenti.

I media occidentali hanno posto attenzione sulle atrocità in queste zone di conflitto, cosa che ha cambiato la percezione dei diamanti nei mercati più floridi e intaccato il mercato per anni a venire. Per contrastare il fenomeno – e arginare le perdite – nel 2003 è stato istituito il Kimberley Process, un protocollo internazionale nato sotto gli auspici delle Nazioni Unite che richiede (ancora oggi) la certificazione di tutti i diamanti grezzi.

Diamanti insanguinati

Il diamante in gioielleria: come si determina il valore

Per stimare il valore e la qualità di un diamante, in gioielleria si utilizza il cosiddetto metodo delle 4C: clarity (purezza), cut (taglio), color (colore) e carat (carati, cioè peso).

Purezza

La purezza del diamante si valuta in base all’assenza di difetti o impurezze all’interno della pietra preziosa. Solitamente si utilizza un ingrandimento (10x) e si vede a quella scala quali difetti sono visibili. I “difetti” possono essere inclusioni di liquidi, gas, di altri diamanti o di altri minerali. La purezza è intaccata anche da eventuali difetti superficiali della gemma, mentre per quelli interni è importante considerarne la dimensione e il colore.
Ricordiamo che un diamante al 100% puro non esiste – la natura non è mai “perfetta” – ci saranno sempre delle impurezze, magari a scala microscopica. Per questo motivo si decide di fare osservazioni a 10x, così da avere un valore standard di riferimento.

Colore

I diamanti, a dispetto di quanto comunemente si potrebbe credere, possono avere diverse colorazioni: da gialli a rosa, da blu a arancioni, passando ovviamente per il classico “incolore”. Proprio “l’essere incolore” è il criterio che sta alla base della scala utilizzata dai gemmologi: si passa da diamanti senza colore, a diamanti poco colorati fino a diamanti molto colorati. A seconda della rarità della tinta, la gemma può acquisire o perdere valore.
Il colore si determina o paragonando la gemma con uno “standard” (solitamente zirconia cubica sintetica di vari colori) oppure con strumenti ottici automatizzati.

diamanti rosa
Esempio di diamanti rosa tagliati (credit: Royfuchs).

Taglio

Una delle caratteristiche più importanti è il taglio perché, a seconda di come viene realizzato, si possono creare effetti di luce che fanno aumentare il valore della gemma o, se fatte in modo scorretto, lo possono far scendere vertiginosamente. Il classico taglio del diamante è quello a “brillante”, cioè quello con tante facce disposte in maniera regolare. In questo caso la cosa importante è considerare il diametro e la grandezza del diamante che si andrà a tagliare, così da valutare matematicamente il numero ideale delle facce e la loro disposizione. Questo permette anche ad una pietra non pura di acquisire grande valore.

Carati

Questo valore si riferisce al peso del diamante. Un carato di diamante corrisponde a circa 0,2 g e il peso oggi viene misurato con bilance elettroniche estremamente precise. Tenete conto che, per quanto possa essere influente il peso della gemma, se questa è piena di impurezze avrà comunque un basso valore economico.

Il più grande diamante mai ritrovato è il Cullinan: estratto in Sudafrica nel 1905, pesava ben 3106 carati! La pietra è stata poi tagliata in nove pietre più piccole, alcune delle quali sono oggi parte dei gioielli della corona della famiglia reale britannica. Nell'estate del 2021 è stato trovato anche un altro grande diamante in Botswana, questa volta con un peso pari a 1098,30 carati.

Cullinan singoli diamanti
I nove diamanti ricavati a partire dal primo Cullinan (credit: Plate X).

Bibliografia
Evans, Anthony M. Ore geology and industrial minerals: an introduction. John Wiley & Sons, 2009.
Kesler, Stephen E., Adam C. Simon, and Adam F. Simon. Mineral resources, economics and the environment. Cambridge University Press, 2015.

Klein, Cornelis. "Mineralogy." (2006).
Koeberl, Christian, et al. "Diamonds from the Popigai impact structure, Russia." Geology 25.11 (1997): 967-970.
Sugano, T., et al. "Pressure and temperature region of diamond formation in systems graphite and Fe containing alloy." Diamond and related materials 5.1 (1996): 29-33.

Sono un geologo appassionato di scrittura e, in particolare, mi piace raccontare il funzionamento delle cose e tutte quelle storie assurde (ma vere) che accadono nel mondo ogni giorno. Credo che uno degli elementi chiave per creare un buon contenuto sia mescolare scienza e cultura “pop”: proprio per questo motivo amo guardare film, andare ai concerti e collezionare dischi in vinile.
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