
Il Jellyfish Lake è uno dei luoghi più insoliti di Palau: un bacino marino isolato, situato sull’isola di Eil Malk, dove vivono milioni di meduse dorate, la cui puntura è (quasi) indolore per l'uomo, anche se non hanno del tutto perso le cellule urticanti che usano per cacciare. Si tratta di un posto unico al mondo: un lago salato nel cuore della foresta, separato dal mare, ma ancora collegato a esso da minuscoli passaggi sotterranei.
Il lago è diviso in due strati nettissimi: l’acqua superficiale ossigenata, dove si concentrano meduse e plancton, e quella profonda, anossica e ricca di solfuri. In pratica, è come se il Jellyfish Lake fosse una specie di sandwich: da 0 a 15 metri l’acqua contiene ossigeno e permette alla vita di prosperare (meduse, plancton e batteri); dai 15 ai 30 metri comincia un regno completamente diverso, buio, senza ossigeno e pieno di idrogeno solforato (H₂S).
Dove si trova il Jellyfish Lake: un lago diviso in due
Siamo a Palau, nell'Oceano Pacifico Occidentale. L’isola è Eil Malk, un pezzo di calcare sollevato dal mare millenni fa. Il lago è chiuso dentro una cavità, con pareti ripide che non lasciano passare quasi niente. Dalle misure degli studi ecologici e geochimici sappiamo che il lago è lungo circa 400 – 460 metri e largo 150 – 160 metri. Con una superficie di poco più di 5,7 ettari, scende fino ai 30 metri di profondità ed è collegato al mare solo da micro-fessure e tunnel scavanti nel calcare.
L’acqua è salata, quindi non è un lago “normale”. È ciò che i ricercatori chiamano lago marino meromittico: significa che gli strati dell’acqua non si mescolano mai del tutto.
Chi ci nuota sopra non vede cosa succede sotto, ma il Jellyfish Lake è una specie di sandwich. Da 0 a 15 metri l’acqua contiene ossigeno e la vita prospera: meduse, plancton, batteri. Dai 15 ai 30 metri comincia un regno completamente diverso: buio, senza ossigeno e pieno di idrogeno solforato (H₂S).
Tra questi due mondi c’è qualcosa di affascinante: una “lasagna” batterica viola, spessa circa 2 metri, fatta soprattutto da Chromatium, batteri che fanno una fotosintesi particolare usando il solfuro invece dell’ossigeno. Nello strato superiore, invece, la vita è letteralmente esplosa: uno studio microbiologico del 1993 misura 4–8 milioni di batteri per millilitro d’acqua a 13 metri di profondità: valori altissimi rispetto alle barriere circostanti. Dal fondo del lago sappiamo che i sedimenti contengono circa il 46% di materia organica e che i processi di degradazione sono lenti. Tutto questo sistema è così stabile e delicato che persino un’immersione con bombole potrebbe sconvolgerlo. E per questo è vietata.
Le meduse dorate di Palau
Le meduse del Jellyfish Lake appartengono alla sottospecie Mastigias papua etpisoni e ospitano delle alghe microscopiche, le zooxantelle, che fanno fotosintesi. Sono parenti strette di quelle della laguna esterna, ma questa popolazione si è adattata completamente al lago. Uno studio del 2018 ha fatto una delle misurazioni più complete usando le reti: si stimano 7,1 ± 1,4 milioni di meduse totali; se si escludono quelle minuscole (campana <1 cm), il numero scende a 2,6 ± 0,5 milioni. Inoltre è stata calcolata una stima utilizzando anche unrobot, chiamato REMUS, il quale ha un sonar che emette impulsi sonori verso l’alto; Quando questi segnali incontrano oggetti nella colonna d’acqua (in questo caso meduse), una parte dell’onda rimbalza indietro e viene registrata; Le meduse, essendo tante e gelatinose, creano un segnale riconoscibile, e tramite questo è stato stimato che potrebbero essere circa 2,8 milioni.

Tra 6 e 7 metri di profondità si raggiunge la massima densità, poiché luce e temperatura sono più favorevoli alle alghe che vivono nei tessuti delle meduse. Infatti, oltre a nutrirsi di piccole prede chiamate copepodi, fanno molto affidamento sulla fotosintesi delle zooxantelle che ospitano. Per questo ogni giorno compiono una migrazione orizzontale di circa 1 km per inseguire la luce del sole. Di notte, invece, si muovono verticalmente fino alla chemoclina (il limite dello strato di transizione dei vari strati del lago) per “prendere” azoto, che alle alghe serve per crescere.
Un sistema perfetto, finché il clima non si rompe: durante il fenomeno climatico de El Niño tra il 1997 e il 1998, la popolazione di meduse è crollata quasi a zero, mentre i polipi (che nella vita di una medusa rappresentano la fase bentonica, cioè attaccati a rocce e sedimenti sul fondo del lago o del mare) sono sopravvissuti, permettendo alle meduse di ripopolare il lago.
Le meduse pungono o no? Un equivoco da chiarire
La versione turistica dice: “sono meduse che non pungono”, ma la realtà scientifica è più sfumata. Queste meduse usano ancora cellule urticanti per catturare zooplancton, soprattutto copepodi. Di fatto, le nematocisti ci sono ancora e funzionano, ma è improbabile che si senta qualcosa, poiché la puntura è molto lieve ed essenzialmente innocua per gli esseri umani. Quindi si percepisce l’esperienza come “meduse che non pungono”, anche se dal punto di vista biologico l’apparato urticante non è scomparso.

Il confronto con Kakaban, dove il pungiglione si perde davvero
Il paragone più utile viene dal lago di Kakaban, in Indonesia, dove vive un’altra popolazione di Mastigias papua. Uno studio del 2021 ha confrontato meduse del lago Kakaban con meduse marine e ha trovato qualcosa di netto: nel mare ci sono tre tipi di nematocisti, nel lago, invece, solo un tipo, più piccolo e molto ridotto. Inoltre, nel lago le meduse hanno tentacoli corti e pochissime cellule pungenti e il contatto con l’uomo non provoca sintomi. È la prova diretta che in un ambiente chiuso, senza predatori, le meduse possono davvero perdere la capacità di pungere.