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18 Maggio 2023
12:30

Estinzione di massa del Capitaniano, nuovo studio ne scopre le cause studiando il fondale oceanico

Un nuovo studio dei sedimenti oceanici rivela le cause dell'estinzione del Capitaniano, avvenuta 260 milioni di anni fa. Anche se meno conosciuta delle altre estinzioni di massa, è altrettanto importante. Vediamo perché.

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Estinzione di massa del Capitaniano, nuovo studio ne scopre le cause studiando il fondale oceanico
estinzione capitaniano

Quando pensiamo alle estinzioni avvenute nel passato, la prima che ci viene in mente è quella dei dinosauri, risalente a 65 milioni di anni fa, alla fine dell’era chiamata Mesozoico. Questa, però, è solo l’ultima delle grandi estinzioni di massa che hanno segnato la storia della Terra. Le più note sono cinque, ma ne è stata individuata un’altra, nel corso della quale sono scomparsi anche molti grandi rettili. È l’estinzione di massa del Capitaniano, avvenuta circa 260 milioni di anni fa verso la metà del periodo Permiano (l’ultimo dell’era paleozoica). È nota da decenni, ma solo ora un gruppo di ricercatori cinesi, studiando i sedimenti oceanici, è riuscito a fare maggiore chiarezza su come è avvenuta e sulle sue cause.

Gli studi sull’estinzione del Capitaniano

L’estinzione del Capitaniano ha interessato soprattutto organismi marini come i foraminiferi, i coralli, i bivalvi e le ammoniti. A farne le spese, però, sono stati anche i vertebrati terrestri, come alcuni grandi rettili: un esempio è il Titanophoneus, o “assassino titanico”, il cui cranio poteva raggiungere la lunghezza di un metro.

Le prime tracce dell’estinzione del Capitaniano erano state trovate circa trent’anni fa a latitudini equatoriali, studiando i fossili contenuti nelle rocce risalenti a quell’intervallo di tempo. In seguito, nel 2015, in Norvegia rocce della stessa età di quelle equatoriali hanno confermato la scoperta: gli strati di età precedente a quella dell’estinzione contenevano molti fossili di invertebrati marini, mentre negli strati più recenti di poche migliaia di anni i fossili erano diminuiti drasticamente.

Ora i ricercatori della China University of Geosciences sono riusciti a ricostruire l’accaduto con maggiore precisione, come spiegano nello studio pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters. L’estinzione non sarebbe avvenuta in un singolo evento ma in due eventi distanti circa 3 milioni di anni (il primo 262 milioni di anni fa e il secondo 259 milioni di anni fa).

resti capitaniano
Credit: OlegTarabanov, CC BY–SA 3.0, via Wikimedia Commons

Le tracce di una doppia estinzione

I ricercatori hanno individuato la doppia estinzione studiando i sedimenti depositati durante il Capitaniano sul fondo del mar Cinese Meridionale. In particolare, hanno analizzato le concentrazioni di uranio nei sedimenti di carbonato di calcio, che riflettono quelle presenti nelle acque marine quando sono stati deposti. Nei sedimenti risalenti a 262 milioni di anni fa e a 259 milioni di anni fa le concentrazioni di uranio sono più basse. Che cosa significa?

Una diminuzione della concentrazione di uranio nelle acque marine corrisponde a una minore presenza di ossigeno al loro interno. Quando manca l’ossigeno nelle acque oceaniche significa che la loro temperatura in superficie è più elevata del normale e che è in atto un riscaldamento globale. Le acque superficiali si riscaldano più rapidamente di quelle profonde, di conseguenza sono meno dense e "galleggiano" senza mescolarsi con le acque fredde sottostanti, che così ricevono poco ossigeno disciolto dalla superficie. Questo fenomeno prende il nome di deossigenazione e può causare la morte degli organismi marini.

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Carote di sedimenti oceanici. Credit: Hannes Grobe, CC BY–SA 3.0, via Wikimedia Commons

La causa dell’estinzione di massa

Che cosa c’è quindi alla base dei due episodi di riscaldamento globale avvenuti nel corso del Capitaniano? I ricercatori affermano che la causa di entrambi sono massicce eruzioni vulcaniche, avvenute nella Cina sudoccidentale. Un indizio delle eruzioni avvenute nel passato è il mercurio che rilasciano in atmosfera e che finisce per depositarsi nei sedimenti marini.

Le eruzioni del Capitaniano avrebbero emesso un’enorme quantità di ceneri. Le loro particelle, riflettendo la radiazione solare, avrebbero determinato un abbassamento delle temperature per un breve periodo. Le eruzioni vulcaniche, però, oltre alle ceneri emettono una grande quantità di gas serra. Quindi, al breve raffreddamento sarebbero seguiti periodi molto più lunghi di riscaldamento globale, deleteri per la sopravvivenza degli organismi.

Lo studio di questa estinzione non è fine a se stesso: comprenderne il meccanismo permette di prevedere che cosa potrebbe avvenire nei nostri oceani a causa dell’attuale riscaldamento globale. Il coautore del nuovo studio, Thomas Algeo, ha dichiarato: “Stiamo studiando la crisi biologica del Permiano medio, ma un riscaldamento simile si sta verificando oggi a causa dell'uomo. Gli esseri umani stanno imitando gli effetti delle eruzioni vulcaniche come conseguenza del rilascio di carbonio nell’atmosfera”.

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