Il vento rappresenta un fenomeno meteorologico che – almeno in Italia – dà vita piuttosto raramente a eventi estremi, ma lo stesso non si può dire per altre aree del mondo.
Una misura del grado di intensità del vento e dei possibili danni originati risulta fondamentale per comprenderne a pieno i rischi che si possono correre e prendere tutte le precauzioni del caso. La letteratura tecnica propone una scala di misura – la scala Fujita – che, similmente a quanto fa la scala Mercalli (MCS) nel caso dei terremoti, classifica l'importanza delle azioni eoliche in funzione dei danni che queste provocano su ciò che ci circonda.
La creazione della scala
Il ricercatore Thtsuya Theodore Fujita, nel 1971, realizzò un abaco per misurare l'importanza di un fenomeno eolico in relazione ai danni che questo potenzialmente produce. La costruzione dell'abaco fu il frutto di svariati anni di osservazione dell'effetto di venti di varia intensità, in particolare di tornado. Lo scienziato riuscì a correlare ad un dato intervallo di velocità del vento una serie di danni tipologici osservabili su strutture artificiali (ad esempio, edifici) e sulla vegetazione in generale (in particolare, alberi).
Lo strumento creato ha una forte similitudine con l'approccio utilizzato da Mercalli, che nei primi anni del ‘900 creò una scala di misura dell'intensità di un terremoto in relazione ai danni osservati dopo l'evento sismico.
La scala di Fujita
Anche nel caso della scala di Fujita, esiste una suddivisione degli effetti eolici in categorie, nella fattispecie 6, da F0 a F5. Ad ogni categoria è associato un range di velocità del vento e un conseguente danno potenziale atteso:
- F0, tra 64 e 116 km/h, per cui si attende un danno leggero, al limite confinato alla caduta di rami o cartelli stradali.
- F1, tra 117 e 180 km/h, per cui si attende un danno moderato, che può coinvolgere danneggiamento tegole, ovvero mandare auto fuori strada.
- F2, tra 181 e 253 km/h, per cui si attende un danno considerevole, sradicamento di alberi, sollevamento di auto da terra o ribaltamento di treni.
- F3, tra 254e 332 km/h, per cui si attende un danno grave, addirittura a cui si associano abbattimento di muri di case in mattoni.
- F4, tra 333 e 419 km/h, per cui si attende un danno devastante, c0n distruzione totale di case in mattoni o spostamento di intere strutture con deboli fondazioni.
- F5, tra 420 e 512 km/h, per cui si attende un danno incredibile, disintegrazione di case e oggetti di importante peso scaraventati ad elevate distanze e velocità.
Al di sopra di queste velocità, come è possibile immaginare, non si hanno informazioni relative agli effetti. In linea teorica, la scala di Fujita si estende fino a valori di velocità pari a quella del suono, mediante una suddivisione teorica da F6 a F12. Tuttavia, queste ultime categorie sono di fatto accorpate in una sola. Infatti, 500 km/h rappresenta una velocità limite per la classificazione di questi fenomeni meteorologici.
L'incremento dei dati sopraggiunti da osservazioni dirette di eventi metereologici avversi, verificatisi nel tempo, ha portato ad un miglioramento delle capacità predittive della scala di Fujita. Pertanto, la stessa è stata successivamente migliorata per considerare, tra le varie fasce di discretizzazione, dei range di velocità che fossero più realistici rispetto ai dati osservati. Il risultato è la Enhanced Fujita Scale (EF). Anche in questo caso, si conservano le 6 categorie prima descritte, ma con intervalli di velocità del vento differenti, come è possibile leggere dalla figura seguente.
Perché il vento può creare danni?
Ma come si genera il vento? Come sappiamo, l'atmosfera terrestre è composta da aria, che ha ovviamente una sua massa. Le radiazioni del Sole generano variazioni di temperatura e pressione di queste masse di aria. Ci saranno quindi, in generale, zone a maggiore pressione di altre. Questa differenza di pressione tra le varie zone è la causa dell'innesco del movimento dell'aria nell'atmosfera, appunto da zone ad alta pressione a zone a bassa pressione. Dal movimento della massa di aria che consegue a questa variazione di pressione, quello che noi esseri umani percepiamo come diretto effetto (su di noi o su quello che ci circonda) viene chiamato Vento.
Per capire immediatamente quale sia l'azione che il vento esercita, ad esempio, sulle costruzioni, possiamo immaginare la massa di aria in movimento come un oggetto che, spostandosi, urta un altro oggetto. L'interazione che avviene tra i due oggetti genera delle forze che, per l'appunto, i due oggetti si scambiano. Quindi, quando c'è vento la massa di aria si sposta e urta tutto quello che ha intorno, generando delle pressioni (cioè delle forze per unità di superficie investita) in tutti questi punti, che sono per l'appunto le azioni del vento sulle strutture.
In realtà, il problema è leggermente più complicato, in quanto le pressioni che la massa di aria esercita sul sistema variano nel tempo e questo genera sempre una risposta dinamica degli oggetti che sono coinvolti. Vuol dire sostanzialmente che si cominciano a verificare delle oscillazioni, che a loro volta modificano il flusso di aria in gioco, generando quella che va sotto il nome di interazione fluido-struttura. In alcuni casi, le oscillazioni prodotte dalle correnti di aria possono amplificarsi in maniera significativa quando si sviluppano fenomeni di risonanza: è famoso, ad esempio, il caso del Ponte di Tacoma.