Si sente sempre più spesso parlare di disastri naturali e, spesso, il costo per riparare i loro danni è estremamente alto. Nel solo 2021 secondo l’Emergency Event Database (EM-DAT) del Centre for Research on the Epidemiology of Disasters (CRED), un’organizzazione no-profit che raccoglie dati sulle calamità naturali a partire dal 1900, i disastri naturali hanno provocato un totale di quasi 2.300.000 vittime. Infatti, come si vede dall'immagine sottostante, nell'anno 2021 si sono verificati 432 disastri che hanno causato oltre 10 mila vittime e danni per 252 miliardi di dollari.
Anche se questi numeri rappresentano meno dell’1% sia della popolazione che del PIL mondiale per quell’anno, hanno effetti indiretti devastanti.
Quali sono i fenomeni naturali che fanno più danni?
Fenomeni idrogeologici come alluvioni e frane sono i disastri naturali che storicamente fanno più danni poiché sono frequenti a livello temporale e interessano spesso zone molto estese. Pensate che il continente asiatico – a causa della sua estensione, topografia, geologia, clima e densità abitativa – è stato colpito da disastri di questo tipo circa 3 volte di più rispetto all'Africa se consideriamo il periodo 2000-2019 (dati UNDRR).
Quali danni può causare un disastro naturale?
L’impatto di un disastro naturale non si limita alle sole perdite economiche ed umane: i suoi effetti possono essere più duraturi e difficili da quantificare e comprendono disoccupazione a causa della perdita di turismo, interruzione dei collegamenti stradali ed aerei, peggioramento delle condizioni di salute per l’inquinamento di una falda acquifera e migrazione climatica a causa di siccità.
L'aumento dei danni economici
Prevedere – o almeno mitigare – i disastri ha un'importanza strategica per il progresso e il benessere della nostra società, considerando anche che i danni derivanti dai disastri stanno continuando a crescere nel tempo e potrebbero crescere ancora a causa del cambiamento climatico, della crescita del PIL mondiale e della popolazione, ossia il livello di esposizione delle persone – come confermato anche da un recente report firmato IPCC.
Questi parametri hanno un effetto maggiore nella crescita dei danni legati al cambiamento climatico. Rispetto al secolo scorso, la crescita della popolazione mondiale con il conseguente popolamento di zone a rischio fa sì che oggi più persone siano esposte a pericoli ambientali (specialmente in zone sovrappopolate dell'Asia e dell'Africa), incrementando così la possibilità che un fenomeno naturale interagisca con abitanti ed infrastrutture.
A questo va poi aggiunto un altro problema: chi vive in aree povere è tendenzialmente sottoposto a un maggior rischio rispetto a chi vive in una zona economicamente più sviluppata.
La riduzione delle vittime
Se da una parte aumenta il danno economico, dall'altra sta progressivamente diminuendo il numero di vittime: nel decennio del '20 morivano più di 500.000 persone a causa di disastri naturali, mentre un secolo dopo questo numero si è ridotto a circa 12 mila.
Cosa si può fare per ridurre il rischio?
Considerando il rischio come prodotto di pericolosità, esposizione e vulnerabilità, la soluzione economicamente più conveniente e tecnologicamente fattibile è ridurre la vulnerabilità – ossia la propensione di strutture o persone a subire danni a causa, nel nostro caso, di un evento naturale o ambientale.
Utilizzando le disposizioni delle Nazioni Unite, possiamo raggruppare le soluzioni di mitigazione del rischio in due grandi gruppi: strutturali e non-strutturali. Le misure strutturali includono la realizzazione di opere per controllare i processi, quali ad esempio muri per contrastare fenomeni franosi, opere idrauliche (briglie e casse di espansione) per evitare alluvioni oppure edifici correttamente progettati in aree sismiche. Le misure non strutturali sono generalmente a costo basso se non nullo ma potrebbero richiedere più tempo [qua la frase si troncava, immagino volessi dire "tempo"?]. Queste misure includono la pianificazione territoriale, ossia la restrizione nell’utilizzo di aree ad elevata pericolosità, oppure il supporto di norme di comportamento da seguire durante un disastro.