Dopo il disastro nucleare avvenuto a Chernobyl, in Ucraina, il 26 aprile 1986, la zona di esclusione circostante (CEZ) venne abbandonata dalla quasi totalità dei suoi abitanti. Lo stesso non accadde per gli animali selvatici, che col tempo riuscirono a occupare un territorio fino ad allora destinato alle attività umane. Le popolazioni di lupi (Canis lupus) nell’area di Chernobyl, infatti, sono aumentate negli ultimi 30 anni e oggi sembra che questi animali abbiano sviluppato una resistenza importante alle radiazioni e, di conseguenza, al rischio di cancro. Ad affermarlo è una ricerca, non ancora pubblicata in uno studio, condotta dalla biologa evoluzionistica Cara Love dell'Università di Princeton.
I risultati della ricerca
A presentare i sorprendenti risultati della ricerca, non ancora pubblicata in uno studio, è stata Cara Love, esperta di biologia evoluzionistica ed ecotossicologia dell’Università di Princeton, negli Stati Uniti. A partire dal 2014, il team guidato dalla scienziata ha condotto numerose analisi su campioni di sangue prelevati ai lupi che abitano la Zona di esclusione (CEZ), cioè quell’area di circa 2600 km² istituita dopo il disastro nella zona più interessata dalle radiazioni, e dove, ancora oggi, l’accesso pubblico è soggetto a limitazioni. Non solo. Per completare le ricerche, gli spostamenti dei lupi sono stati monitorati attraverso l’impiego di radiocollari.
Questi monitoraggi e analisi hanno dimostrato che gli esemplari di lupo grigio che abitano la CEZ sono esposti a 11,28 millirem (o 0,1128 mSv) di radiazioni ogni giorno e per tutta la vita. Si tratta di una quantità molto elevata, corrispondente a circa sei volte il limite legale stabilito per le persone che lavorano in ambienti in cui sussiste un rischio da radiazioni.
Le mutazioni genetiche proteggono i lupi dal cancro
In seguito alle scoperte, i ricercatori hanno analizzato approfonditamente il DNA dei lupi che vivono a Chernobyl (attraverso un processo chiamato sequenziamento) e identificato alcune regioni specifiche del genoma, che sembrano essere responsabili della resistenza alle radiazioni e che rendono i lupi più resilienti rispetto all’aumento del rischio di cancro.
Oltre questo, i ricercatori hanno notato che i lupi di Chernobyl mostrano un sistema immunitario alterato, simile a quello che i pazienti oncologici possono manifestare in seguito alla radioterapia. Le stesse scoperte sono state fatte sui cani inselvatichiti che vivono nell’area di Chernobyl, tanto che uno studio pubblicato nel 2023 li ha dichiarati geneticamente diversi da tutti gli altri cani.
Questa ricerca, presentata dal team di Cara Love a gennaio 2024, potrebbe avere possibili implicazioni anche sulla salute umana e conseguenze nello studio della prevenzione e del rischio di cancro.