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L’Iceberg A23a, grande oltre il doppio di Londra, ha interrotto il suo viaggio alla deriva partito dall'Antartide 39 anni fa, arenandosi su una piattaforma sottomarina a circa 80 km dalle coste della Georgia del Sud. Questo è l’ultimo comunicato del British Antartic Surveey (BAS), l’ente di ricerca britannico specializzato nel monitoraggio del continente antartico, dei suoi ghiacciai e ecosistemi. Nonostante le iniziali preoccupazioni per la biodiversità locale, attualmente la posizione dell’iceberg è stabile e non sembra ostacolare le rotte di approvvigionamento della fauna dell’isola, che ospita foche, pinguini e uccelli marini.
Restano da verificare gli effetti a lungo termine. Con il progressivo scioglimento, A23a potrebbe frammentarsi in iceberg più piccoli, pericolosi per la navigazione, e rilasciare nell’oceano grandi quantità di nutrienti, con conseguenze ancora da valutare sugli equilibri dell’ecosistema. Il monitoraggio di A23a è cruciale anche per comprendere meglio l’impatto degli iceberg alla deriva. Con l’innalzamento delle temperature in Antartide, il distacco di altri giganteschi blocchi di ghiaccio potrebbe diventare sempre più frequente, ponendo nuove sfide sia per la biodiversità marina che per la sicurezza delle rotte commerciali.
L’impatto dell’iceberg A23a sulla fauna della Georgia del Sud
L’ avvicinamento dell’iceberg A23a alle coste della Georgia del Sud ha acceso l’allarme per la fauna selvatica dell’isola, che ospita una delle più ricche biodiversità marine del pianeta, fornendo rifugio a vaste colonie di pinguini (dai reali ai macaroni e gentoo), foche ed elefanti marini, oltre ad ospitare albatros e numerosi uccelli marini che nidificano sulle sue scogliere.

Gli scienziati temevano che il gigantesco iceberg potesse bloccare l’accesso alle principali vie di approvvigionamento della fauna locale, così come accaduto nel 2004 nel Mare di Ross, quando l’iceberg A38-B aveva causato una drastica riduzione del numero di pinguini e foche locali. Considerando le dimensioni imponenti di A23a, in questo caso si temeva un impatto ancora più devastante, ma il blocco dell’iceberg a circa 80 km dalla costa sembra aver scongiurato il peggio, evitando la distruzione diretta degli habitat più vicini alle coste, dove gli gli animali sono soliti nutrirsi.
Il reale impatto sugli ecosistemi locali, tuttavia, potrà essere valutato solo nel prossimo futuro. Come tutti gli iceberg, il destino di A23a è di sciogliersi lentamente, rilasciando grandi quantità di nutrienti nell’oceano. Questo evento potrebbe stimolare la crescita del fitoplancton, alla base della catena alimentare marina, aumentando la disponibilità di cibo per molte specie – inclusi i pinguini e le foche che abitano l’isola – che potrebbero beneficiare dell'arrivo del colosso di ghiaccio. Tuttavia, si teme che un cambiamento così drastico nella composizione delle acque potrebbe favorire alcune specie al posto di altre, destabilizzare l’intero ecosistema marino, con effetti ancora difficili da prevedere.
Le conseguenze dello scioglimento di A23a sulla navigazione
Il principale pericolo, al momento, riguarda la navigazione. Attualmente, l’iceberg mantiene la sua struttura ed è così imponente che le imbarcazioni possono facilmente evitarlo. Tuttavia, come accaduto con altri iceberg negli ultimi decenni, l’erosione del mare e l’aumento delle temperature frammenteranno le pareti di ghiaccio progressivamente, dando origine a blocchi di ghiaccio più piccoli e difficili da individuare. Questi mini-iceberg potrebbero rappresentare una seria minaccia per la navigazione e le attività di pesca, rendendo alcune rotte marittime e porti locali inaccessibili alle imbarcazioni.
Il viaggio dell’iceberg A23a dall’Antartide fino alla Georgia del sud
L’iceberg, una montagna di ghiaccio di circa 3.200 km² (circa il doppio della superficie di Londra), ha raggiunto le coste della Georgia del Sud dopo un lungo viaggio durato 39 anni.

Era infatti il 1986 quando la grossa massa di ghiaccio (che allora misurava 3.900 km²) si staccava dalla piattaforma glaciale Filchner-Ronne in Antartide, cominciando a spostarsi alla deriva, cioè lasciandosi trasportare dalle correnti marine, dirette verso nord.
Il suo viaggio è stato tutt’altro che lineare. Per oltre 30 anni è rimasto incagliato nei fondali del Mare di Weddell, riprendendo la deriva solo nel 2020. Poco dopo, però, il suo cammino verso nord è stato rallentato nuovamente da una colonna di Taylor, una corrente oceanica circolare causata dalla presenza di catene montuose sottomarine. Solo alla fine del 2023, l’iceberg ha ripreso il suo movimento, avvicinandosi alle isole della Georgia del Sud con una velocità di 30 km al giorno, fino a incagliarsi su una piattaforma sottomarina a 80 km dalla costa.

Le cause del suo distacco restano ancora oggetto di dibattito: mentre alcuni scienziati ritengono che si tratti di un fenomeno naturale, legato al normale ciclo di crescita e frattura delle piattaforma glaciali, altri ipotizzano che il cambiamento climatico, innescato dalle emissioni di combustibili fossili, abbia accelerato il processo.