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23 Gennaio 2023
7:30

Il ruolo del petrolio: ecco come l’“oro nero” ha modellato la nostra società ed economia

La storia dell’industria petrolifera dall’inizio del Novecento a oggi, tra compagnie petrolifere, Paesi esportatori e interessi dei governi occidentali.

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Il ruolo del petrolio: ecco come l’“oro nero” ha modellato la nostra società ed economia
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Nel corso del Novecento il petrolio è diventato una delle principali risorse e fonti di energia utilizzate dagli esseri umani. Il suo uso su larga scala è uno dei fattori che hanno consentito la crescita socio-economica di molti Paesi del mondo e hanno migliorato il tenore di vita di milioni di cittadini. Allo stesso tempo, però, l'uso del petrolio è anche una delle cause di numerosi problemi ambientali e ha creato seri scontri geopolitici.

Il mercato del petrolio, infatti, condiziona l’andamento di tutta l’economia perché, essendo anche alla base del sistema dei trasporti, influenza i prezzi di ogni tipo di merce. Il controllo del mercato di questo bene è stato conteso per decenni e continua ad esserlo in una competizione tra compagnie private, Paesi detentori delle riserve e quelli che più consumano la risorsa. Vediamo in sintesi come l’“oro nero” ha assunto un ruolo tanto importante nella politica e nell’economia.

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L’espansione del mercato petrolifero all’inizio del Novecento

La storia del petrolio e dei suoi usi è millenaria. Il petrolio ha iniziato a essere usato in misura significativa nella seconda metà dell’Ottocento, ma la sua domanda ha iniziato a crescere soprattutto dall’inizio del secolo successivo, a causa dai progressi tecnologici e, in particolare, dell’evoluzione dei sistemi di trasporto, con la progressiva diffusione dei mezzi terrestri dotati di motore a combustione interna. Inoltre, la Prima Guerra Mondiale dimostrò che l’oro nero poteva essere utile in ambito bellico, perché alimentava le nuove armi, come i carri armati e gli aerei. In ambito marittimo, ad esempio, le navi alimentate a petrolio si rivelarono più efficienti di quelle a carbone, prendendone gradualmente il posto.

Un carro armato della Prima guerra mondiale
Un carro armato della Prima guerra mondiale

Tra le due guerre: lo strapotere delle grandi compagnie

Nei primi decenni del Novecento i principali Paesi produttori erano gli Stati Uniti e la Russia (diventata Unione Sovietica in seguito alla rivoluzione del 1917). Tuttavia iniziarono a essere sfruttati anche i giacimenti situati in altre parti del mondo, come l’Indonesia, il Canada e alcuni Paesi latinoamericani (Messico, Venezuela, Perù, Brasile e altri). L’area destinata ad affermarsi come territorio petrolifero per eccellenza divenne poi il Medio Oriente, che dopo la Prima Guerra Mondiale diventò oggetto delle attenzioni delle aziende e dei governi di vari Paesi, in primis Regno Unito e Francia, ai quali si aggiunsero gli Stati Uniti. Gli occhi dell’Occidente furono puntati soprattutto su Persia (oggi Iran), Iraq e Arabia Saudita.

Accordi Sykes Picot- spartizione anglofrancese del medioriente (credit Ian Pitchford)
Accordi Sykes Picot del 1916. La spartizione anglofrancese del medioriente (credit Ian Pitchford)

In quasi tutto il mondo il mercato del petrolio era dominato dalle compagnie private dei Paesi occidentali, che si occupavano dell’estrazione, della raffinazione e della vendita della risorsa, in genere godendo dell’appoggio dei rispettivi governi. Tra le compagnie più importanti vi erano quelle nate negli Stati Uniti in seguito allo smembramento della Standard Oil, avvenuto nel 1911 per la legislazione antitrust americana, e alcune aziende europee, come l’inglese Anglo-Persian Oil Company (oggi British Petroleum) e la anglo-olandese Royal Dutch Shell.

Campo petrolifero in California, 1938
Campo petrolifero in California, 1938

Le compagnie stringevano accordi con i Paesi detentori delle riserve, che all’epoca erano privi delle competenze e delle tecnologie per gestire autonomamente i pozzi, e si garantivano il diritto di estrarre il petrolio in cambio di royalties piuttosto basse. Nel 1928 le compagnie più potenti trovarono un accordo per gestire i giacimenti, formando un cartello che controllava il mercato a livello globale.

Il secondo dopoguerra: dal fifty-fifty all’Opec

Il petrolio ebbe un ruolo importante nella Seconda Guerra Mondiale che, come sappiamo, fu una guerra di movimento, basata sulla mobilità e sull’impiego di aerei e carri armati su larga scala. Dopo la guerra, l’importanza dell’“oro nero” aumentò ulteriormente, soprattutto grazie alla crescita della mobilità di uomini e merci e alla motorizzazione di massa, nonché, in misura minore, per altri fattori, come la diffusione delle materie plastiche.

Il mercato era dominato ancora dalle compagnie private, le più importanti delle quali furono soprannominate “le sette sorelle”: Standard Oil of New Jersey, Standard Oil of New York, Standard Oil of California, Texaco, Gulf Oil (tutte con base negli Stati Uniti), Anglo-Persian e Shell.

sette sorelle petrolio

Tuttavia i Paesi detentori dei giacimenti iniziarono a prendere coscienza del peso che il petrolio poteva avere nelle relazioni internazionali e gradualmente riuscirono a limitare lo strapotere delle compagnie. Nel 1950 si affermò il principio, già sperimentato in Venezuela nel 1943, secondo il quale i profitti del petrolio dovevano essere divisi alla pari (fifty-fifty) tra le compagnie e gli Stati.

Un’altra innovazione significativa venne dalla Persia, che nel 1951 decise di ritirare tutte le concessioni e nazionalizzare il suo petrolio (in precedenza l’unica nazionalizzazione significativa era stata quella del Messico nel 1938).

Raffineria iraniana dopo la nazionalizzazione
Raffineria iraniana dopo la nazionalizzazione

La vicenda ebbe un forte impatto sulla consapevolezza dei Paesi che detenevano i giacimenti, cinque dei quali (Venezuela, Iran, Iraq, Kuwait e Arabia Saudita) nel 1960 fondarono l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec). Lo scopo era coordinare le azioni per contrastare le sette sorelle. Altri Stati si sarebbero aggiunti negli anni successivi, tanto che oggi l’Opec è composta da 14 membri.

Il petrolio italiano e l’Eni di Enrico Mattei

Anche il nostro Paese cercò di ritagliarsi un ruolo nel mercato dell’“oro nero”, soprattutto grazie all’attivismo di un dirigente dell’Agenzia italiana petroli (Agip), Enrico Mattei. Per prima cosa Mattei iniziò a sfruttare i piccoli giacimenti italiani, come quello scoperto nel 1949 a Cortemaggiore (Piacenza). Nel 1953, inoltre, fondò l’Ente nazionale idrocarburi (Eni) e cercò di entrare nel mercato internazionale e sfidare lo strapotere delle sette sorelle, offrendo condizioni più vantaggiose ai Paesi detentori delle riserve. Il tentativo era molto promettente, ma nel 1962 il dirigente perse la vita in un incidente aereo. A lungo si è dibattuto sulla possibilità che l’incidente sia stato provocato intenzionalmente, ma non è mai stato possibile appurare la verità.

L'aereo di Mattei
L’aereo di Mattei

Anni ’70: crisi petrolifere e nazionalizzazioni

Negli anni ’70 i Paesi detentori delle riserve assunsero un ruolo più significativo nel mercato del petrolio. Nel 1973 ebbe luogo il primo “shock petrolifero”: i Paesi mediorientali sospesero le esportazioni verso l’Occidente, come reazione alla guerra arabo-israeliana del Kippur, e il prezzo aumentò rapidamente, provocando serie difficoltà economiche. Le conseguenze furono pesanti anche sul piano psicologico: i cittadini scoprirono che l’approvvigionamento di petrolio era vitale per il loro tenore di vita e la stampa iniziò a riservare attenzione al problema, che da allora è diventato un tema centrale del discorso pubblico.

Milano. Le domeniche a piedi per far fronte alla crisi energetica
Milano 1973. Le domeniche senza auto per far fronte alla crisi energetica

Inoltre, nel corso del decennio tutti i principali Paesi esportatori nazionalizzarono le loro riserve: le compagnie non avevano più diritto di estrarre il petrolio, ma lo potevano solo acquistare dai Paesi produttori. Il cambiamento rispetto al passato era netto.

Sviluppi recenti

In questa nuova situazione, per l’Occidente divenne ancora più importante disporre di governi amici nei Paesi con le riserve più consistenti. La questione riguardava in particolar modo gli Stati Uniti i quali, pur disponendo di ingenti giacimenti propri, erano (e sono) i maggiori consumatori al mondo di “oro nero”. Il petrolio, di conseguenza, ha determinato ingerenze in molti Paesi.

Incendi di pozzi petroliferi nel 1991 durante la prima guerra del golfo
Incendi di pozzi petroliferi nel 1991 durante la prima guerra del golfo

Negli ultimi anni il mercato è di nuovo cambiato grazie allo sviluppo di una nuova tecnologia, quella del fracking, che consente di estrarre combustibili fossili da depositi argillosi. Gli Stati Uniti, facendo ampio uso della nuova tecnologia, sono tornati a essere il principale produttore mondiale di "oro nero" e riescono a coprire l’intero fabbisogno nazionale con le estrazioni effettuate nel Paese.

Il mercato, però, resta instabile. Oggi infatti la preoccupazione maggiore è legata alla Russia, che continua a essere uno dei maggiori produttori mondiali. L’andamento altalenante delle relazioni con Mosca influenzerà a lungo il mercato del petrolio.

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