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Il satellite Biomass dell'ESA (Agenzia Spaziale Europea) è stato lanciato dalla base europea di Kourou, nella Guyana Francese. Il decollo del razzo Vega-C con a bordo il satellite è avvenuto alle 11:15 italiane ed è stato seguito in diretta dal Centro Europeo per le Operazioni Spaziali dell'ESA di Darmstadt, in Germania. La separazione e il posizionamento in orbita del satellite Biomass sono avvenute intorno alle 12:13 mentre l'acquisizione del segnale alle 12:27.
Biomass è un satellite per l’osservazione della Terra dell’Agenzia Spaziale Europea appartenente al programma delle missioni scientifiche “Earth Explorers”. L’obiettivo di Biomass sarà determinare la distribuzione globale della biomassa delle foreste e i suoi cambiamenti, riducendo l'incertezza sulle riserve di carbonio immagazzinate nella biosfera terrestre. Studiare questi ecosistemi è cruciale in quanto le foreste sono i “polmoni verdi della Terra” e ogni anno assorbono circa 8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica dall'atmosfera. Allo stesso tempo, processi quali deforestazione e degradazione delle foreste, specialmente nelle regioni tropicali, causano il rilascio del carbonio immagazzinato nelle foreste il quale torna nell’atmosfera. Quantificare questo ciclo globale è di fondamentale importanza per capire come i cambiamenti subiti dalle foreste abbiano un impatto sul clima terrestre.
In occasione del lancio del satellite Biomass abbiamo intervistato Simonetta Cheli, Direttrice dei Programmi di Osservazione della Terra e responsabile dell'ESRIN, il centro ESA a Frascati, nel Lazio.
Quale tecnologia permette al satellite di monitorare la biomassa?
Biomass sarà il primo satellite a servirsi di uno strumento radar ad apertura sintetica (SAR) che opera in banda P. Tecnicamente, il segnale prodotto dall’antenna avrà una lunghezza d’onda di circa 70 cm che si distingue dai sistemi radar che sono già attivi nell’ambito dei satelliti per l’osservazione della Terra. Questa caratteristica consentirà di penetrare la chioma delle foreste e misurarne informazioni specifiche come l’altezza e la struttura, la quantità di carbonio immagazzinato e le sue variazioni nel tempo. I nuovi dati raccolti da Biomass ridurranno le incertezze riguardanti la conoscenza delle riserve di carbonio e i flussi causati per esempio da cambiamenti degli usi del suolo, dalla degradazione delle foreste o dalla loro ricrescita.

Quanto durerà la missione Biomass e quanto ci è voluto per metterla in piedi?
La vita pianificata per la missione è di 5 anni durante i quali si alterneranno due fasi operative:
- quella tomografica, la quale rappresenta un’ulteriore innovazione per i sistemi spaziali di osservazione della Terra. Questa fase sarà utile alla produzione di mappe tridimensionali delle foreste.
- quella interferometrica, che consentirà di stimare l’altezza e la biomassa delle foreste. Durante questa fase è prevista l’acquisizione di 5 mappe globali.
La storia di Biomass nasce 20 anni fa, quando ne è stato definito il concetto iniziale all’interno del programma di osservazione della Terra “Earth Explorers” di ESA. Nei momenti di picco, circa 700 persone hanno lavorato al suo sviluppo.
Quali dati raccoglierà Biomass e quale sarà il loro "viaggio" una volta ottenuti?
La missione sarà composta da una singola piattaforma orbitante a circa 660 km dalla superficie terrestre. Una volta che i dati verranno ricevuti dalle stazioni a terra, il sito italiano ESA-ESRIN sarà responsabile del processing. I dati saranno poi distribuiti secondo la politica free and open di ESA e andranno a supportare la ricerca scientifica nell’ambito degli studi sui cicli globali del carbonio. I dati alimenteranno anche i modelli climatici i quali necessitano di una conoscenza accurata delle fonti di emissione e assorbimento del carbonio. Gli algoritmi di processamento sono già stati sviluppati dagli utenti della comunità scientifica e da aziende europee specializzate. Infine, i dati sosterranno altri programmi come REDD+ delle Nazioni Unite, che si occupa di affrontare i temi della deforestazione, del degrado forestale, della conservazione e della gestione delle foreste.
Quali ricadute secondarie e ritorno tecnologico ci si aspetta da un programma come Biomass?
Biomass affronterà l'enorme sfida tecnica della mappatura spaziale della biomassa forestale: grazie alle caratteristiche dei sistemi radar, il suo sensore SAR a banda P passerà attraverso le nubi, che generalmente avvolgono le foreste tropicali, e penetrerà lo strato iniziale delle foreste, permettendo di stimarne la biomassa. Inoltre, il radar in banda P è uno sviluppo completamente nuovo nel campo delle applicazioni spaziali. C'è quindi un guadagno tecnologico intrinseco sia per le aziende coinvolte sia per la comunità scientifica.

Oltre agli obiettivi primari della missione, esiste una serie di applicazioni secondarie che emergeranno una volta che i dati saranno disponibili. Per esempio, Biomass sarà uno strumento di ricerca per la ionosfera, anche se per la missione stessa la ionosfera è un ostacolo fastidioso. I dati di Biomass serviranno anche al monitoraggio di strutture geologiche in regioni aride e semi-aride, al tracciamento dei movimenti dei ghiacciai e delle calotte glaciali, oltre a risalire alla topografia di aree coperte da vegetazione densa.
Biomass farà parte della famiglia degli Earth Explorers, missioni di ricerca scientifica dedicate all'osservazione di aspetti specifici del pianeta Terra grazie all'introduzione di innovative tecnologie spaziali. Le missioni Earth Explorers vengono selezionate per affrontare le principali sfide individuate dalla comunità scientifica e con il potenziale per diventare missioni operative dopo il cosiddetto “proof of concept”.

Perché è importante fare monitoraggio terrestre? Qual è il ruolo della ricerca spaziale nell'affrontare i problemi ambientali e climatici che incombono sulla nostra società?
I satelliti di osservazione della Terra ci aiutano a “prendere il polso del nostro pianeta”, ovvero a monitorarlo costantemente e collezionare dati utili a comprenderne a fondo il funzionamento. Questi dati sono molto utili per monitorare l'atmosfera, l'ambiente marino, la terra, le aree urbane e agricole, ma anche le zone polari e registrare tutti i cambiamenti di tendenza. Vengono poi analizzati e studiati dalla comunità scientifica per comprendere e gestire meglio il nostro pianeta, per monitorare i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale e per cercare, quando possibile, di anticipare emergenze e disastri naturali:
- Rilevamento e monitoraggio precoci: satelliti come la serie Meteosat forniscono dati in tempo reale sui modelli meteorologici, consentendo il rilevamento precoce di condizioni meteorologiche gravi come uragani, tifoni e temporali. Questo sistema di allerta precoce aiuta a prendere misure preventive per ridurre al minimo i danni.
- Dati per le previsioni: i satelliti acquisiscono informazioni dettagliate sulle condizioni atmosferiche, tra cui temperatura, umidità e modelli di vento. Questi dati sono essenziali per previsioni meteorologiche accurate, consentendo alle autorità di prevedere e prepararsi a potenziali disastri.
- Risposta ai disastri: in caso di catastrofe, i satelliti forniscono informazioni fondamentali per la risposta alle emergenze. Per esempio, la missione Copernicus Sentinel-1 è stata utilizzata per mappare le aree alluvionate, aiutando i soccorsi nelle regioni colpite da inondazioni.
- Monitoraggio del clima: i satelliti monitorano continuamente il clima terrestre, seguendo i cambiamenti e le tendenze che potrebbero portare a eventi meteorologici estremi aiutando a comprendere e a mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici.
- Copertura globale: i satelliti offrono una copertura completa della superficie terrestre, comprese le aree remote e inaccessibili, fondamentale per monitorare e rispondere ai disastri meteorologici ovunque nel mondo.
Queste capacità evidenziano l'importanza dei satelliti nel migliorare le nostre possibilità di prevedere, preparare e rispondere ai disastri meteorologici, salvando vite umane e riducendo le perdite economiche.