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22 Febbraio 2024
7:00

La Corrente del Golfo rischia di collassare in meno di 100 anni: le conseguenze sul clima

Entro la fine del secolo lo scioglimento dei ghiacci causato dal Global Warming diluirebbe oltremodo le acque del sistema delle correnti oceaniche, facendo collassare la Corrente del Golfo. Le conseguenze sarebbero devastanti e irreversibili, non solo in Europa.

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La Corrente del Golfo rischia di collassare in meno di 100 anni: le conseguenze sul clima
collasso corrente del golfo
Credits: NASA Goddard Space Flight Center from Greenbelt, MD, USA, via Wikimedia Commons.

La crisi della Corrente del Golfo continua e il collasso della corrente oceanica potrebbe arrestarsi entro il prossimo secolo, con un enorme impatto sul clima in Europa e nel resto del mondo. A confermarlo è uno studio pubblicato su Sciences Advances, che indica un rischio significativo di blocco della circolazione termoalina dell’Atlantico detta AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation, “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica”). Un meccanismo complesso, che coinvolge numerose correnti profonde e di superficie e a cui è connessa la più nota Corrente del Golfo.

Questa rappresenta il braccio nord-atlantico di una vasta e complessa circolazione oceanica che interessa tutto il globo, nota con il termine AMOC, per l’appunto – la cui presenza è fondamentale nel trasportare e distribuire calore, carbonio e nutrienti dal Tropico all’Artico. Simulando il trend su un periodo di 2000 anni grazie a modelli computerizzati del sistema climatico globale, lo studio conclude che si potrebbe verificare uno stop improvviso di questo meccanismo in meno di 100 anni.

Non ci sono ancora dati sufficienti per sapere esattamente quando tutto ciò accadrà, ma è arrivata la prova scientifica che esiste un “punto di non ritorno” verso cui ci stiamo dirigendo velocemente. Superata questa soglia, la Corrente del Golfo è destinata a bloccarsi del tutto entro 4 decenni.

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Illustrazione semplificata del sistema globale di correnti oceaniche che trasportano calore attorno alla Terra (AMOC). Crediti: NASA

L'importanza delle correnti oceaniche e della loro circolazione

Dobbiamo immaginare l’AMOC come una sorta di “nastro trasportatore” che muove le correnti oceaniche per differenza di densità d’acqua. Questa circolazione, di cui fa parte anche la Corrente del Golfo, svolge il ruolo fondamentale di equilibratore climatico e si innesca essenzialmente grazie al peso dell’acqua e dunque alla sua densità: più l’acqua è fredda e salata, maggiore è la sua densità, e più è facile che la sua massa sprofondi. Mentre se l’acqua è calda e dolce (cioè non salata) è più leggera e quindi rimane in superficie maggiormente.

È proprio questa differenza di densità che consente alle correnti calde di muoversi dall’Equatore verso il Circolo Polare Artico, portando calore alle regioni del Nord Europa. Una volta giunte a destinazione, le masse d’acqua si raffreddano, diventano dense e poi sprofondano, lasciando spazio nuovamente a correnti calde dall’Equatore. Questo è il processo che negli ultimi 10.000 anni ha consentito di mantenere il clima nord europeo temperato e sostanzialmente stabile. È chiaro quindi che una sua interruzione può alterare in maniera significativa il clima globale.

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Mappa topografica dei mari dell’Atlantico settentrionale e dei bacini subpolari, con le correnti di superficie (curve solide) e le correnti profonde (curve tratteggiate) che formano una parte dell’AMOC. I colori delle curve indicano le temperature approssimative. Via Wikipedia Commons.

I motivi del rischio di un blocco dell'AMOC e della Corrente del Golfo

Oggi, però, il sistema appena descritto deve fare i conti con il riscaldamento globale, a causa del quale i ghiacci dell’Artico e della Groenlandia si stanno sciogliendo troppo e troppo velocemente, riversando acqua dolce nell’Oceano e diluendo così la salinità delle acque nel Nord Atlantico. Questa diminuzione di salinità rende l’acqua meno densa e meno incline ad inabissarsi mentre ripiega verso sud, dopo aver raggiunto la Groenlandia, costeggiando l’America. Un minor inabissamento dell’acqua fredda causa una minore spinta verso nord di altra acqua calda, con la conseguenza che da decenni la Corrente del Golfo sta rallentando.

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Questa illustrazione evidenzia come la densità influisca sulla capacità dell’acqua di affondare nell’Atlantico settentrionale. La combinazione di acqua fredda e salata la rende abbastanza densa da affondare. I cambiamenti di questa densità significano che l’acqua sarà meno densa da affondare. Credits: NASA.

Studi precedenti a quest’ultimo, basati sulle temperature superficiali oceaniche, hanno dimostrato che la Corrente è già rallentata del 15% rispetto al 1950 e che si trova ora nella sua fase più debole da oltre un millennio. Una minaccia di per sé nota ormai da tempo, ma che adesso gli scienziati delineano con contorni più precisi: già nel 2023, infatti, un altro studio condotto dall’Istituto di scienze matematiche di Copenaghen era arrivato a ipotizzare il collasso del sistema tra il 2025 e il 2095, con un intervallo di confidenza del 95%.

Le conseguenze del collasso sul clima terrestre

I diversi scenari proposti da modelli computazionali all’avanguardia vedono nell’Europa centro-settentrionale e nell’Artico l’epicentro del possibile shock climatico. In Europa ci troveremmo a convivere, a pochi anni di distanza dall’interruzione della Corrente del Golfo, con inverni estremamente freddi, specie su Scandinavia e Regno Unito. Qui le temperature diminuirebbero di 3 °C ogni decennio, mentre alcune parti della Norvegia potrebbero subire cali di temperatura superiori a 20 °C.

Le precipitazioni si ridurrebbero considerevolmente a causa del minor apporto di calore e di vapore acqueo e la banchisa artica si estenderebbe ben più a sud. Tutte variazioni repentine e intollerabili da parte degli attuali ecosistemi marini e terrestri, il cui collasso porterebbe ad un’enorme crisi economica e sociale su scala continentale.

Ma l’Europa non sarebbe l’unica regione a essere colpita. Il livello dell’Oceano Atlantico aumenterebbe di 70 cm, sommergendo numerose città costiere. Le precipitazioni nella foresta amazzonica subirebbero un drastico cambiamento, trasformandola in una prateria, e l’emisfero meridionale diventerebbe sempre più caldo.

Tuttavia, tali scenari non tengono conto dell’attuale riscaldamento globale e sono stati ipotizzati all’interno di un sistema climatico non alterato dalle emissioni antropiche. C’è da chiedersi, dunque, come reagirà al possibile blocco un pianeta così caldo e con una concentrazione di CO2 ai massimi da 14 milioni di anni? La risposta è tutt’altro che semplice. Alcuni studi hanno simulato l’interruzione della corrente termoalina all’interno dello scenario di riscaldamento ad oggi più plausibile, cioè quello di +2,5 °C entro il 2100. Si osserverebbe un raffreddamento significativo dell’Emisfero boreale, sebbene in parte mitigato dalla forzante termica preesistente, mentre nell’emisfero australe gli effetti sarebbero in gran parte mascherati dalla condizione climatica precedente.

In generale, comunque, rimangono molte incertezze circa l’impatto che un evento di tale portata avrebbe all’interno di un pianeta sottoposto ad un altro cambiamento, altrettanto marcato e repentino, ma di segno opposto. Tra l’altro, le zone che subirebbero gli effetti più pesanti, Artico ed Europa, sono anche due hotspot dell’attuale riscaldamento globale e dunque del cambiamento climatico in corso: un aspetto questo che rende le simulazioni ancora più difficili. Non vi è dubbio, però, che stiamo parlando di un evento, quello del collasso della corrente termoalina atlantica, che dovremmo fare in modo di evitare assolutamente, perché le conseguenze sarebbero estremamente negative, a detta di tutte le pubblicazioni in merito. E per farlo, naturalmente, bisogna lavorare su una rapida e drastica diminuzione delle emissioni di gas serra in atmosfera, in particolar modo di CO2.

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