

È appena uscito nella sale italiane Parthenope, il nuovo film del regista e sceneggiatore Paolo Sorrentino (Napoli, 31 maggio 1970) giunto al suo decimo lungometraggio e celebre per pellicole come Le conseguenze dell'amore (2004), Il divo (2008) e La grande bellezza (2013) che si è aggiudicato il Premio Oscar come miglior film straniero. Il regista napoletano si è anche imposto nel panorama internazionale con due film in lingua inglese, This must be the place (2011) e Youth (2015).
In questo episodio di PopCorner abbiamo parlato con Paolo Sorrentino di come si realizza un film, dall'idea iniziale alla distribuzione passando per l'ideazione dei personaggi e della trama, la scaletta, la sceneggiatura, la ricerca di attori e finanziamenti, le riprese e il montaggio. Per Sorrentino un film è finito quando c'è la “prima”, un'esperienza carica di tensione ma anche liberatoria.
Le opere di Sorrentino a cui il regista è più legato? Le conseguenze dell'amore è il film a cui è più affezionato, mentre Il divo quello più riuscito.
Ci sono poi le peculiarità dei cosiddetti film d'autore, che il regista definisce come «riflessi della condizione umana e sentimentale dell'autore». Abbiamo parlato con Sorrentino del rapporto tra estetica e contenuto, che secondo il regista tendono a confondersi nel cinema autoriale, in cui il confine tra ciò che si vuole dire e come lo si vuole dire è spesso molto labile.
Un altro tema è quello della lentezza. Ciò che si rischia di perdere rinunciando alla lentezza, secondo il regista, è «la possibilità di annoiarci», che Sorrentino «è la cosa più divertente che c'è» ed è un modo di «pensare a Dio». Per non parlare del fatto che «dimentichiamo le cose veloci, ricordiamo quelle lente».
Per concludere, non potevamo esimerci da una chiacchierata sul rapporto con la città di Napoli, che il regista è tornato a rappresentare con Parthenope dopo l'esperienza di È stata la mano di Dio del 2021.