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27 Aprile 2023
18:08

La prima immagine ad alta risoluzione del buco nero M87 che emette un getto relativistico

Un recente studio ha prodotto la prima immagine ad altissima risoluzione del getto di particelle emesso dal buco nero supermassiccio della galassia M87.

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La prima immagine ad alta risoluzione del buco nero M87 che emette un getto relativistico
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Un recente articolo apparso su Nature mostra i risultati della prima osservazione diretta, con tanto di immagine, dell'espulsione di un getto di materia da un buco nero a velocità prossime a quelle della luce, anche chiamato getto relativistico. È la prima volta che due fenomeni del genere vengono osservati contemporaneamente. Vediamo insieme cosa sono i getti relativistici, quali sono i loro possibili meccanismi di formazione e cosa abbiamo imparato di nuovo grazie a questa recente ricerca.

Cos'è il getto relativistico espulso dal buco nero M87

I getti relativistici sono fasci di particelle che vengono espulsi lungo l'asse di rotazione di una sorgente astronomica, come un buco nero. Si pensa siano costituiti prevalentemente da elettroni, positroni e nuclei atomici nello stato ionizzato. I processi fisici che generano questi getti sono talmente energetici che le particelle di cui essi sono costituite vengono accelerate a velocità prossime a quelle della luce, per questo ci si riferisce ad essi come getti relativistici.

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Esempio di getto relativistico espulso dal buco nero della galassia Centaurus A. Credits: ESO/WFI (Optical); MPIfR/ESO/APEX/A.Weiss et al. (Submillimetre); NASA/CXC/CfA/R.Kraft et al. (X–ray).

I getti relativistici più intensi ed energetici sono generati dai buchi neri supermassicci che si trovano al centro delle galassie. È comunemente noto che i buchi neri con i loro intensi campi gravitazionali tendono ad attrarre materia dallo spazio circostante, spesso in un disco di accrescimento, per cui la presenza di getti di materia espulsi da essi può sembrare contro intuitivo.

Sebbene l'esatto meccanismo di formazione sia ancora fonte di dibattito tra gli astronomi, esistono due teorie che sono le più accreditate per spiegare l'origine dei getti relativistici. La prima prevede che gli intensi campi magnetici nel disco di accrescimento attorno al buco nero siano i responsabili dell'emissione del getto di particelle lungo l'asse di rotazione del buco nero. La seconda, chiamata meccanismo di Penrose, prevede invece che sia il campo gravitazionale del buco nero in rotazione ad estrarre particelle dal disco di accrescimento e accelerarle a velocità prossime a quelle della luce.

Lo studio e l'immagine del getto

I getti relativistici espulsi dai buchi neri sono stati osservati in diverse galassie, ma dato che essi si formano nella regione attorno al buco nero supermassiccio, che è piccola in confronto alle dimensioni dell'intera galassia, gli astronomi non sono mai stati in grado di osservare la base di questi getti e come essi si collegano al buco nero e al disco di accrescimento. Un recente studio apparso su Nature guidato da Ru-Sen Lu dell'osservatorio astronomico di Shangai porta gli scienziati più vicini alla soluzione di questo mistero.

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Immagine del telescopio Hubble del getto relativistico espulso dal buco nero supermassiccio della galassia M87. Credits: NASA and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA).

Gli autori sono stati infatti in grado di ottenere la prima immagine ad altissima risoluzione della regione che collega la base del getto relativistico espulso dal buco nero con il materiale del disco di accrescimento che vi spiraleggia attorno. Questa immagine è stata ottenuta per il getto relativistico espulso dal buco nero supermassiccio della galassia M87, situata a 55 milioni di anni-luce da noi. Il buco nero supermassiccio di M87 è ben studiato ed è balzato agli onori delle cronache nel 2017 per essere stato il primo buco nero di cui si è mai avuta una immagine della regione più prossima all'orizzonte degli eventi, grazie all'Event Horizon Telescope (EHT).

Gli scienziati hanno ottenuto queste immagini utilizzando i vecchi dati dell'EHT ad una lunghezza d'onda di 1.3 millimetri e nuovi dati di un network di radio-telescopi ad un lunghezza d'onda di 3.5 millimetri.  La tecnica utilizzata per ottenere immagini ad altissima risoluzione è quella dell'interferometria. Essa consiste nel combinare le osservazioni sincronizzate di diversi telescopi sparsi per il globo al fine di crearne uno virtuale che sia grande quanto la massima distanza tra i singoli telescopi. Rispetto al solo uso dei dati dell'EHT, l'aggiunta di dati a lunghezze d'onda maggiori ci ha permesso di osservare nella stessa immagine sia il disco di accrescimento che i getti relativistici.

Cosa abbiamo scoperto?

La prima osservazione diretta della base dei getti relativistici originati da un buco nero ci permetterà di avanzare le conoscenze teoriche sui meccanismi di formazione di questo processo fisico. Dall'analisi dei dati, gli scienziati hanno ad esempio scoperto che il disco di accrescimento attorno al buco nero è il 50% più grande di quanto era stato misurato con l'EHT. Inoltre la base del getto relativistico sembra più grande di quanto atteso dalle predizioni teoriche. Ciò suggerisce che parte del materiale che vediamo non appartiene al solo getto relativistico, ma vi è presente anche materiale che è stato espulso dal disco di accrescimento, probabilmente a causa della forza centrifuga generata dalla rapida rotazione attorno al buco nero del disco di accrescimento.

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Immagine ad alta risoluzione spaziale del disco di accrescimento, dell’ombra del buco nero e del getto di materiale espulso da quest’ultimo, ottenuta combinando i dati di ALMA, GMVA e del Greenland Telescope.
Credits: R.–S. Lu (SHAO), E. Ros (MPIfR), S. Dagnello (NRAO/AUI/NSF).

Quali radio-telescopi sono stati usati?

Il network di telescopi utilizzato comprende quelli del Global mm-VLBI Array (GMVA), gestito dal Max Planck Institute for Radio Astronomy di Bonn, in Germania, il Greenland Telescope, situato in Groenlandia, ma gestito dall'Harvard Center for Astrophysics, e l'Atacama Large Millimeter Array (ALMA), gestito dall'ESO e situato sulle Ande cilene.

Questi telescopi non lavorano nella banda ottica, ma bensì essi sono dei radio-telescopi che lavorano nelle lunghezze d'onda del millimetrico e sub-millimetrico. Di conseguenza, l'immagine prodotta non è come un essere umano la vedrebbe, ma è stata ricostruita a partire dai dati nel millimetrico. La tecnica dell'interferometria permette di ottenere delle immagini con una risoluzione di gran lunga maggiore rispetto a quella ottenibile nell'ottico o utilizzando un singolo radio-telescopio. Ciò ha permesso di discernere tutti i piccoli dettagli delle regioni attorno al buco nero supermassiccio di M87, incluso il getto relativistico di particelle.

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Le 19 antenne del radio–telescopio ALMA, situato sulle ande cilene a 5000 metri di altitudine. Credits: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)/W. Garnier (ALMA).
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