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5 Maggio 2023
16:30

La prima osservazione di un pianeta inghiottito dalla sua stella madre

I ricercatori dell'MIT hanno osservato per la prima volta in maniera diretta una stella gigante rossa divorare un pianeta che le orbita attorno, la stessa sorte che toccherà alla Terra tra qualche miliardo di anni.

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La prima osservazione di un pianeta inghiottito dalla sua stella madre
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Credits: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/M. Garlick/M. Zamani.

Come il Saturno che divora i suoi stessi figli magistralmente dipinto da Francisco Goya, così una stella gigante rossa a 12000 anni-luce dalla Terra, nella costellazione dell'Aquila, è stata vista dai ricercatori del MIT di Boston divorare un pianeta che le orbitava attorno. Un po' quello che accadrà anche al pianeta Terra fra qualche miliardo di anni. È la prima volta che osserviamo effettivamente succedere un simile fenomeno astronomico, prima solo ipotizzato a livello teorico. La scoperta è partita dall'osservazione di un anomalo aumento di luminosità della stella, a cui sono seguiti vari approfondimenti. Vediamo insieme che fenomeno è stato osservato e perché costituisce un unicum in Astrofisica.

Cosa sono le stelle giganti rosse?

Per comprendere appieno quanto scoperto e osservato dai ricercatori del MIT, dobbiamo capire cosa sono le "giganti rosse". Il motore che fornisce energia ad una stella è costituito dalle reazioni di fusione nucleare che avvengono nel suo nucleo. Una stella trascorre la maggior parte della sua vita nella cosiddetta fase di sequenza principale, ovvero una fase in cui essa trae energia dalla fusione nucleare dell'idrogeno in elio. Affinché tale fusione nucleare possa avvenire, è necessario che la temperatura all'interno del nucleo stellare sia superiore ai 10 milioni di gradi. Essendo l'idrogeno l'elemento più abbondante nell'Universo e, quindi nelle stelle stesse, questa fase è quella che dura di più nella vita di una stella.

La riserva di idrogeno nel nucleo della stella non è però infinita e a un certo punto è destinata ad estinguersi. Quanto tempo passa prima che tutto l'idrogeno venga fuso in elio dipende dalla massa della stella. Più la stella è massiccia, più velocemente l'idrogeno sarà consumato e quindi minore sarà il tempo trascorso nella fase di sequenza principale.

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Questa illustrazione artistica mostra dove, all’interno di una stella, avvengono le reazioni di fusione nucleare. Per una stella come il Sole (a sinistra), queste avvengono nel nucleo, per una gigante rossa (a destra) esse avvengono in un guscio che circonda il nucleo inerte di elio. Credits: ESO.

Una volta che tutto l'idrogeno del nucleo è terminato, la stella si trova ad avere un nucleo composto principalmente di elio. La temperatura nel nucleo però non è ancora così elevata da innescare immediatamente la fusione nucleare dell'elio in elementi più pesanti. Dal momento che la stella ha interrotto la produzione di energia nucleare, non vi è più nessuna fonte di energia che contrasta la tendenza della gravità a far collassare la stella su se stessa.

Ecco quindi che la stella inizia pian piano a contrarsi fino a quando la temperatura nelle zone centrali cresce a tal punto da innescare nuovamente la fusione nucleare dell'idrogeno, ma questa volta fuori dal nucleo inerte di elio, in un guscio che lo circonda. Siccome adesso la fonte di energia che contrasta la gravità è più esterna rispetto al nucleo, la stella tende ad espandersi enormemente rispetto alle sue dimensioni in sequenza principale, diventando così una gigante rossa, l'oggetto d'osservazione di questo studio scientifico.

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Illustrazione artistica delle dimensioni relative del Sole nella sua fase attuale di sequenza principale e le future dimensioni nella fase di gigante rossa. Credits: HeNRyKus – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4320062.

Il nostro Sole, una tipica stella a metà della sua vita in sequenza principale, entrerà nella fase di gigante rossa tra circa 5 miliardi di anni, espandendosi a tal punto da inghiottire Mercurio, Venere e probabilmente anche la Terra, resa ormai sterile e invivibile a causa della progressiva vicinanza con la superficie stellare.

Cosa hanno osservato gli scienziati?

Sebbene sia ben noto che la teoria dell'evoluzione stellare preveda che le stelle giganti rosse possano ingrandirsi a tal misura da inghiottire i pianeti più interni che le orbitano attorno, questo tipo di fenomeno non era mai stato osservato direttamente prima d'ora dagli astronomi. Questo perché esso è di breve durata e quindi richiede la presenza di una rete di monitoraggio continuo dei fenomeni celesti che ha iniziato ad essere realtà solo recentemente.

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Illustrazione artistica di un pianeta che sfiora la superficie della sua stella. Credits: K. Miller/R. Hurt (Caltech/IPAC).

I primi indizi che questo atto di cannibalismo cosmico si stava verificando sono arrivati nel 2020 grazie ad osservazioni condotte nell'ambito del progetto Zwicky Transient Facility (ZTF) condotto al telescopio Oschin sul Monte Palomar in California nelle lunghezze d'onda della luce visibile. Un gruppo di ricercatori guidati da Kishalay De del MIT di Boston ha infatti osservato un repentino aumento di luminosità da parte di una stella a 12000 anni-luce da noi, nella Via Lattea, in direzione della costellazione dell'Aquila. Questo evento è stato seguito anche in banda infrarossa e da altri telescopi, tra cui NEOWISE e Keck.

Inizialmente gli scienziati hanno ipotizzato che questo repentino aumento di luminosità fosse dovuto al grande rilascio di energia conseguente la fusione tra due stelle. Tuttavia vi erano indizi disseminati qua e là che non erano in favore di questo scenario. Difatti, l'evento osservato era troppo poco luminoso in banda ottica, di troppa lunga durata in banda infrarossa e con troppa poca energia rilasciata per poter essere associato alla fusione di due stelle.

Una stella che divora il proprio pianeta

Gli scienziati hanno continuato a lavorare alla ricerca di nuovi indizi per risolvere il caso. I nuovi indizi sono arrivati grazie ad osservazioni col telescopio Gemini-South, circa 2 anni dopo l'avvenuto evento. Con questo telescopio, i ricercatori sono stati in grado di ottenere più informazioni sulla stella che ha avuto questo grande aumento di luminosità, scoprendo che si tratta di un oggetto che ha da poco raggiunto la fase di gigante rossa.

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Il telescopio Gemini South si trova sulle Ande cilene ed è qui fotografato con la Via Lattea alle sue spalle. Credits: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/Kwon O Chul.

Mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle, gli scienziati sono giunti alla conclusione che il repentino aumento di luminosità costituisce la prima osservazione diretta di un pianeta inghiottito dalla propria stella. Il confronto dei dati con i modelli teorici attesi per questo fenomeno hanno portato gli scienziati ad ipotizzare che il pianeta inghiottito avesse una massa di circa 10 volte quella di Giove e che si trovasse molto vicino alla stella, compiendo una orbita attorno ad essa in meno di 10 giorni.

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Illustrazione artistica delle fasi di espansione della gigante rossa e successivo inglobamento del pianeta che le orbitava attorno. Credits: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/M. Garlick/M. Zamani.

Questo studio è di fondamentale importanza per diversi motivi. Ci ha permesso di vedere all'opera fenomeni che prima erano solamente teorizzati, ovvero stelle giganti rosse che inghiottiscono i pianeti che vi orbitano attorno. Ci ha permesso di dare una stima di quanti di questi eventi sono attesi nella sola Via Lattea e come questi esperimenti di monitoraggio continuo del cielo siano fondamentali per poter studiare fenomeni astrofisici di breve durata. E in ultima analisi ci ha permesso di vedere in anteprima il destino ultimo che i pianeti interni del nostro Sistema Solare si troveranno un giorno ad affrontare.

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