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L’eruzione del 1991 del Monte Pinatubo, uno stratovulcano situato nella regione del Luzon nelle Filippine, è considerata la seconda più grande del ventesimo secolo, seconda solo a quella del Monte Novarupta (Alaska) del 1912. L’evento eruttivo, di tipo pliniano, cominciò il 15 giugno 1991 e generò una colonna eruttiva alta 35 km. Le ceneri ricoprirono una superficie di oltre 7.500 km², trasportate dai venti ciclonici prodotti dal tifone Yunya, che colpì l'isola in concomitanza all'eruzione vulcanica. I gas vulcanici immessi in atmosfera provocarono un abbassamento globale della temperatura di circa 0,5°C, effetto che si protrasse per quasi tre anni. Il costante monitoraggio dell’attività sismica e vulcanica nei mesi precedenti permise una tempestiva evacuazione di quasi 200.000 persone, riducendo significativamente il numero di vittime.
L’eruzione del 1991 del Monte Pinatubo, una delle più violente del secolo scorso
Il Monte Pinatubo è uno stratovulcano attivo alto 1.460 metri, situato nella catena montuosa Zambalese, nella regione occidentale di Luzon, la più grande e popolosa isola delle Filippine. Il 15 giugno del 1991, il vulcano diede origine alla seconda più grande eruzione del XX secolo, con un indice di esplosività vulcanica (VEI) pari a 6 e oltre 5 km³ di materiale vulcanico emesso.

L’eruzione, di tipo pliniano, generò una colonna eruttiva alta 35 km e larga oltre 400 km. Cenere e pomici, con diametro fino a 4 cm, ricoprirono vaste aree. L’arrivo del tifone Yunya, contemporaneo all’eruzione, disperse i materiali su un’area di 7.500 km², con accumuli fino a 1 cm in diverse zone del mondo e 50 cm nei dintorni del vulcano. Enormi flussi piroclastici – miscele di gas, cenere e frammenti roccia incandescenti – e enormi colate di fango e detriti vulcanici (lahar) riempirono le valli con depositi spessi fino a 200 metri. Inoltre, circa 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa (SO₂) furono immesse nella stratosfera, causando un crollo della temperatura globale di 0,5°C che perdurò fino al 1993.
I segnali precursori dell’eruzione nelle Filippine
L’eruzione del Monte Pinatubo fu preceduta da diversi segnali precursori che permisero di allertare la popolazione ed evacuare l’area in tempo. Secondo diversi vulcanologi, i primi segnali risalirebbero a circa un anno prima, al 16 luglio 1990, quando un terremoto di magnitudo 7.8 colpì la regione, con epicentro a circa 100 km a nord-est del vulcano, provocando frane e temporanei aumenti dell’attività fumarolica in alcune aree geotermiche.
Tra i mesi di marzo e aprile del 1991, una serie di piccoli terremoti, con epicentro sul versante nord-occidentale del vulcano, annunciarono l’inizio della fase vulcanica. Il 2 aprile, una sequenza di esplosioni freatiche aprì tre nuove fumarole lungo una fessura lunga circa 3 km sul fianco settentrionale. Tra i mesi di aprile e maggio, la regione fu interessata da un’intensa fase sismica durante la quale la rete sismometrica registrava quotidianamente tra 30 e 180 eventi sismici di piccola magnitudo. In parallelo, le misurazioni aeree dei gas emessi dalle fumarole rivelarono un marcato aumento dell’emissione di SO₂ tra il 13 e il 28 maggio, passando da circa 500 tonnellate al a oltre 5.000 tonnellate.
Il 1° giugno, un nuovo sciame sismico con ipocentro a circa 1 km di profondità indicava che il magma si stava avvicinando alla superficie. Nei giorni seguenti, il vulcano produsse piccole esplosioni intermittenti, accompagnate da emissioni di cenere. Il 7 giugno, una colonna eruttiva di vapore e cenere si sollevò fino a 7 – 8 km di altezza. Tra l’8 e il 12 giugno, le eruzioni di cenere e i terremoti aumentarono sia in frequenza sia in intensità, culminando in due grandi esplosioni vulcaniche avvenute il 12 giugno, con colonne eruttive alte fino a 20 km. Il carattere dell’eruzione cambiò il 14 giugno, segnando l’avvicinamento al picco della fase eruttiva.

Monitoraggio, evacuazione e vittime
Il monitoraggio dell’attività vulcanica e sismica del Monte Pinatubo si intensificò sin dal marzo 1991. La rete sismometrica locale gestita dal PHIVOLCS (Istituto di Vulcanologia e Sismologia delle Filippine), fu estesa grazie al supporto dell’USGS (Servizio Geologico degli Stati Uniti), migliorando la precisione nella localizzazione degli epicentri e ipocentri dei terremoti. Grazie all’efficiente rete di monitoraggio, fu possibile emettere allerte tempestive ed evacuare la popolazione.
La prima evacuazione avvenne in aprile e riguardò i residenti entro un raggio di 10 km dalla vetta del vulcano. Il 7 giugno, con l’innalzamento del livello di allerta a "eruzione in corso", il raggio di evacuazione fu esteso a 20 km, coinvolgendo circa 40.000 persone. Infine, il 12 giugno, l’area di evacuazione fu ulteriormente allargata a 30 km, portando alla messa in sicurezza di oltre 60.000 residenti aggiuntivi.
Le tempestive evacuazioni limitarono il numero di vittime a 847 decessi. La maggior parte non fu causata direttamente dall’attività vulcanica, ma dagli effetti del tifone Yunya, che trasportò cenere verso l’interno di Luzon. L’accumulo di cenere bagnata sui tetti delle abitazioni provocò numerosi crolli strutturali, contribuendo significativamente al bilancio delle vittime.

Attività vulcanica antecedente l’eruzione del 1991
L’eruzione del 1991, tuttavia, non fu né la prima né la più intensa nella storia del Monte Pinatubo. Gli esperti suddividono la storia del vulcano in due fasi distinte: il Pinatubo ancestrale, la cui attività si colloca tra circa un milione e 35.000 anni fa, e il Pinatubo moderno, che comprende le eruzioni verificatesi negli ultimi 35.000 anni.
Le informazioni sulla fase ancestrale sono limitate, ma suggeriscono che il cratere principale si trovasse a circa 2.3000 metri sul livello del mare, quindi a un’altitudine superiore rispetto all’attuale. Le lave di questa fase erano prevalentemente ricche in silice, con composizioni variabili tra le lave dacitiche e andesitiche.

La storia del Pinatubo moderno, invece, ha inizio con l’eruzione Inararo, avvenuta circa 35.000 anni fa e considerata la sua più grande eruzione. Gli esperti, infatti, hanno stimato un VEI superiore a 7, quindi un ordine di magnitudo maggiore dell’eruzione del 1991. Durante l’evento, furono emessi tra i 25 – 35 km³ di materiale vulcanico, inclusi imponenti flussi piroclastici pomicei che depositarono spessori superiori a 100 metri lungo tutti i versanti del vulcano.
Nei millenni successivi si sono susseguite altre eruzioni esplosive, generalmente di intensità decrescente. Tra gli eventi principali si ricordano: l’eruzione Sacobia (17.000 anni fa), la Pasbul (9.000 anni fa), la Crow Valley (tra 6.000 e 5.000 anni fa), la Maraunot (tra 3.900 e 2.300 anni fa) e infine la Buag, avvenuta nel 1450 d.C..
