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23 Novembre 2022
8:58

Marmo di Carrara: caratteristiche, tipologie, tecniche e storia

Estratto dalle cave delle Alpi Apuane, il marmo del distretto di Carrara è il più pregiato al mondo. Ecco quali sono le sue tipologie e come riconoscerle.

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Marmo di Carrara: caratteristiche, tipologie, tecniche e storia
marmo di carrara

Il marmo di Carrara è un fiore all'occhiello dell'industria italiana. Viene estratto dalle cave delle Alpi Apuane, in Toscana, e rappresenta la tipologia di marmo più pregiato al mondo. Non a caso è il materiale in cui sono scolpite alcune tra le opere d'arte più celebri come la Pietà di Michelangelo e Amore e Psiche di Canova.
Oltre che per le opere architettoniche e le sculture, il marmo di Carrara è anche molto usato per pavimentazioni, scale, rivestimenti, piani da cucina e per le lapidi funerarie. Il suo colore bianco è dato dalla purezza della sua composizione; il marmo infatti può avere tanti colori e tante venature diverse, in base alla presenza di impurità.
Vediamo insieme le tipologie più note e come si lavora il marmo nel distretto tecnologico di Carrara.

Cos'è esattamente un marmo?

Tutti i marmi sono rocce metamorfiche, ossia rocce che durante le diverse ere geologiche hanno subito una trasformazione a causa delle forti pressioni e temperature alle quali sono state sottoposte.
Tutto inizia con i calcari, rocce sedimentarie che si formano in ambiente marino per compressione del carbonato di calcio (CaCO3) proveniente da scheletri e gusci di diverse specie animali e alghe. Quando i calcari vengono sottoposti a pressione di alcune migliaia di atmosfere e a temperature attorno i 400°C, subiscono radicali trasformazioni. Il carbonato di calcio si organizza in bianchi cristalli di calcite, e le impurità si trasformano in prodotti stabili. E il gioco è fatto.

Ma se il calcare si forma dai gusci di alghe e animali acquatici, significa che in origine la zona in cui sorgono le attuali cave delle Alpi Apuane si trovava sul fondo del mare! Sono proprio i depositi di calcare sottomarini che con il tempo si sono trasformati nell'attuale marmo di Carrara.

cava marmo di carrara

Come è fatta una cava?

Il marmo si estrae nelle cave, che possono essere di tre tipologie: a cielo aperto, in sottotecchia e sotterranee. Le prime sono le più comuni, con la classica forma a gradoni. Sembra di essere in un anfiteatro. Ogni gradone rende accessibile un piano di lavoro , così da avere più aree di estrazione verticali attive.
Tutte le cave di questo genere hanno uno schema comune, in cui riconosciamo:

  • Il fronte, ossia la facciata da cui viene staccato il marmo. In dialetto apuano si chiama tecchia. Il tecchiaiolo è proprio l'operaio che deve sorvegliare il fronte di cava ed eliminare i massi pericolosi;
  • Il piazzale di lavorazione, dove vengono preparati i grossi blocchi di marmo abbattuti dalla parete;
  • Una zona di discarica, con i detriti e gli scarti. La parte di marmo sbriciolata crea delle pendici che in antichità venivano utilizzate per far scivolare i pesanti blocchi di marmo giù dalla montagna, proprio come si fa con lo slittino sulla neve.
porzioni cava carrara

Abbiamo poi le cave in sottotecchia, a metà tra il cielo aperto e il passaggio in sotterraneo, e le cave in sotterraneo ossia quelle in cui il marmo viene estratto al chiuso, all'interno della montagna.
Nel distretto di Carrara esistono poche cave che si sviluppano in questo modo; il 70% delle estrazioni avviene a cielo aperto (Criscuolo A., Lisi S. 1998).

Storia del distretto tecnologico del marmo di Carrara

Il marmo di Carrara viene estratto dalle Alpi Apuane, nella Toscana nord-occidentale. Le attività di lavorazione del marmo in questa zona ha origini antichissime: l’estrazione vera e propria risale all’epoca romana, tra l'89 e il 48 a.C., ma in realtà si trovano testimonianze dell’utilizzo del materiale ancora precedenti.
Secoli fa non era di certo facile estrarre, trasportare e vendere gli enormi blocchi di marmo, se si pensa che il suo peso varia da 2,5 a 3 tonnellate per metro cubo (L. e T. Mannoni, 1984). Per il trasporto si usavano le cosiddette vie di lizza, dei percorsi ricavati ai fianchi della montagna lungo cui erano fatti scivolare i marmi. Arrivati alla fine della montagna i blocchi venivano trasportati dai carri con i buoi fino al porto di Luni, antica colonia romana. Ecco perché il marmo di Carrara prende anche il nome di marmo lunense.

Immagine
Credit: Alice Tambellini.

Nel corso del tempo la produzione marmifera ha visto tanti cambiamenti.
Nel 1570 per estrarre il marmo fu usata per la prima volta la polvere pirica per le mine. Praticamente la montagna veniva fatta esplodere e la grande parete si spezzava dividendosi in tanti blocchi di diverse dimensioni. Il metodo, piuttosto pericoloso, fu fortunatamente sostituito nel 1895 con l'invenzione del filo elicoidale, soppiantato a sua volta negli anni '70 dal filo diamantato.
Per separare il marmo dalla montagna si identifica il blocco che si vuole isolare e lo si circonda con un sistema di filo diamantato e carrucole. Il motore si aziona, il filo viene fatto scorrere sul materiale e, trasportando con sé acqua e sabbia silicea, abrade la roccia. Incredibile ma vero, questo metodo permette di tagliare pezzi di montagna in 3-4 giorni, operazione che prima veniva svolta in 1-2 mesi. I piccoli cilindretti del filo diamantato che si vedono in foto sono chiamati perline e sono diamanti artificiali, i materiali più duri al mondo.

filo diamantato

Nei secoli anche il trasporto con i buoi si è evoluto ed è stato sostituito dal trasporto su rotaie. Negli anni ’20 è stato anche inaugurato il porto di Marina di Carrara, da dove partono diverse rotte commerciali internazionali.
Nel 2016 si è formato il Distretto tecnologico del marmo e delle pietre ornamentali, con 135 aziende, 5 centri di competenza, 4 istituti di ricerca e 7 infrastrutture di ricerca industriale e trasferimento tecnologico.

Come riconoscere le tipologie dei marmi carraresi dal colore

Il colore del marmo non è solo un fattore estetico. A seconda dei colori e, quindi, dei minerali contenuti nel marmo, possiamo capire anche la loro resa e durata nel tempo. Ad esempio, esistono pietre che non mantengono le tinte originali una volta esposte all'aria.
Un marmo può essere idiocromatico o allocromatico. Nei marmi idiocromatici la composizione chimica del minerale lo fa apparire sempre dello stesso colore, anche se contiene delle impurità. In quelli allocromatici a dare il colore non è la composizione chimica ma la presenza di difetti nel reticolo cristallino o di piccole inclusioni.
Sul mercato i marmi sono classificati in base al loro colore, e cioè anche in base alla presenza (o assenza) di impurità, ma anche in base alle venature. Nella famiglia dei marmi che si estraggono dalle Alpi Apuane troviamo:

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  • Lo Statuario, bianco con venature grigie. Questa tipologia è la più pregiata perché è la più rara: rappresenta solo il 5% dei marmi estratti dalle Alpi Apuane (Blasi P. 1998). Possiamo dire che si tratta del marmo più pregiato al mondo! È chiamato in questo modo perché è particolarmente adatto alla lavorazione con lo scalpello, grazie alla sua grana molto fine;
  • Il Bianco di Carrara, tra le tipologie più pure. È composto quasi interamente da calcite ed è tra i marmi più estratti;
  • Il marmo di Calacatta, con venature più calde, tenui e sfumate. Talvolta i suoi colori possono tendere al verde o al viola;
  • Il Bianco Venato, tra i più comuni. È caratterizzato da un intreccio di bianco e grigio dal contrasto delicato. A differenza del Bianco di Carrara, in questa tipologia le venature sono più diffuse e più definite;
  • L'Arabescato, con venature di colore grigio scuro che sembrano quasi contornare delle forme poligonali bianche. L'intreccio è irregolare ma orientato verso una specifica direzione, che dipende da come è stato tagliato il blocco;
  • Il Cipollino, a base bianca più o meno pura e con una percentuale di calcite minima pari al 90%. Viene chiamato in questo modo perché le sue linee ondulate richiamano un po' l'interno di una cipolla;
  • Il Bardiglio, una tipologia a grana molto fine e dall’aspetto compatto. È di colore grigio uniforme e si presta molto bene alle lavorazioni. Il suo colore abbastanza scuro è dato dalla presenza di più impurità, tra cui la pirite microcristallina, un minerale ferroso.

Nei marmi puri non esiste quindi la gamma di colori dal giallo al rosso, dal verde al viola. I colori sono causati dai pigmenti: ad esempio, il ferro nel suo stato più comune di ossidazione è color rosso mattone e con una graduale idratazione produce colori dal bruno al giallo. I violacei sono invece dovuti agli ossidi di manganese. Le colorazioni allocromatiche dal grigio chiaro al nero sono causate dal carbonio.

Quindi in realtà quando si parla di "marmo di Carrara" ci si riferisce a diverse tipologie di marmo, ognuna speciale a modo suo. Molte di queste tipologie sono impiegate in diversi settori, dall'edilizia all'arredo, fino all'arte sacra e funeraria. Al contrario, particolari tipologie come lo Statuario sono dedicate a particolari applicazioni; il grande Michelangelo si recava spesso nelle cave di Carrara per scegliere personalmente il blocco di Statuario da utilizzare per le sue sculture!

Se questo articolo vi è piaciuto date un'occhiata a questo video che svela quale marmo è stato utilizzato per costruire il Duomo di Milano!

Bibliografia
Il distretto tecnologico del Marmo e Pietre Ornamentali Comune di Carrara, L'escavazione, 2014
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