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7 Maggio 2023
8:30

Quali sono le conseguenze ambientali dell’estrazione industriale del marmo di Carrara?

La storia del territorio di Massa-Carrara è da sempre legata all' "oro bianco", ma l'industrializzazione ha estremizzato gli impatti sul territorio.

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Quali sono le conseguenze ambientali dell’estrazione industriale del marmo di Carrara?
conseguenze ambientali marmo

Dall'epoca Romana ai giorni nostri, il destino della città di Carrara e del territorio circostante è sempre stato legato al suo marmo, un prodotto dalle qualità così particolari da essere richiesto in tutto il mondo anche in epoche lontane: possiamo trovarlo ammirando il David di Donatello, il Pantheon di Roma così come il Swaminarayan Akshardham a Delhi, per arrivare all'arco di Hyde Park a Londra e ai palazzi di Ashgabat in Turkmenistan.

Se la tradizione affonda nei millenni, però, i ritmi imposti dai cambiamenti nel mercato degli ultimi decenni hanno causato profondi squilibri sociali e soprattutto gravi impatti sull'ambiente.

L'impatto sull'ambiente circostante: l'escavazione delle montagne

Il primo e più ovvio impatto dovuto alla lavorazione del marmo è quello dato dall’escavazione delle montagne. L’estrazione dei blocchi negli anni è cambiata, passando dall’uso di esplosivi al taglio con filo diamantato, ma ciò nonostante è sempre necessario demolire interi costoni per poter accedere alle rocce, con cave che nella maggior parte dei casi sono a cielo aperto.

Una stima del CAI toscana prevede che per estrarre una tonnellata di marmo vengano asportate dieci tonnellate di materiale dalla montagna: questo causa una profonda alterazione del paesaggio, con relativo impatto per il turismo che in queste province è decisamente meno sviluppato rispetto al resto della regione Toscana. Ancora più devastante è la distruzione degli habitat naturali per la fauna locale, dovuti alla crescita smisurata dei siti di cava e allo sviluppo di reti stradali per il trasporto della materia prima.

Il trattamento del rifiuto: lo scarto del taglio

A questo si aggiunge il problema dello scarto del taglio, chiamato marmettola. Si tratta di una polvere a grana fine, principalmente costituita da carbonato di calcio (esattamente come il marmo da cui ha origine) ma che può contenere tracce di terriccio e altri minerali, così come di oli lubrificanti o metalli derivati dagli attrezzi da taglio.
Sebbene normalmente non abbia caratteristiche di tossicità, andrebbe trattata comunque come rifiuto, ma è spesso lasciata accumulare alla base delle cave a cielo aperto, da dove può essere facilmente trasportata in caso di piogge abbondanti.

Marmettola, scarto produzione marmo
La polvere, detta marmettola, che si accumula lungo i bacini idrici del territorio (ARPAT)

L’intorbidimento delle acque superficiali e sotterranee causato dalla marmettola può rendere i punti di prelievo non più idonei alla filtrazione per la produzione di acqua potabile; oltretutto, gli accumuli di materiale nei letti dei corsi d’acqua tendono a ostacolare il fluire dell'acqua e a impermeabilizzare il fondo del canale, favorendo i fenomeni alluvionali in caso di precipitazioni intense come avvenne nel novembre 2014.

Sempre alla marmettola si deve il seppellimento degli alvei nei corsi d'acqua, habitat tipico di molti invertebrati bentoici (animali che vivono a stretto contatto o ancorati col fondale). Un declino nel numero di questi animali ha pesanti conseguenze sulla catena alimentare della fauna locale e di conseguenza sulla biodiversità.

Gli effetti sulla salute dei cittadini

Il più ovvio pericolo per i lavoratori è quello di incidenti durante il taglio o la movimentazione dei blocchi. L'abbandono dell'uso di esplosivi ha ridotto i rischi, bilanciato però dal crescente ritmo delle estrazioni e dalla maggior frequenza degli incidenti. Un ulteriore problema, un tempo sottovalutato, per la salute dei lavoratori e degli abitanti dei borghi attraversati dal traffico veicolare è quello di pneumoconiosi (malattie polmonari dovute all'inalazione di polveri) come nel caso della silicosi.

Radiografia toracica paziente affetto da silicosi
Una radiografia toracica, che evidenzia la presenza di noduli dovuti alla silicosi.

La gravità dei sintomi dipende spesso dal tipo di polvere inalata; il carbonato di calcio non presenta particolari pericoli, ma nel marmo si può trovare fino al 5% di silice, ben più pericolosa una volta penetrata negli alveoli. La superficie delle particelle viene attaccata dai macrofagi, che agiscono come su ogni come corpo esterno: gli enzimi utilizzati dai globuli bianchi, a causa della resistenza chimica delle polveri, andranno però a danneggiare col tempo gli alveoli stessi. Questo provoca cicatrizzazioni estese, che possono portare anche all'insufficienza respiratoria.

Per questo motivo sono state introdotte, negli ultimi decenni, misure per limitare la diffusione delle polveri durante il trasporto su gomma: si tratta soprattuto dell'uso di mezzi coperti, o di impianti automatici in grado di bagnare il materiale trasportato per evitarne lo spargimento lungo il percorso. Secondo il report Inail sulle attività estrattive, questi interventi, insieme ai dispositivi di protezione individuali usati dei lavoratori delle cave, hanno effettivamente ridotto l'incidenza delle malattie respiratorie sul territorio nell'ultimo decennio.

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