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27 Marzo 2024
11:22

Nave cargo abbatte il pilone e fa crollare il ponte di Baltimora, l’analisi ingegneristica

L'urto di una nave cargo su una pila del ponte Scott Key ha causato un catastrofico collasso della struttura. Ecco come è avvenuto e perché era sostanzialmente inevitabile.

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Nave cargo abbatte il pilone e fa crollare il ponte di Baltimora, l’analisi ingegneristica
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Credits: StreamTime Live.

A Baltimora, negli USA, l'impatto della nave cargo Dali ha causato – in pratica istantaneamente – il crollo del Francis Scott Key Bridge, uno dei ponti simbolo della città. Il crollo, che ha provocato al momento un bilancio di un morto e sei dispersi, ha coinvolto tutta la struttura in una manciata di secondi, sebbene il danneggiamento sia partito da una zona sostanzialmente limitata: una pila. Dal punto di vista ingegneristico, la modalità del collasso si spiega con il fatto che l'urto ha fatto mancare alla struttura un fondamentale punto di appoggio e da una reazione a catena dovuta alla struttura reticolare del ponte.

Com'era fatto il Francis Scott Key Bridge

Il Francis Scott Key Bridge era un ponte ad arco a via intermedia, ovvero una struttura dotata di un arco come elemento strutturale principale, su cui si sviluppa l'asse stradale (sorretto dall'arco), altimetricamente localizzato al di sotto di questo. Una possente travatura reticolare in acciaio realizzava per l'appunto l'arco e sorreggeva la struttura di impalcato nella sua campata più lunga, di quasi 370 m. Inaugurato nel 1977, l'infrastruttura faceva parte dell'Interstate 695, una tangenziale della città, e si componeva di altre campate secondarie collegate alla zona ad arco centrale per il tramite di ulteriori travi e pile.

Nella zona centrale, solo due pile sorreggevano l'intera struttura metallica ad arco, che si estendeva al di là di queste fino ad appoggiarsi lateralmente alle pile limitrofe delle strutture secondarie, creando dunque due ulteriori campate laterali di circa 220 m ciascuna, per un totale di quattro punti di appoggio.

Le pile centrali, dunque, rivestono un ruolo cruciale nella statica del ponte, in quanto creano un vincolo fondamentale di supporto all'impalcato.

ponte scott key baltimora

Come è avvenuto il crollo dal punto di vista ingegneristico

Non sono ancora note quali siano le cause che hanno portato la nave a urtare l'infrastruttura. Ciononostante, come si evince chiaramente dai video che hanno ripreso l'impatto, la nave ha generato una forza d'urto sulla pila in calcestruzzo armato, provocando l'irreparabile danneggiamento della sua sezione strutturale. L'entità delle forze in gioco non è attualmente di facilissima previsione, ma data la grande massa in moto anche velocità modeste possono aver generato importanti sollecitazioni. Il risultato è un conseguente collasso della pila e, a cascata, un cedimento strutturale di tutto l'impalcato, che si ritroverà di lì a breve ad avere una luce netta (cioè la distanza orizzontale tra due punti di appoggio) di 220 m + 370 m = 590 m circa.

In soldoni, l'urto e la conseguente perdita della pila hanno cambiato drasticamente lo schema statico del ponte, che si ritrova ora a lavorare secondo una concezione strutturale nuova, con luci in gioco totalmente differenti da quelle di partenza.

Immagine

La dinamica del crollo, che si sussegue all'urto, è generata da una reazione a catena che chiama in causa la struttura portante dell'impalcato, nonché la resistenza dell'acciaio che compone le aste della travatura:

  • Dovendo sopperire alla mancanza dell'appoggio fornito dalla pila, la travatura di impalcato comincia ad avere importanti flessioni, culminanti in una crisi nella sezione più debole della travatura (a sinistra della nave e della pila collassata).
  • Contemporaneamente, tutta la struttura (che ora lavora su 3 appoggi piuttosto che i 4 iniziali), risulta ora sbilanciata: ne consegue che la parte di estrema destra del ponte tende ad alzarsi al crescere delle flessioni verso il basso nella zona di sinistra.
  • Nella zona centrale, il collasso si propaga e coinvolge la crisi di  una sezione terminale di arco in prossimità della pila integra di destra, causando la separazione della zona a destra da quella a sinistra della pila integra. Questa crisi annulla l'effetto di contrappeso prima generato, con conseguente discesa della campata di estrema destra ancora “integra”. Probabilmente, però, il precedente sollevamento e i grandi spostamenti prodotti dal collasso iniziale hanno provocato ora un disallineamento dell'appoggio nella zona destra: nei fatti, l'ultima campata non sa più dove appoggiarsi nella discesa e progressivamente conduce in epilogo il crollo dell'intera struttura.

Si poteva evitare il collasso del ponte dopo lo scontro della nave cargo contro la pila?

Secondo gli attuali standard di progettazione, il calcolo strutturale di un ponte di questa tipologia deve tenere conto dei possibili urti generati dal traffico marittimo. Le attuali normative di settore, come gli Eurocodici o le stesse norme Americane, definiscono in modo esplicito l'entità delle forze di impatto di progetto, basate sempre e comunque su concetti probabilistici. Per tale ragione, risulta difficile oggi capire se la crisi della pila in questione derivi da una possibile progettazione non corretta o semplicemente dalla sfortuna! Per questo serviranno indagini approfondite per chiarire informazioni essenziali relative principalmente alla nave che ha generato l'impatto.

Bisogna considerare anche il fatto che il ponte Scott Key è stato costruito in un'epoca in cui navi cargo con il tonnellaggio di Dali non erano certo frequenti come oggi. È quindi lecito ipotizzare che durante la progettazione dell'infrastruttura non sia stata presa in considerazione l'evenienza di un impatto con una nave di tali dimensioni. A dire il vero, però, quando si ha a che fare con il cedimento di una pila è difficile attingere a riserve di resistenza intrinseche di questa tipologia: il crollo in questi casi diventa praticamente inevitabile. Per questo motivo impatti di questo tipo vengono evitati non aumentando la resistenza delle pile ma deviando con apposite strutture eventuali navi che per qualche motivo dovessero puntare contro le pile. Se queste erano presenti, però, è difficile immaginare che fossero realizzate per deviare una nave con le dimensioni e il tonnellaggio di Dali.

In situazioni estreme come questa diventa di fondamentale importanza il concetto di robustezza strutturale, ovvero la capacità di una struttura di superare un evento estremo. Il fenomeno è molto differente dal caso degli edifici, dove la crisi di un pilastro difficilmente genera un collasso a cascata dell'intera struttura, per via della presenza di una importante molteplicità di elementi che ne identifica elevata ridondanza e quindi una buona robustezza strutturale.

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