Costruire una rete commerciale terrestre e marittima tra Asia ed Europa alternativa alle rotte del commercio globale controllate dagli Stati Uniti: una follia? Secondo la Cina evidentemente no. Un simile progetto esiste, è in corso di realizzazione e in italiano prende il nome di Nuove Vie della Seta, a partire dalla celebre antica via della seta che un tempo permetteva il commercio tra Occidente e Oriente. In inglese potreste trovare l'iniziativa sotto le diciture One Belt, One Road oppure Belt and Road Initiative.
E come mai la Cina si sta lanciando in un simile progetto? È semplice: Pechino è sempre più centrale nelle dinamiche geopolitiche, ma non è ancora riuscita a scalzare gli USA come prima superpotenza mondiale. Non possedenda esportare all'estero o, a differenza degli USA, un "marchio" d(come, ad esempio, il sogno americano), Pechino punta tutto sull'influenza economica. Riuscirà nel suo intento? Intanto cerchiamo di comprendere meglio la situazione.
L'Impero del Centro e il secolo delle umiliazioni
Cina, in cinese, si dice in due modi: Zhongguo, che significa "Impero del Centro" e Tianxia, che significa invece "Tutto il mondo sotto il cielo". Fin dall'inizio della sua storia, la Cina si è rappresentata non solo come un impero collocato al centro del mondo, ma anche come un impero totalmente autosufficiente, assolutamente indifferente ad avere rapporti con gli altri. Se siamo "tutto il mondo sotto il cielo", ragionavano gli antichi cinesi, perché dobbiamo avere a che fare con gli altri?
Questo pensiero venne infranto dalle guerre dell'oppio e dai trattati di pace seguiti alla Prima Guerra Mondiale. Con la sconfitta nelle guerre dell'oppio, infatti, i cinesi scoprirono di poter essere sconfitti dagli occidentali, mentre con il trattato di Versailles Pechino perse lo Shandong – terra natale di Confucio – passato ai nemici di sempre: i giapponesi.
Non a caso, i cinesi definiscono tale periodo storico, che va dalle guerre dell'oppio (1839) alla rivoluzione di Mao (1949), "secolo delle umiliazioni". In questo secolo, la Cina ha scoperto di non essere "tutto il mondo sotto il cielo" e ha capito che, se non si interesserà al mondo, il mondo si interesserà a lei, con esiti tragici ed umilianti. Proprio da questa presa di coscienza è partito il progetto delle nuove vie della seta di Xi Jinping.
Il progetto One Belt One Road
Il progetto One Belt One Road è stato lanciato da Xi Jinping nel 2013 con un chiaro obiettivo: sovvertire la globalizzazione a trazione americana per sostituirla con una contro-globalizzazione guidata dalla Cina. L'iniziativa, a livello infrastrutturale, è gigantesca: si tratta di costruire linee ferroviarie che attraversano tutta l'Asia per arrivare fino in Europa, oltre che aprire nuove rotte marittime in grado di collegare Mar Cinese Orientale e Mar Mediterraneo, passando per gli stretti di Malacca, Bab-el-Mandeb e Suez.
Da un punto di vista infrastrutturale, quindi, la Cina si propone di finanziare la costruzione di porti, ferrovie, stazioni ferroviarie e di hub di stoccaggio per le merci. Sembrerebbe un regalo da parte dei cinesi alle nazioni in cui passeranno le nuove vie della seta, se non fosse che – accanto a queste infrastrutture – la Cina richieda e tenti sempre di inserire anche installazioni militari, nell'evidente tentativo di espandere la sua presenza fuori dai confini nazionali.
Insomma, il progetto cinese è mastodontico e ad oggi più di 68 nazioni (tra cui l'Italia) hanno firmato un memorandum d'intesa con Pechino, impegnandosi nell'iniziativa. La Cina pare aver deciso di interessarsi al mondo, e cerca dunque di allargare la sua sfera d'influenza.
Le difficoltà geopolitiche
Per quanto questo progetto sia ambizioso, esso dovrà scontrarsi con innumerevoli difficoltà. Innanzitutto, buona parte delle Nuove Vie della Seta dovrà attraversare la provincia cinese dello Xinjiang. Qui abita una popolazione di etnia uigura, culturalmente molto diversa da quella Han, predominante in Cina, e assolutamente restia ad assimilarsi. La regione è tutt'altro che pacificata ed è tristemente nota per le persecuzioni che il regime cinese porta avanti ai danni degli uiguri.
Ammesso e concesso che la Cina riesca a risolvere il problema della "pacificazione" dello Xinjiang, le Nuove Vie della Seta dovrebbero passare per l'Europa Orientale, proprio quella parte d'Europa nella quale ora si sta combattendo la guerra tra Russia e Ucraina. I Paesi di quell'area, Polonia e baltici in particolare, sono legati a doppio filo agli USA e ospitano migliaia di soldati NATO. Essendo vicini geograficamente alla Russia, essi infatti contano sugli Stati Uniti per la loro sicurezza. Washington la garantirà, a patto che essi non pensino di favorire lo sviluppo del progetto One Belt One Road. La mina vagante per Washington, al momento, è l'Ungheria, che ha un atteggiamento di vicinanza sia verso la Russia che verso la Cina.
A proposito di Europa dell'Est: la Cina aveva scelto il suo partner principale in quest'area. Indovinate un po'? Era proprio l'Ucraina. L'accordo tra Pechino e Kiev, però, ormai è lettera morta, anche per quella "amicizia senza limiti" che lega Cina e Russia.
Le difficoltà culturali
Oltre alle difficoltà geopolitiche, poi, vi sono le difficoltà culturali. Se Pechino vuole imporre una globalizzazione alternativa a quella americana, non basterà l'influenza economica. Gli americani, infatti, sono riusciti a vendere un sogno: l'american dream di fatto è un marchio geopolitico esportato dagli USA per favorire il processo di globalizzazione economica. I cinesi al momento non possiedono una narrazione universale, in grado di far presa su tutti (o quasi) gli abitanti del Pianeta e l'origine cinese del Covid-19 ha anche peggiorato questa situazione.
Certo, Pechino potrebbe sviluppare una narrazione, ma siamo sicuri che ne sia in grado? Xi Jinping promuove l'idea del "sogno cinese", ma siamo certi che la Cina, e i cinesi, abbiano smesso di pensarsi come "tutto il mondo sotto il cielo"?