Non assoceremmo mai l'uso della cocaina alla Milano dei tempi dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e in effetti la droga, per come la conosciamo oggi, non era presente allora nel capoluogo meneghino. Tuttavia un recentissimo studio da parte di un team di ricercatori dell'Università di Milano sembrerebbe confermare il consumo in città già nel ‘600 delle foglie della pianta di coca, che contengono una ridottissima quantità di cocaina (senza provocare effetti psicotropi, se consumate) e dalle quali a partire dal 1859 si cominciò a estrarre la sostanza che poi iniziò a essere assunta come droga. In particolare, lo studio dei resti umani provenienti dal cimitero dell'antico Ospedale Maggiore di Milano (nella cripta della Ca' Granda) ha portato all'individuazione di tracce della consumazione di foglie di coca di ben due secoli più antica rispetto a quanto era noto finora. Si riteneva infatti che l'uso della pianta di coca (originaria del Sudamerica) fosse iniziato in Italia e, più in generale, in Europa solo dopo la metà dell'Ottocento.
Per lo studio, il team composto da archeologi, antropologi forensi e tossicologi ha scelto un campione di nove individui, morti nel corso del XVII secolo e sepolti all'interno del cimitero sotterraneo legato all'antico ospedale, la Ca' Granda, la cripta della Chiesa della Beata Vergine Annunciata. Tutti i campioni scelti presentavano parte dei tessuti cerebrali almeno parzialmente conservata. Una volta estratti i campioni necessari, questi sono stati sottoposti alla spettrometria di massa, una delle tecniche più impiegate per riconoscere le molecole di diverse sostanze.
Su due campioni provenienti dalle scatole craniche di due individui, un uomo di età stimabile tra i 30 e i 45 anni, e un individuo di cui non è stato possibile stimare né il sesso né l'età, è stata rilevata la presenza di molecole di benzoilmetilecgonina (cocaina), benzoilecgonina e igrina. Queste tre sostanze sono componenti attive o derivate della Erythroxylum coca, la pianta della coca proveniente dall'America meridionale. Gli studiosi dell'Università di Milano hanno considerato inizialmente che queste molecole potessero essere collegate a una qualche contaminazione esterna, ma la presenza della benzoilmetilecgonina e della benzoilecgonina implica che la sostanza è stata assunta in vita dai due individui del campione. La seconda infatti è una sostanza prodotta dal metabolismo del nostro corpo a partire dalla molecola di benzoilmetilecgonina.
Si tratta di una scoperta straordinaria: fino a oggi, le prime notizie sulla presenza e il consumo della pianta di coca in Europa potevano essere datate al più tardi alla seconda metà dell'800. Mi raccomando, però, lo ribadiamo: non dobbiamo pensare al moderno consumo di cocaina come droga sotto forma di sali, ma alla semplice masticazione delle foglie, come già da secoli era costume di molte popolazioni native delle Ande, zona della quale è originaria la pianta Erythroxylum coca. La masticazione delle foglie di coca avviene tuttora e non è un'attività illegale, proprio perché non genera effetti psicotropi: viene praticata ad esempio dai minatori andini perché riesce ad aumentare un po' la resistenza fisica e ad alleviare il senso di fame e fatica.
A questo punto cerchiamo di dare a questa scoperta un po' di contesto storico. L'abitudine di masticare foglie di coca era piuttosto diffusa fra le popolazioni andine ben prima dell'arrivo dei conquistadores spagnoli nel Nuovo Mondo. Quando gli Europei riconobbero le capacità di questa pianta, impararono a sfruttarla, senza però iniziare un'importazione massiva nel Vecchio Continente. Tuttavia è plausibile che nel XVII secolo due pazienti dell'Ospedale Maggiore di Milano abbiano avuto la possibilità di consumare delle foglie di coca.
Non dobbiamo dimenticare che il Ducato di Milano all'epoca era parte dei possedimenti spagnoli e che la città meneghina era già a uno dei principali centri economici d'Europa, caratterizzato da massicce importazioni di beni di lusso ed esotici. Nonostante poi la sostanza non sia presente nell'antico registro dei farmaci dell'ospedale fino alla fine dell'800, non è da escludere che i due individui positivi al test la abbiano assunta su prescrizione medica esterna (non dell'ospedale) o a scopo ricreativo. Il cranio maschile di età stimabile fra i 30 e i 45 anni presentava tracce che suggeriscono soffrisse di sifilide al terzo stadio, e l'uso delle foglie poteva essere un rimedio ai dolori cronici.