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23 Aprile 2024
9:20

Il raid di Doolittle, storia della prima incursione area USA su Tokyo dopo Pearl Harbor

Il 18 aprile 1942, 80 volontari dell'esercito americano partirono per una missione su Tokyo consapevoli dell'alto rischio: la prima incursione aerea degli USA su suolo giapponese. L'obiettivo: alzare il morale della Nazione dopo l'attacco a Pearl Harbor.

A cura di Roberto Manzo
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Il raid di Doolittle, storia della prima incursione area USA su Tokyo dopo Pearl Harbor
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Il raid di Doolittle, nome con cui è passato alla storia la prima incursione aerea degli USA su Tokyo durante la Seconda guerra mondiale il 18 aprile 1942, deve il suo nome al tenente colonnello Jimmy Doolittle, che la ideò e la condusse con 16 bombardieri North American B-25 Mitchell. Fu una missione particolare innanzitutto perché non aveva un obiettivo strategico ma morale: alzare il morale delle truppe americane con una risposta all'attacco a Pearl Harbor da parte dei giapponesi il 7 dicembre 1941. Tra le altre particolarità del raid c'era poi il fatto che la missione non prevedeva ritorno: Doolittle aveva calcolato che i B-25 non potevano rientrare alla portaerei USS Hornet della US Navy, ma sarebbero potuti atterrare in Cina.

Come e quando fu ideato il raid Doolittle: le origini dell'incursione aerea su Tokyo

Siamo nei primi mesi del 1942, gli Stati Uniti vennero catapultati militarmente nella Seconda Guerra Mondiale a seguito dell'attacco di Pearl Harbor. Gli americani erano ancora sotto shock e l'Impero Giapponese stava dilagando indisturbato, con la Marina Americana quasi totalmente distrutta, nel Sud-Est Asiatico e nel Pacifico. L'espansione militare nipponica sembrava irrefrenabile e la madrepatria giapponese inattaccabile.

I vertici militari americani erano alla ricerca della prima risposta militare. Fu allora che il Capitano della US Navy Francis Low ebbe l'idea di un bombardamento sul Giappone, quando si rese conto che, in particolari condizioni, un bombardiere sarebbe riuscito a decollare da una portaerei. L'idea convinse i vertici militari statunitensi, che affidarono il compito di pianificarla e condurla al tenente colonnello USAAF Jimmy Doolittle, esperto aviatore e ingegnere aeronautico.

Cosa prevedeva la missione USA dopo Pearl Harbor: i dettagli della missione

Doolittle pianificò dettagliatamente tutta la missione, scegliendo il velivolo e il personale in seno all'esercito (a quei tempi l'Aeronautica Americana Militare non esisteva come forza indipendente ma faceva parte dell'esercito). Vista la particolarità della missione e l'alto rischio, i partecipanti alla missione furono solo volontari.

La missione prevedeva il lancio degli aerei a circa 400 km dalle coste giapponesi, il bombardamento su punti prestabilititi (tra cui Tokyo) e, visto l'impossibilità per i bombardieri di atterrare sulla portaerei, di seguire per la Cina Occupata, dove, grazie alle operazioni di Intelligence, erano state preparate alcune piste di atterraggio.

Doolittle si coordinò con la Marina e il 1° aprile 1942 iniziò la missione.

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Jimmy Doolittle.

Come fu modificato il B-25 Mitchell, l'aereo protagonista dell'attacco su Tokyo

L'aereo scelto da Jimmy Doolittle fu il North American B-25 Mitchell, un bombardiere medio bimotore ad ala media protagonista di molte sortite durante tutta la WW2, sia nel teatro Europeo che quello del Pacifico.

Fu scelto questo particolare tipo di bombardiere per le sue ridotte dimensioni e buona autonomia. L'addestramento durò qualche settimana, ricercando la condizione ottimale per decollare dalla portaerei, basti pensare che era la prima volta che un bombardiere veniva lanciato da una portaerei e che all'epoca non esistevano ancora le catapulte moderne.

L'aero fu opportunatamente modificato per il ponte dei volo, alleggerendolo di tutto quanto non indispensabile. Furono tolte le mitragliatrici di coda, sostituite con alcune finte, furono lasciate solo quelle sulla torretta dorsale e fu sostituito il mirino Norden con uno strumento decisamente semplificato per evitare che cadesse in mano ai giapponesi. Ogni aereo trasportava 4 bombe di circa 230 kg e furono aggiunti serbatoi supplementari con il carburante sufficiente a raggiungere la Cina.

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North American B–25 Mitchell. Credit: Sherwood Mark.

Cosa avvenne durante il raid di Doolittle: il racconto del 18 aprile 1942

La missione ebbe vita il 1° aprile 1942 quando 16 B-25 furino caricati sulla portaerei Hornet nel porto di Alameda in California. Ogni bombardiere aveva un equipaggio di 5 uomini, per un totale di 80 aviatori. Dopo qualche giorno la Hornet si unì alla Task Force della portaerei USS Enterprise e il convoglio si diresse attraverso il Pacifico.

La mattina del 18 aprile il convoglio fu avvistato da un pattugliatore giapponese il Nittō Maru che fu prontamente abbattuto da una nave del convoglio americano. In quel momento il convoglio si trovava a circa 370 km dal punto prestabilito per il lancio e con un giorno in anticipo, ma quel punto Doolittle ed il capitano della Hornet, nel dubbio se il pattugliatore avesse lanciato o meno l'allarme via radio, decisero di lanciare i bombardieri. Il primo a decollare fu proprio Doolittle seguito dagli altri 15 equipaggi, non ci furono difficoltà nei decolli e nel volo a bassa quota. Raggiunto il Giappone, ogni bombardiere si diresse verso il punto prestabilito e tutti ebbero modo di lanciare le proprie bombe, colpendo verso mezzogiorno obbiettivi militari su Tokyo, Yokohama, Kōbe, Osaka e Nagoya. Durante il raid furono colpiti anche insediamenti civili.

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La mappa del raid di Doolittle.

Dopo il bombardamento tutti gli equipaggi si diressero verto la Cina occupata, ma le avverse condizioni meteorologiche e le riserve di carburante resero la meta impossibile. Un equipaggio si diresse, disubbidendo agli ordini verso Vladivostok in Russia, dove l'aereo fu sequestrato e l'equipaggio catturato e internato fino al 1943, quando fu liberato seguito attività di intelligence. Gli altri 15 equipaggi si lanciarono sulla Cina, tutti tranne 10 uomini riuscirono a tornare a casa (compreso Doolittle) dopo varie peripezie. Dei 10 uomini due morirono durante il lancio, 4 per maltrattamenti o processo farsa e solo nell'agosto del 1945 gli ultimi 4 uomini furono liberati da truppe americane.

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Doolittle ed il suo equipaggio. Credit: USAAF.

Le conseguenze del raid

Il raid era stato progettato senza pretese belliche o tattiche, ma solo per alzare il morale degli americani, dimostrando che anche il Giappone potette essere attaccato. In ogni caso, dopo la guerra si scoprì in realtà che Doolittle e i suoi uomini erano riusciti a colpire molteplici obbiettivi bellici creando più danni di quanto immaginato.

Dal punto di vista giapponese invece, il raid portò a conseguenze tattiche, in quanto molti caccia furono richiamati dai teatri operativi a difesa della madrepatria, indebolente inevitabilmente le guarnigioni sparse per il Pacifico.

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