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Sotto l’Antartide orientale si estende una catena montuosa lunga 1200 km e alta fino a 3400 m, quella dei Monti Gamburtsev, invisibile ai nostri occhi perché nascosta da centinaia di metri di ghiaccio. Un nuovo studio condotto da un team di ricercatori australiani e pubblicato su Earth and Planetary Science Letters ha chiarito come e quando queste montagne si sono formate, rispondendo a un interrogativo rimasto aperto da quando sono state scoperte oltre cinquant’anni fa. Le catene montuose, infatti, si formano in aree attive dal punto di vista tettonico, mentre l’Antartide orientale sotto questo aspetto è stabile da centinaia di milioni di anni. I ricercatori, analizzando particolari minerali chiamati zirconi, hanno determinato che i Monti Gamburtsev si sono originati circa 600 milioni di anni fa a causa della collisione tra placche tettoniche che ha portato alla formazione del supercontinente Gondwana.
La scoperta dei Monti Gamburtsev
Sotto la calotta glaciale antartica si trova un paesaggio sepolto costituito da antiche valli, pianure e montagne che fino a 34 milioni di anni fa, quando in Antartide il clima era temperato, erano libere dai ghiacci. In seguito, un raffreddamento climatico globale, dovuto alla diminuzione di CO2 in atmosfera, portò alla formazione della calotta glaciale. I ghiacci ricoprirono la quasi totalità del continente, ma le cime di alcune catene montuose risultano ancora visibili. Questo però non accade per i Monti Gamburtsev, che sono interamente ricoperti da centinaia di metri di ghiaccio.

Dal momento che non possiamo vedere questi rilievi, la loro scoperta, avvenuta nell’ambito di una spedizione russa nel 1958, è stata possibile grazie all’utilizzo di tecniche sismiche. Il loro ritrovamento ha destato enorme stupore anche per le dimensioni di questi rilievi: lunghi 1200 km e alti fino a 3400 m, sono paragonabili alle nostre Alpi. Sono anche una delle catene montuose meglio conservate del pianeta, dal momento che il ghiaccio le ha protette dall’erosione.

Come è stata scoperta l’origine dei Monti Gamburtsev
Per ottenere nuove informazioni su questa catena montuosa, i ricercatori hanno analizzato minuscoli cristalli di zircone ritrovati a centinaia di kilometri di distanza presso i Monti Prince Charles all’interno di sedimenti di origine fluviale. Questi sedimenti, che nel tempo si sono trasformati in arenarie, sono stati trasportati da fiumi che scendevano dai Monti Gamburtsev prima che questi fossero sepolti dai ghiacci. Gli zirconi sono rari minerali che contengono uranio, il quale si trasforma progressivamente in piombo impiegando un periodo di tempo a noi noto. Individuando quindi quanto uranio fino a oggi si è trasformato in piombo è stato possibile datare la formazione di questi minerali. Gli zirconi si originano dalla solidificazione del magma: ciò significa che quando si sono formati in corrispondenza dell’Antartide orientale si verificavano processi di fusione delle rocce, che hanno accompagnato la formazione della catena montuosa.

La formazione dei Monti Gamburtsev
In base all’età degli zirconi, si è stabilito che i Monti Gamburtsev si originarono circa 600 milioni di anni fa. Più precisamente, circa 650 milioni di anni fa due grandi continenti prima separati dall’oceano si scontrarono presso il polo Sud contribuendo alla formazione del supercontinente Gondwana (che comprendeva Africa, Sud America, Australia, India e Antartide). La crosta terrestre si sollevò originando rilievi che circa 580 milioni di anni fa raggiunsero l’altezza delle vette dell’Himalaya. Man mano che i rilievi si sollevavano, in profondità le rocce si riscaldavano e fondevano parzialmente fluendo di lato. Questo fenomeno ha causato lo sprofondamento di alcune parti della catena montuosa. Nei prossimi anni probabilmente emergeranno nuovi dettagli su questi rilievi, così come sul resto del paesaggio sepolto sotto l’Antartide. Il continente è infatti al centro di un interesse crescente da parte dei ricercatori, che solo qualche mese fa hanno pubblicato una nuova mappa che mostra l’Antartide per come apparirebbe senza i ghiacci che la ricoprono. La mappa, realizzata nell’ambito del progetto internazionale Bedmap3, è il frutto di oltre 60 anni di rilevamenti.
