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Dopo quasi tre mesi di blocco totale degli aiuti umanitari, le autorità militari israeliane hanno permesso ad alcune decine di camion con aiuti umanitari di entrare di nuovo nella Striscia di Gaza. La decisione, arrivata tra il 19 e il 20 maggio scorsi, è la conseguenza delle prime pressioni internazionali sul governo di estrema destra del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Negli ultimi giorni, infatti, anche alleati storici di Israele hanno protestato per la nuova offensiva dell'Esercito israeliano in corso a Gaza, che ha ormai l'obiettivo esplicito di conquistare le terre palestinesi e chiudere gli oltre due milioni di abitanti in alcune zone isolate nel territorio senza possibilità di uscita tra macerie e carestia.
Nonostante ciò, le Nazioni Unite presenti nella Striscia hanno reso noto che i camion sono stati subito bloccati, e che gli aiuti sono stati trattenuti dalle forze di sicurezza israeliane e non sono ancora stati distribuiti ai gazawi.
Di fronte alla gravità della situazione, l'Unione Europea ha avviato la revisione dell'accordo di associazione con Israele, mentre Regno Unito, Francia e Canada stanno minacciando sanzioni per violazioni dei diritti umani.
Attenzione: la questione israelo-palestinese è estremamente complessa e delicata e siamo consapevoli che ogni tipo di sintesi rischia di omettere informazioni; pertanto questo articolo va visto nell’insieme dei contenuti che abbiamo proposto e che proporremo nei prossimi giorni. Vi invitiamo quindi a non perderli: potete trovare tutto nella categoria Guerra Israele-Palestina del nostro sito. Sappiate che il nostro scopo è di far capire la situazione geopolitica con la massima neutralità e stimolare l’interesse per ulteriori approfondimenti.
Israele e Gaza: decine di migliaia di palestinesi a rischio di morte per fame
A smuovere l'opinione pubblica internazionale e numerosi governi è anche la gravissima crisi alimentare scatenata dall'embargo, che secondo ONG e osservatori internazionali ha già causato la morte per fame di oltre 300 bambini palestinesi solo a partire dal 2 marzo scorso. Secondo quanto dichiarato il 20 maggio da Tom Fletcher, sottosegretario generale per gli Affari umanitari della Nazioni Unite, al momento sono più di 14.000 i bambini che rischiano di morire per la malnutrizione nelle prossime 48 ore, a causa del blocco totale degli aiuti umanitari imposto da Israele 11 settimane fa.

Inoltre, l'arrivo degli aiuti alla popolazione è rallentato e ostacolato dalla decisione del governo di Netanyahu di impedire alla UNRWA (l'agenzia ONU che si occupa dell'assistenza ai palestinesi) di occuparsi direttamente dello stoccaggio e distribuzione degli aiuti. L'incarico è stato infatti affidato al Cogat, l'organismo militare israeliano che supervisiona gli aiuti umanitari. Per questo Fletcher ha chiesto alle autorità israeliane di «aprire almeno due valichi a Gaza, uno a nord e l’altro a sud; semplificare e accelerare le procedure e rimuovere qualsiasi contingentamento; eliminare gli impedimenti all’accesso all’interno di Gaza e non condurre attacchi nelle aree e nei momenti in cui avvengono le consegne; permetterci di coprire l’intera gamma di necessità – cibo, acqua, igiene, ripari, salute, carburante, gas e altro».
Il responsabile delle Nazioni Unite ha anche ribadito che per «ridurre i saccheggi, deve esserci un flusso regolare di aiuti e gli operatori umanitari devono essere autorizzati a utilizzare più percorsi. I beni commerciali devono integrare la risposta umanitaria».
I camion provenienti da Israele sono bloccati dal governo di Tel Aviv
Mentre si moltiplicano le accuse contro il governo israeliano di usare la fame come un'arma di guerra contro la popolazione civile, in quella che sembra una punizione collettiva dei palestinesi per le azioni dell'organizzazione terroristica di Hamas, il 19 maggio il governo di Tel Aviv ha dichiarato di aver autorizzato l'ingresso nella Striscia di Gaza di 5 camion di aiuti umanitari attraverso il valico di Kerem Shalom, seguiti nella giornata di martedì 20 maggio da altri 93. Una cifra davvero irrisoria, contando che (secondo le stime) ne servirebbero diverse centinaia al giorno, soprattutto dopo tre mesi di blocco totale. Come ha detto Fletcher, «si tratta di una goccia nell’oceano rispetto a ciò che è urgentemente necessario».
Tuttavia, come anticipato in apertura, i camion entrati non molte ore fa sono bloccati a causa delle restrizioni provenienti dal governo di Tel Aviv, quindi nessuno dei beni a bordo è stato distribuito alla popolazione.
Le ritorsioni dell'Unione europea contro Israele
In questo devastante scenario di carestia e mancanza di acqua, i gazawi sono bloccati nelle tende (il 92% delle case, infatti, è inagibile a causa dei continui bombardamenti israeliani) senza via di uscita, visto che il 62% delle strade è danneggiato o distrutto (percentuale comunque più bassa di quella degli ospedali, quasi tutti completamente distrutti).
Così, tra bombardamenti, stratificazioni di macerie e colpi di artiglieria prosegue l'offensiva militare israeliana nel Nord e nel Sud della Striscia di Gaza. Davanti all'evidenza di questi fatti e alla continua pressione di molti civili europei sulle istituzioni, il Consiglio europeo dei ministri degli Esteri e della Difesa ha deciso di riunirsi il 20 maggio ha votato con una larga maggioranza (17 Paesi su 27) per una revisione dei rapporti commerciali tra Unione europea e Stato di Israele, sostenendo che Tel Aviv abbia violato il trattato di associazione con Israele firmato nel 1995 e in vigore dal 2000.
Al punto 2 dell'accordo si legge infatti che i Paesi firmatari si impegnano a «a rispettare i diritti dell’uomo e dei principi democratici». La proposta di mettere in discussione il trattato è arrivata dai Paesi Bassi ed è passata con il voto favorevole, tra gli altri di Francia, Belgio, Spagna, Svezia, Polonia, Romania, Irlanda e Austria. Contro la decisione si sono schierati l'Italia, la Germania, l'Ungheria e la Croazia.
Non è passata invece la proposta della Svezia di colpire con sanzioni alcuni ministri di Benjamin Netanyahu, in particolare quelli espressione dell'ala più nazionalista ed estremista del governo. La misura è stata bloccata a causa del veto dell'Ungheria.
Ora la palla passa alla Commissione europea, che deve verificare la gravità di queste violazioni e decidere di conseguenza se interrompere una serie di rapporti bilaterali con Israele.
