
In un momento di tensioni globali e incertezze geopolitiche, il Cremlino ha deciso di rilanciare un progetto simbolico: un tunnel tra Russia e Stati Uniti per riaprire il dialogo economico. Difatti, il direttore del Fondo russo per gli Investimenti diretti Kirill Dmitriev ha recentemente proposto al patron di Tesla Elon Musk la costruzione di un "tunnel Putin-Trump" sotto lo Stretto di Bering, il braccio di mare che separa la Russia dall’Alaska.
L’idea, tutt’altro che nuova, è stata rilanciata come simbolo di un possibile riavvicinamento tra i due Paesi, sfruttando le capacità tecniche della Boring Company, l'azienda fondata da Musk che si occupa di sviluppare infrastrutture di trasporto sotterraneo. Secondo le stime di Dmitriev, il costo del megaprogetto ipotetico per collegare la regione siberiana della Čukotka con l’Alaska attraverso un tunnel lungo circa 112,5 chilometri si aggirerebbe intorno agli 8 miliardi di dollari. Questa cifra va interpretata come un “obiettivo teorico”, non come un costo formalmente approvato o vincolante.

I commentatori russi hanno ripreso il piano con il nome di “Tunnel Putin-Trump”, coinvolgendo il leader russo e il presidente degli Stati Uniti: il tycoon americano, notoriamente appassionato di grandi opere infrastrutturali, ha definito l’idea “interessante”. Trump non è stato l'unico a pensarla così: dai visionari americani dell’Ottocento ai cospiratori della Guerra Fredda, passando per gli emissari odierni del Cremlino, l'idea di collegare fisicamente Russia e Stati Uniti attraverso il passaggio artico è tornata più volte alla ribalta, con costi sbalorditivi e notevoli implicazioni geopolitiche.
Russia e Stati Uniti: la storia del ponte sullo stretto di Bering
Il percorso di questa maxi opera infrastrutturale cominciò all’inizio del XX secolo, quando un sindacato di magnati delle ferrovie statunitensi propose un piano per una ferrovia Siberia-Alaska che immaginava un tunnel sotto lo Stretto di Bering e una connessione trans-siberiana fino alla città russa di Irkutsk. Il concetto si basava sul pensiero della "Cosmopolitan Railway" di fine Ottocento, l'idea di una grande rete ferroviaria per unire e connettere diverse culture, e sulle prime proposte dell'ingegnere statunitense Joseph Strauss, noto per la costruzione del ponte Golden Gate. Nessuno di questi progetti trovò seguito, ma avviò il dibattito sulla costruzione di una ferrovia che potesse ridurre le distanze attraversando l'Artico.
L'idea di un legame simbolico tra Stati Uniti e URSS tornò sotto i riflettori negli anni Sessanta del Novecento. Documenti d’archivio russi recentemente resi pubblici includono una mappa contrassegnata come Ponte mondiale della Pace che presentava una visione di un collegamento fisico tra l’Alaska e la Siberia. L’idea non era simbolica: si trattava di un progetto concreto per la pace attraverso il commercio, un ponte letterale tra due sistemi rivali nel pieno della Guerra Fredda. Anche se la provenienza e l'intento sono ancora oggetto di discussione, i documenti sembrano sottolineare come il collegamento di Bering sia stato a lungo oggetto di valutazione, anche se più come metafora che come struttura concreta.
I riflettori sul passaggio artico tornarono ad accendersi nel 2007, quando funzionari russi promossero il progetto del Tkm-World Link: un corridoio di 6.000 chilometri con un tunnel sotto lo stretto e un costo complessivo di quasi 65 miliardi di dollari. Nel 2008, poi, l'allora premier russo Vladimir Putin approvò un piano per estendere la rete ferroviaria russa più a est, verso la Siberia orientale e il Pacifico, come parte di un piano di sviluppo a lungo termine, e nel 2011, funzionari russi di alto livello espressero nuovamente supporto verso l'iniziativa. Solo il segmento dello stretto sarebbe costato tra 10 e 12 miliardi di dollari, senza contare migliaia di chilometri di ferrovie, porti e infrastrutture energetiche.
Qualche anno dopo, anche la Cina dichiarò di considerare una linea ad alta velocità che partendo dal suo nord-est, avrebbe attraversato la Siberia orientale passando sotto lo Stretto di Bering tramite un tunnel sottomarino di circa 200 chilometri, per poi arrivare in Alaska e collegarsi con la rete ferroviaria nordamericana. Tutti questi piani rimasero sulla carta a causa di costi enormi, difficoltà tecniche e rivalità geopolitiche. Negli Stati Uniti, invece, nessuna amministrazione ha mai adottato ufficialmente l’idea di costruire un collegamento attraverso lo Stretto di Bering. Tuttavia, in Alaska, un gruppo di sostenitori guidato dal governatore Wally Hickel promosse per molto tempo un "Ponte della Pace intercontinentale".
Difficoltà tecniche e geopolitiche del progetto
Questo megaprogetto infrastrutturale, dopo i vari ostacoli riscontrati nel corso dei decenni, oggi deve rispondere a una domanda fondamentale per la logistica contemporanea: l'innovazione ingegneristica può davvero unire territori separati da uno dei mari più inospitali del pianeta, mentre il clima e l’accesso alle risorse artiche cambiano? Gli esperti hanno individuato una serie di ostacoli:
- Estensione. Il tunnel sarebbe la parte meno costosa del progetto: le sezioni più onerose riguardano infatti migliaia di chilometri di nuove infrastrutture (ferrovie, strade, porti) attraverso la regione della Čukotka e l’Alaska occidentale, fra i territori più remoti e ricchi di permafrost della Terra.
- Clima e geografia estrema. La regione attraversata presenta condizioni ambientali estreme: gelo persistente, venti, gelate marine e permafrost. Tutto ciò potrebbe complicare non solo la costruzione, ma rendere anche la manutenzione uno sforzo significativo.
- Scarsi flussi commerciali. Il commercio bilaterale tra gli Stati Uniti e la Russia è sempre stato modesto e ha subito un drastico calo dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. Le esportazioni russe consistono in gran parte di energia e materie prime, ma gli Stati Uniti dispongono già in abbondanza di queste risorse.
- Economia dell’indotto e redditività. Perché un tunnel o una ferrovia di queste dimensioni possano avere senso a livello economico, devono esserci traffici consistenti di passeggeri o merci. Ma la sola idea di trasportare risorse artiche russe verso gli Stati Uniti (fattibile anche via mare) non garantisce da sola il ritorno economico di un’infrastruttura così immensa.
Se l’innovazione tecnologica potrà forse permettere la realizzazione del tunnel, restano sul tavolo una serie di incognite: chi userà questa infrastruttura, con quale traffico, e soprattutto… con quale rendita? Senza una risposta precisa a queste domande, sembra che questo progetto continuerà a restare un’idea certamente suggestiva, ma puramente teorica.