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Cos’è il razionamento del gas e che impatto avrebbe nella vita di tutti i giorni

Se ne sente parlare spesso in questi giorni, come possibile conseguenza della crisi energetica che stiamo vivendo. Ma cosa si intende precisamente per razionamento? E che ripercussioni avrebbe nella nostra vita quotidiana?

A cura di Videostorie
29 Marzo 2022
18:15
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Cos’è il razionamento del gas e che impatto avrebbe nella vita di tutti i giorni
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Negli ultimi giorni, a causa del conflitto russo-ucraino in corso e la conseguente crisi energetica, sentiamo sempre più spesso parlare di "razionamento” del gas. Anche se siamo ancora ben lontani da una vera situazione di allarme (come chiarito dallo stesso Presidente del Consiglio), ci siamo comunque voluti porre un paio di domande. Cosa si intende per razionamento? E che ripercussioni avrebbe sulla nostra vita quotidiana?

Cos'è il razionamento

Lo lascia intuire stesso la parola: razionamento implica la riduzione del consumo di un determinato bene. Nella nostra situazione parliamo di gas, una fonte energetica il cui reperimento potrebbe essere penalizzato dalla guerra in corso in Ucraina. Ma a chi spetta decidere di questo razionamento? La decisione spetta al MiTE, il Ministero della Transizione ecologica, che però, prima di chiudere i rubinetti, è chiamato ad adottare tutta una serie di step intermedi volti ad aumentare l’offerta e/o a ridurre la domanda di gas. È il cosiddetto “Early warning”, o livello di preallarme, che sussiste quando “esistono informazioni concrete, serie ed affidabili secondo le quali può verificarsi un evento che potrebbe deteriorare significativamente la situazione dell’approvvigionamento”. Cosa si fa durante questa fase? Si cerca di aumentare, dove possibile, le riserve di gas (soprattutto in ottica futura), e ci si attiva, sin da subito, per ridurre i consumi, a prescindere dalla dichiarazione del livello di emergenza.

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Operai al lavoro su un gasdotto – Foto credit: Snam

Non si vive di solo gas

Se da una parte spetta al MiTE attivarsi per aumentare i rifornimenti di queste riserve (magari ricercando nuovi partner energetici) e incentivare la riduzione dei consumi (come vedremo più avanti), da un punto di vista prettamente operativo sarà importante il ruolo giocato da Terna S.p.A., che, in qualità di gestore della rete di trasmissione nazionale, avrà il compito di massimizzare l’impiego delle centrali elettriche che vanno a carbone o a olio combustibile, per la durata di tempo che sarà indicata dal MiTE. Tradotto: si spingono a pieno regime le centrali elettriche che non sono alimentate a gas (sempre nei limiti delle emissioni nell’atmosfera), così da concedere alle centrali a gas un po’ di tregua e consentire il riempimento dei siti di stoccaggio.

Il livello di emergenza

Se queste misure preventive, adottate nello stato di pre-allarme per il gas, non dovessero bastare (e le previsioni dicono che dovrebbero), allora ci toccherà fare qualche sacrificio. Per quanto riguarda i provvedimenti che ci riguardano più da vicino (nelle nostre case), il piano di emergenza dice che, in situazione di livello di emergenza (che è il massimo) dovranno essere definite delle “nuove soglie di temperatura e/o orari per il riscaldamento e/o teleriscaldamento nel settore civile”, per quei sistemi che sono appunto alimentati dal gas. Tradotto: non potremo portare il riscaldamento oltre una certa temperatura, o non potremmo disporre dell’energia elettrica in alcune fasce della giornata. È previsto anche un rincaro dei prezzi dell'energia, fatti salvi quei clienti che si trovino in condizioni di “povertà energetica”.

La crisi energetica del 1973

Per i più giovani si tratta probabilmente di uno scenario mai visto, ma chi ha qualche anno in più si ricorderà senz'atro la crisi energetica del 1973. In quell'occasione gli italiani scoprirono le domeniche in bicicletta (perché non si poteva usare l’auto), videro le luci delle città affievolirsi e le insegne dei bar spegnersi. In quel caso i provvedimenti adottati dal governo furono piuttosto drastici, al punto da cambiare effettivamente la vita delle famiglie italiane. Furono anticipati gli orari di chiusura dei negozi, come anche la messa in onda del telegiornale e di conseguenza l’ora in cui ci si riuniva per cena. Per ridurre i consumi di benzina furono persino abbassati i limiti di velocità. Questo clima di austerity durò pochi mesi, che però bastarono a cambiare per sempre alcune abitudini degli italiani. Pensate che il programma Domenica In fu ideato proprio per tenere gli italiani a casa la domenica pomeriggio, scoraggiando l’uso dell’auto per le gite fuori porta.

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Corso Buenos Aires a Milano durante la crisi energetica del 1973

La riduzione dei consumi

Oggi siamo sicuramente ben lontani dal vivere una situazione come quella degli anni ‘70, ma una riflessione possiamo farla. Imparare a ridurre i consumi in via preventiva, senza quindi aspettare di trovarci nella situazione di emergenza vera e propria, può avere più di un risvolto positivo. Ridurre i consumi ci può rendere più indipendenti da un punto di vista energetico (permettendoci di accumulare scorte), ci può aiutare a ridurre le emissioni di CO2 (e quindi andare incontro agli obiettivi ambientali) e ci può dare più margine per investire sulle rinnovabili, non avendo la necessità di ricorrere continuamente alle fonti fossili. Qualche consiglio sulle piccole cose da poter far ogni giorno ve l'avevamo dato in questo video. Queste cose non risolveranno da sole il problema energetico italiano, ma messe insieme possono dare una grandissima mano.

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