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Per capire davvero Stonehenge forse dovremmo studiarne la geochimica

Stonehenge è senza dubbio uno dei siti più affascinanti della Terra, intorno al quale girano ancora tantissimi interrogativi senza risposta. Ci siamo quindi chiesti: qual è la giusta prospettiva scientifica da cui osservare Stonehenge? La risposta è meno scontata di quel che si pensi.

A cura di Videostorie
19 Gennaio 2022
18:15
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Per capire davvero Stonehenge forse dovremmo studiarne la geochimica
stonehenge

Stonehenge, dall’inglese stone (pietra) e hang (sospesa), è un sito risalente al Neolitico che si trova nel Sud dell’Inghilterra, precisamente nella pianura di Salisbury, nel Wiltshire, a circa 3 km a ovest di Amesbury. È forse il più celebre tra tutti i cromlech, nome con cui sono indicati i circoli di pietra adibiti a luogo di culto.

La composizione di Stonehenge

La datazione radiocarbonica effettuata sul sito suggerisce che ci siano state più fasi costruttive, la prima delle quali risale al 3000-2900 a.C. circa, quando furono costruiti il terrapieno e il fossato, mentre la maggioranza delle pietre che vediamo oggi sono state aggiunte tra il 2600 e il 1600 a.C.. Le pietre a Stonehenge possono essere classificate in due tipi: le "sarsen" più grandi e le "bluestones" più piccole. Le sarsen sono delle arenarie, alte in media 4 metri e pesanti 25 tonnellate circa, che formavano il cerchio esterno. La composizione interna è invece data dalle bluestones (da noi chiamate doleriti), di dimensioni più piccole. L’attuale disposizione dei megaliti di Stonehenge indica che ci potremmo trovare davanti a un “antico osservatorio astronomico”, costruito probabilmente a partire dall’osservazione dei punti di solstizio ed equinozio.

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Vista aerea del sito di Stonehenge

Partendo da questi elementi la prima cosa che ci lascia meravigliati è quella di constatare come, già migliaia di anni fa, i popoli che vivevano in questi luoghi erano in grado di osservare scientificamente il mondo intorno a loro. Certo di questo non possiamo avere la certezza assoluta: sono passati così tanti anni che la disposizione delle pietre potrebbe essere stata cambiata più volte, o comunque basarsi su delle credenze che sono state poi superate nel tempo. La cosa migliore che possiamo fare è basarci quindi sulle evidenze scientifiche: sono poche ma ci sono. E derivano da una branca delle Scienze chiamata geochimica.

La geochimica di Stonehenge

Uno studio pubblicato sulla rivista “Science Advances” è riuscito a risalire al luogo di provenienza delle pietre: si è scoperto infatti che 50 dei 52 “sarsen”, i megaliti di arenaria che compongono la struttura principale, condividono la stessa chimica e, per deduzione, potrebbero provenire da una stessa area di origine, poi individuata a West Woods, un’area boschiva che si trova a 25 km da Stonehenge. Le “bluestone” più piccole che si trovano al centro verrebbero invece da molto più lontano, precisamente dalle Preseli Hills in Galles, dove i ricercatori hanno trovato due cave dalla perfetta corrispondenza. Alcune delle pietre di Stonehenge avrebbero quindi viaggiato per oltre 300 km e vissuto molte vite dal momento che sono stati trovati resti di altri cromlech sparsi lungo tutta la strada.

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Le tante vite di Stonehenge

Che conclusioni possiamo trarre da queste nuove scoperte? La prima è che le pietre che compongono Stonehenge dovevano avere per chi ci ha preceduto un valore molto profondo. C’è chi sostiene addirittura che fossero la rappresentazione fisica degli antenati o dei loro ricordi ancestrali. In questo modo si potrebbe spiegare il fatto che delle persone abbiano viaggiato così tanto e così lontano per recuperare dei monoliti: i popoli del Neolitico forse stavano letteralmente trasportando in giro il peso dei loro avi, dando loro una nuova vita e creando un ponte tra passato e futuro. Lo stesso sito di Stonehenge diventerebbe così un luogo che potrebbe essere capito solo nel suo “divenire”. Chi lo ha vissuto nel corso del tempo lo avrebbe cambiato e trasformato secondo le proprie credenze e tradizioni. Insomma, saremmo davanti a uno dei primi “monumenti condivisi” della storia, un luogo dove gli uomini si sono susseguiti ma le pietre sono rimaste, lasciate ai posteri in eredità.

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