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21 Aprile 2023
9:48

Apollo 16, quali erano gli obietti della missione e che attività sono state fatte sulla Luna

In occasione del 51esimo anniversario, ripercorriamo le principali tappe della missione lunare Apollo 16, la penultima con equipaggio umano di quel programma spaziale.

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Apollo 16, quali erano gli obietti della missione e che attività sono state fatte sulla Luna
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Venerdì 21 aprile 2023 ricorre l'anniversario numero 51 dello sbarco sulla Luna della missione Apollo 16, la penultima con equipaggio del programma Apollo. Scopriamo insieme gli obiettivi e le scoperte effettuate dagli esperimenti condotti sulla superficie lunare durante questa avventurosa missione.

L'equipaggio dell'Apollo 16

L'equipaggio dell'Apollo 16 era composto da un veterano e da due astronauti al loro primo volo spaziale. I membri erano il comandante John W. Young, il pilota del modulo di comando Thomas K. "Ken" Mattingly II e il pilota del modulo lunare Charles M. Duke Jr.

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L’equipaggio dell’Apollo 16. Da sinistra a destra: il pilota del modulo di comando Thomas K. Mattingly II, il comandante John W. Young e il pilota del modulo lunare Charles M. Duke Jr. Credits: NASA.

John W. young

Il veterano John W. Young, diventato astronauta NASA nel 1962, era stato già impegnato nelle missioni del programma Gemini, in particolare Gemini 3 e 10, ed aveva partecipato come pilota del modulo di comando anche alla spedizione Apollo 10, l'ultima ad avvicinarsi alla Luna prima dell'effettivo allunaggio con l'Apollo 11.

Ken Mattingly

Ken Mattingly ebbe una storia particolare con le missioni Apollo, raccontata anche nel film Apollo 13 con protagonista Tom Hanks. Mattingly avrebbe dovuto partecipare alla spedizione dell'Apollo 13, ma fu sostituito da Jack Swigert tre giorni prima della partenza poiché fu esposto alla rosolia tramite Charles Duke, il quale la contrasse da uno dei suoi figli. Fortunatamente, Mattingly ebbe una seconda occasione e volò verso la Luna con l'Apollo 16 proprio in compagnia di Charles Duke.

Charles Duke

Quest'ultimo era anch'esso alla sua prima missione spaziale e fu il più giovane degli astronauti del programma Apollo ad aver camminato sulla Luna.

I tre astronauti diedero anche un nome al modulo lunare e al modulo di comando. Scelsero per il primo Orion, un nome facile da pronunciare via radio e che richiamasse la vocazione di esplorazione spaziale della missione, e per il secondo Casper, un nome scherzoso e meno serio in una missione di esplorazione dove le componenti che richiedessero serietà ed abnegazione erano già molte.

L'importanza della missione

Al momento del lancio dell'Apollo 16, la NASA aveva già deciso di terminare il programma Apollo a causa, tra le altre cose, dello scarso interesse dell'opinione pubblica, dei costi esorbitanti del programma e dell'ormai vinta corsa spaziale contro l'Unione Sovietica. Tuttavia, queste ultime missioni rappresentavano una grande opportunità scientifica per ampliare le conoscenze sulla Luna, la sua geologia e la sua storia di formazione.

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Foto dell’altopiano Descartes, sito di allunaggio dell’Apollo 16. Credits: NASA.

L'Apollo 16 fu la prima missione a visitare gli altopiani lunari, infatti le precedenti missioni avevano per lo più esplorato i mari lunari, pianure basaltiche così chiamate per il loro colore scuro. La scelta degli altopiani fu guidata dagli scienziati che ipotizzavano che essi si fossero formati da processi vulcanici, in maniera simile a come avveniva sulla Terra. Il punto di allunaggio fu indagato con campagne di osservazioni telescopiche e orbitali e la scelta ricadde sulla zona dell'altopiano Descartes in quanto gli scienziati ritenevano da queste immagini che la superficie fosse costituita da magma più viscoso di quello dei mari lunari e che quindi sarebbe stata la zona perfetta per confermare o smentire la teoria dell'origine vulcanica di questi altopiani.

I campioni lunari raccolti

Gli astronauti raccolsero diversi campioni di rocce lunari, tra cui "Big Muley", la roccia lunare più grande raccolta durante le missioni Apollo, e posizionarono diversi strumenti scientifici da lasciare sulla superficie lunare. Tra gli strumenti posizionati vi furono un magnetometro per la misura del campo magnetico lunare, uno strumento per misurare le variazioni termiche del sottosuolo lunare e due sismometri, uno passivo per registrare eventuali terremoti lunari ed uno attivo per carpire la composizione del sottosuolo facendo esplodere in maniera controllata piccole cariche esplosive.

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L’astronauta Charles Duke intento a raccogliere campioni di rocce lunari durante la terza attività extra–veicolare. Credits: NASA.

Grazie a questi dati raccolti, gli scienziati poterono giungere a numerose conclusioni, tra cui la confutazione dell'ipotesi dell'origine vulcanica della zona esplorata e il fatto che la superficie della Luna avesse poche formazioni di origine vulcanica, come riconfermato dalla missione successiva Apollo 17. Altre interessanti conclusioni della missione furono la prima fotografia della corona solare nella lunghezza d'onda di Lyman Alpha nell'ultravioletto, non osservabile da Terra a causa dell'assorbimento atmosferico, e la scoperta di due nuovi ovali aurorali, ovvero fasce attorno ai poli magnetici terrestri dove le aurore sono visibili. Vi furono ricadute anche da un punto di vista medico, difatti i medici furono in grado di eliminare le aritmie cardiache che i precedenti astronauti Apollo avevano sperimentato grazie all'aumento della dose di potassio data agli astronauti e all'ottimizzazione del ciclo del sonno.

La missione Apollo 16

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Decollo dell’Apollo 16 a bordo del Saturn V dalla base di Cape Canaveral. Credits: NASA.

La missione Apollo 16 ebbe inizio col decollo del razzo Saturn V dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida il 16 Aprile 1972. L'uscita dall'orbita terrestre, il conseguente viaggio verso la Luna e le manovre di inserimento orbitale attorno alla Luna proseguirono senza intoppi, ma dopo il distacco del modulo di discesa da quello di comando, precedente alla discesa sulla superficie lunare, gli astronauti John Young and Charles Duke segnalarono dei problemi al controllo missione. In particolare, durante i test al motore precedenti all'allunaggio gli astronauti notarono dei malfunzionamenti ai sistemi. La prassi avrebbe previsto che il modulo lunare dovesse essere riagganciato al modulo di comando, tuttavia a seguito di approfondite analisi e allo sforzo degli astronauti, questi ricevettero il permesso di procedere con la missione e quindi con l'allunaggio.

Il modulo lunare dell'Apollo 16 atterrò sulla Luna nell'altopiano Descartes il 21 Aprile 1972 alle 02:23:35 UTC, con sei ore di ritardo rispetto a quanto previsto a causa dei problemi su menzionati. La permanenza degli astronauti sul suolo lunare durò circa tre giorni, nei quali essi furono impegnati in tre attività extra-veicolari di raccolta di campioni lunari, esplorazione e montaggio di esperimenti scientifici da lasciare sul suolo lunare. Gli astronauti poterono esplorare diverse zone dell'altopiano Descartes grazie all'utilizzo del rover lunare LRV-2, il secondo esemplare dei quattro prodotti per le missioni Apollo.

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Il ritratto di famiglia lasciato dall’astronauta Charles Duke sulla superficie lunare. Credits: NASA.

Questo rover era uno spartano fuoristrada a due posti capace di raggiungere una velocità massima di circa 14 km/h ed era dotato di quattro ruote motrici azionate da motori elettrici, necessarie per muoversi sull'accidentato terreno lunare. Durante una delle attività extra-veicolari, l'astronauta Charles Duke lasciò sulla superficie lunare una foto della sua famiglia. Non si conosce con certezza il destino della foto, ma possiamo immaginare che l'azione combinata dei raggi solari e degli sbalzi estremi di temperatura, abbia ormai sbiadito questo tenero ricordo lasciato sulla Luna.

Il rientro verso la Terra

Terminate le tre attività extra-veicolari, al settimo giorno di missione e al terzo di permanenza sulla Luna, i tre astronauti accesero il motore del modulo lunare e con piccole cariche esplosive sganciarono il modulo di risalita da quello di discesa per ricongiungersi col modulo di comando con a bordo Ken Mattingly che per tre giorni sperimentò l'esperienza di essere l'uomo più solo nell'Universo.

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Ken Mattingly impegnato nella attività extra–veicolare nello spazio profondo. Credits: NASA.

Il viaggio di ritorno verso la Terra proseguí senza intoppi e fu addirittura possibile per Ken Mattingly eseguire una attività extra-veicolare per poter recuperare le pellicole fotografiche dal vano della strumentazione scientifica all'esterno del modulo di servizio. Questa attività, seppur non scientificamente eccitante, ebbe il pregio di essere la seconda attività extra-veicolare della storia eseguita nello spazio profondo, a circa 320000 chilometri dalla Terra. All'undicesimo giorno di missione, gli astronauti iniziarono il rientro nell'atmosfera terrestre.

Questo rappresenta uno dei momenti più critici delle missioni spaziali, in quanto si passa dal quasi vuoto dello spazio alla densa atmosfera ad una velocità, nel caso dell'Apollo16, di circa 11000 m/s. L'attrito con l'atmosfera a quella velocità genera un calore fortissimo che porta le temperature a oltre 2000 gradi, per questo i moduli di rientro sono dotati di scudi termici che resistono al calore intenso e isolano la parte abitata dagli astronauti, i quali, oltre a sperimentare questo calore, sono anche soggetti a fortissime decelerazioni fino a 7-8 quelle di gravità terrestre. L'ammaraggio avvenne il 27 Aprile 1972 al largo dell'isola di Kiritimati nell'Oceano Pacifico, sancendo la fine della missione Apollo 16. Gli astronauti vennero recuperati dalla portaerei USS Ticonderoga, mentre il modulo di comando fu recuperato e si trova oggi esposto al museo US Space & Rocket Center di Huntsville in Alabama.

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Attività di recupero dell’equipaggio dell’Apollo 16 appena ammarato nell’Oceano Pacifico. Credits: NASA.
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