Il 27 gennaio 1967 si consumò la prima tragedia della NASA e di tutta la corsa allo spazio: sulla rampa di lancio di Cape Canaveral, in Florida, i tre astronauti Gus Grissom, Ed White e Roger Chaffee morirono durante un'esercitazione a causa di un incendio divampato all'interno del modulo di comando di quella che avrebbe dovuto essere la missione Apollo 1, la prima missione con equipaggio del programma americano di esplorazione della Luna. Il lancio della missione era previsto per il 21 febbraio successivo, ma purtroppo non avvenne mai. Anche se si verificò a terra, l'incidente è stato classificato come “spaziale”.
L'incidente di Apollo 1
Lo scopo della missione Apollo 1 era testare il nuovissimo Modulo di Comando e di Servizio prodotto dalla North American Aviation. Il piano di volo prevedeva una missione della durata di 14 giorni in orbita terrestre bassa, dove gli astronauti avrebbero effettuato i test per poi ammarare il 7 marzo successivo nell'Oceano Atlantico.
Il 27 gennaio 1967 era in corso un test sull'alimentazione autonoma del modulo di comando, che si trovava montato sul razzo Saturn disposto in posizione verticale sulla rampa di lancio (ma senza carburante, trattandosi di un test). Il test prevedeva che il modulo di comando fosse pressurizzato, per simulare in modo realistico le condizioni in cui avrebbe dovuto operare nello spazio.
Alle ore 13 locali i tre astronauti, indossate le tute, entrarono nella navicella e gli operatori della rampa sigillarono due dei tre strati del portellone. La progettazione del modulo di comando era tale per cui il portellone non si poteva aprire dall'interno in caso di emergenza quando la cabina era pressurizzata.
Dopo che i portelli furono sigillati, l'aria nella cabina fu quindi sostituita – come da programma – con ossigeno puro e gli astronauti iniziarono i testi pianificati. Nove secondi dopo le 18:30 Grissom, che era l'unico ad avere il canale radio aperto con il centro di controllo, gridò "Fuoco!". Per via dell'ossigeno puro le fiamme divamparono in maniera estremamente rapida, tanto che gli astronauti non poterono fare nulla per salvarsi, soprattutto senza poter aprire il portellone.
Soltanto quando il fuoco era ormai spento il personale di terra riuscì ad aprire il portellone e intervenire. Grissom e White furino trovati riversi sul pavimento con la tutta quasi totalmente fusa (si appurò in seguito che avevano cercato di aprire il portellone), mentre Chaffee giaceva in postazione con la tutta quasi intatta. La procedura prevedeva infatti che uno dei tre astronauti fosse rimasto in postazione per comunicare con la sala si controllo fino a portellone aperto.
Le indagini e le conseguenze della tragedia
Le autopsie stabilirono che, nonostante gli astronauti presentassero gravi ustioni sul corpo, a provocare la loro morto morte fu un arresto cardiaco dovuto al monossido di carbonio generato dalla combustione.
La commissione di inchiesta stabilì che l'innesco dell'incendio fu dovuto a una scintilla provocata da un filo di rame sguainato (Apollo 1 aveva 50 km di cavi): il rivestimento isolante presentava delle crepe per via della continua apertura e chiusura di un portello che con esso interferiva.
A seguito del tagico incidente il programma Apollo riprese dopo circa 20 mesi con la missione Apollo 4, ma solo dopo che aver apportato delle sostanziali modifiche al modulo di comando:
- la riprogettazione del portellone con la possibilità di aprirlo dall'interno;
- l'ambiente della cabina non sarebbe più stato saturato con ossigeno puro, ma con una miscela di ossigeno e azoto;
- una pressurizzazione inferiore della cabina;
- la totale revisione degli isolanti elettrici.