
Un nuovo studio dell’Università di Stanford, in California, e diretto dall’italiana Tiziana Vanorio, fa luce su cosa innesca i terremoti e le deformazioni del suolo nei Campi Flegrei: la causa sarebbe l’aumento della pressione di acqua e vapore all’interno dei sedimenti che costituiscono il cosiddetto serbatoio geotermico situato a circa 2 km di profondità, al di sopra della camera magmatica. In base allo studio, l’aumento di pressione avviene quando grandi quantità di acque meteoriche (cioè dovute alle precipitazioni) affluiscono a Pozzuoli, si infiltrano accumulandosi nei sedimenti porosi e vengono riscaldate dai gas rilasciati dal magma. Questa conclusione è stata raggiunta con prove di laboratorio e analizzando la velocità di propagazione delle onde sismiche nel sottosuolo della caldera. I ricercatori suggeriscono anche che ridurre la quantità di fluidi presenti potrebbe aiutare a limitare la pressione e di conseguenza i fenomeni sismici correlati.
Lo studio delle cause della sismicità della caldera
In passato sono stati effettuati studi di carattere geofisico relativi all’andamento delle onde sismiche in corrispondenza della caldera dei Campi Flegrei. La nuova ricerca, però, ha messo in relazione in modo più puntuale la velocità delle onde sismiche dei terremoti avvenuti durante la crisi bradisismica del 1982-1984 e quella dei terremoti attuali. Sono state così individuate anomalie comuni ai due periodi, legate alla presenza di un serbatoio geotermico a circa 2 km di profondità. In entrambi i casi, inoltre, il sollevamento è stato accompagnato da rumori riconducibili a esplosioni dovute alla rapida trasformazione dell’acqua liquida in vapore quando durante i terremoti si creano fratture nelle rocce e la pressione diminuisce.
I ricercatori hanno anche analizzato 24 anni di dati relativi alle precipitazioni in corrispondenza dell’area e li hanno integrati con esperimenti condotti in laboratorio. Questi hanno simulato il comportamento del serbatoio geotermico, costituito da sedimenti porosi. L’acqua meteorica si accumula al suo interno e viene riscaldata dai gas rilasciati dal magma, quindi si espande. La presenza di uno strato roccioso impermeabile al di sopra del serbatoio fa sì che la pressione aumenti enormemente quando la quantità di fluidi ad alta temperatura è elevata. Di conseguenza, il tasso di deformazione e la sismicità aumentano. La causa diretta del sollevamento non sarebbe quindi il magma, come confermato dalla velocità delle onde sismiche.

Le soluzioni proposte per ridurre la pressione ai Campi Flegrei
Individuare questi meccanismi che si ripetono nel tempo è importante dal punto di vista della prevenzione. Tiziana Vanorio, alla guida del team di ricercatori, propone alcune soluzioni per ridurre la pressione nel serbatoio geotermico regolando la quantità di acqua e vapore presente al suo interno. Il problema, infatti, è che a causa della conformazione del territorio c’è un grande deflusso di acque sotterranee verso Pozzuoli. Si tratterebbe quindi, per esempio, di intercettare l’acqua meteorica a monte per prevenire la loro concentrazione a valle. Un altro importante intervento sarebbe quello di fare manutenzione agli alvei, spesso ostruiti, dei corsi d’acqua che incanalano acqua piovana verso il mare. Anche prelevare acqua dai pozzi nell’area di Pozzuoli per abbassare il livello della falda idrica è indicato come intervento utile. Per far fuoriuscire i fluidi dal serbatoio si potrebbe considerare anche la riapertura dei pozzi geotermici realizzati negli anni Settanta, quando si era valutato lo sfruttamento di quel tipo di energia. In questo caso, però si tratta di un’operazione molto delicata perché potrebbe sollecitare fenomeni sismici.
